Il pallone nel garage
Lo ammetto, è un grande comunicatore, ricorda molto il primo Berlusconi, quello che vendeva gli appartamenti a Milano 2: faceva vedere uno spelacchiato prato di periferia e faceva immaginare l’appartamento brianzolo che sarebbe stato in futuro. Ora che il prototipo è imbolsito nell’assistenza sociale a Cesano Boscone e organizza cene con Vladimir Luxuria, ci resta lui, il nuovo comunicatore, l’uomo di Pontassieve, il commesso viaggiatore della provincia laboriosa che ci porta casa per casa come una volta l’aspirapolvere o la vetusta enciclopedia pre internet. Sì, parlo proprio di lui, del Renzi nazionale, ed è la seconda settimana che lo faccio, chiedo perdono, ma come si fa a resistere? In questo mi levo il cappello e piego i ginocchi, come diceva qualcuno nell’Ottocento.
E poiché mi piacciono i particolari parlerò del palco della Leopolda trasmesso in tutte le salse su tutte le tv. Non il dibattito o i famosi tavoli di lavoro con la Boschi, ma l’oggetto misterioso con cui il Nostro è apparso sul palcoscenico trasformato a sua volta nel garage del babbo. Ora chi non ha il garage del babbo?Quello pieno di cianfrusaglie che il babbo accoglie benevolmente purché non usurpiate il suo spazio? E infatti il Nostro si è prodigiosamente presentato con un pallone, un vecchio pallone di quelli cuciti con lo spago come una volta, quello che abbiamo avuto tutti, anche D’Alema quando giocava a calcetto e tirava i calci negli stinchi. Non un volgare pallonaccio di plastica dura, un pallone vissuto. Che meraviglia! È partito dal pallone ed ha iniziato a “raccontarsi”, perché, attenzione, tutta la politica italiana è in quella narrazione, in quella palla di cuoio; la politica è NARRAZIONE, non contenuti, i contenuti sono ormai per i soliti “professoroni” rompiballe che cercano il pelo nell’uovo. Io sono quello che narro, che racconto agli altri, la mia persona con la camicia bianca né troppo formale né troppo informale, la bicicletta, il vecchio pallone. Il famoso e fumoso dibattito di una volta viene cancellato e tutto ridotto a “vecchio”, come il vecchio pallone: ora chi vorrebbe il vecchio garage di fronte ad un futuro luminoso, modernissimo, quello dell’iPhone in cui il “passatista” (leggi sindacati e partiti) come dice il Nostro, vorrebbe inserire il gettone telefonico, concetto questo da spiegare ai giovanissimi che un gettone telefonico non lo hanno mai visto. Non importa quindi cosa proponi, ma come lo racconti, in fondo tutta la tv spettacolo è stata congegnata così.
Comunque sono tutto preso dalla narrazione del Nostro, quando nello spazio leopoldino della Leopolda compare un personaggio che ha da narrare anche lui una sua storia. Si chiama Davide Serra, fa il finanziere (non appuntato della guardia di finanza, ma persona che fa girare molti soldi), ha fondato un fondo finanziario importante come Algebris, ha legami in tutto il mondo, insomma uno che fa i soldi con i soldi. È l’immagine stessa della modernità, dell’immateriale fatto transazione finanziaria, è giovane, con sciarpina trendy, sa dove sono le Cayman, paradisi fiscali tropicali, non come noi che facciamo fatica a trovarle sull’atlante. Ebbene questo signore così educato e di bella presenza, entra alla Leopolda, dice che aderirà al partito del Nostro perché in fondo la narrazione è fighissima, e poi dice che nessuno investe in Italia perché ci sono gli scioperi. Sì, avete sentito bene, non la criminalità organizzata che condiziona intere economie, non una burocrazia lentissima, non la mancanza di infrastrutture, non i tagli all’istruzione, non l’evasione fiscale, non, concediamoglielo, le tasse alte, ma gli scioperi che vanno regolamentati. Come un qualsiasi padrone delle ferriere dell’Ottocento, quelli con i baffoni a manubrio e le caldaie a vapore, che però è “fighissimo”. E di fronte a questa cosa archeologica troviamo modernissimo anche il pallone cucito con lo spago trovato nel garage, magari per fare una partita di calcetto, ma non con D’Alema che tira i calci negli stinchi.