L’occasione perduta
In questa estate piovosa e sonnacchiosa il paese si consuma in estenuanti discussioni sul Senato e sull’Italichellum che deve sostituire il Porcellum. Non roba da poco, cose che cambieranno la Costituzione e quindi la nostra identità istituzionale, il tutto sotto l’attenzione dei soliti venticinque lettori dei giornali e nell’indifferenza della ‘ggente. Proprio giovedì scorso mi sono imbattuto in una trasmissione in tarda serata di Alan Friedman, quel simpatico signore dall’accento americano, che intervistava Romano Prodi. Sentire Prodi che parla di economia internazionale e di questioni globali con la semplicità di un professore di liceo è sempre piacevole, comunque la si pensi. Anzi spesso si rimpiange che l’unica occasione riformista del nostro paese sia stata bruciata sull’altare di estremismi parolai e convenienze personali più o meno chiare. Ma sul finale Friedman ha fatto la domanda che ogni elettore riformista dovrebbe farsi: come è possibile che dopo aver giurato di votare Prodi 101 deputati del pd non lo abbiano fatto. E nessuno, dopo un primo momento di falso sconcerto, si chieda più perché tutto sia avvenuto, o meglio che nessuno abbia più chiesto chi siano questi 101 spergiuri che prima si sono alzati in piedi sulle sedie per fare una standing ovation per Prodi e il giorno dopo gli hanno votato contro, e che gli stessi giurino sulla testa della loro mamma che tutti lo hanno votato e che quei 101 mancanti siano sbarcati da Plutone. E soprattutto non si chiedano il perché. Eppure lo stesso Prodi col suo sorrisetto un po’ ironico l’ha spiegato, facendo nomi e cognomi. Dopo la ola sul suo nome (cosa vera!), dopo l’applauso plebiscitario, Prodi ci ha spiegato che quando l’allora segretario Bersani gli annunciò la cosa (lui era in Africa per seguire questioni un po’ più importanti degli squallidi giochetti politici nostrani), lui fece alcune telefonate di “cortesia” e capì che nel partito che aveva contribuito a fondare “rottamatori” e “rottamati” si erano uniti per impedire la sua ascesa e che un noto uomo politico piddino di primissimo piano (non faccio il nome perché porta male, potrebbe implodere la radio!) gli disse che in questi casi bisogna prima sentire gli esponenti principali del partito, che a quanto pare i deputati non contano un tubo, così come le loro standing ovation.
Ecco ho voluto narrare questa piccola storia ignobile perché non ho trovato un commento a questa vicenda, nemmeno da parte di quelli che volevano sapere i nomi dei 101 per sottoporli ai più indicibili supplizi politici (tipo dieci giorni senza cappuccino e brioche). Nessuno, neppure i più “irriducibili”, si è chiesto il perché di questa sconfitta della serietà e della coerenza, facendo rimanere questo equivoco come una spada di Damocle su un percorso di legislatura.
Forse perché Prodi si sarebbe opposto ad un certo percorso, o perché, anche se favorevole, avrebbe fatto sentire il suo peso. Sicuramente non ci sarebbero stati patti costituzionali con “pregiudicati” in attesa di nuovi giudizi e attualmente ai servizi sociali. Così nessuno ne parla più: rottamatori e rottamati hanno fatto pace dopo aver minacciato sfracelli, qualcuno ha fatto un passo indietro per farne due avanti, tutto va bene “madama la marchesa” e come al solito nessuno chiede il conto. Eppure rimane l’amaro di un’occasione perduta, di un percorso che poteva essere più limpido in qualsiasi modo si pensi e di un equivoco mai chiarito che ha finito per essere un’ombra o meglio una nebbia su tutto quello che è accaduto dopo. Molti aspettavano una parola di chiarimento, un atto di coraggio nell’ Italietta meschina. Invece no. L’unico a dircelo è stato proprio lui, il “mortadella” che con indosso una maglietta estiva di un colore indefinito ha spiegato al giornalista dallo strano accento americano, per l’ennesima volta, che l’Italia può essere un paese tragico, ma non serio.