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Quello che non sapevi su YouTube | Lifestyle Factory

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Quello che non sapevi su YouTube

Conosciamo tutti la piattaforma video YouTube; dal suo lancio sul web nel 2005 il sito non ha fatto altro che crescere ed espandersi, grazie anche all’acquisizione da parte di Google Inc. nel 2006. Sebbene grandi network televisivi come BBC, RAI, CBS si appoggino al sito per condividere contenuti extra o addirittura intere trasmissioni, l’utente privato rimane centrale e fondamentale per il successo dell’azienda.
I primi utenti che sottoscrivevano l’iscrizione al sito avevano lo scopo di condividere i propri video solo con amici e familiari lasciando così i contenuti completamente privati e non visualizzabili, fino all’evoluzione più social della piattaforma: come è avvenuto per gli iscritti facebook, twitter e (molto più tardi) quelli di instagram, l’utente medio di YouTube è passato dal commentare video, alla preparazione di un vero e proprio canale fino alla creazione di una community di fans e alla realizzazione di collaborazioni con altri utenti “attivi” suoi simili. Insomma tutti alla ricerca del tanto agognato quarto d’ora di celebrità.
Purtroppo YouTube non è solo voglia di condividere passioni, interessi, notizie e consigli: da anni esiste, sulla piattaforma, un sistema di partnership per sfruttare le visualizzazioni e monetizzare. Oh mio dio, come monetizzare? Avete presente quella pubblicità che appare appena cliccate su un video, quella che potete skippare? QUELLA serve a far guadagnare l’autore del video. Serve a far sì che l’autore possa continuare a creare i vostri contenuti preferiti.
Un utente attivo di YouTube, cioè un utente che riesce a realizzare e pubblicare video con una buona frequenza, che ottiene molte visualizzazioni e ha un alto numero di iscrizioni al suo canale, può scegliere di guadagnare dal suo “lavoro”. È possibile monetizzare solo se si permette l’inserimento di messaggi promozionali all’inizio del proprio video, in modo che gli utenti non possano evitare di visualizzarli. Ok, niente di strano, andiamo avanti.
Le partnership esistenti sono di due tipi: la prima è quella diretta con YouTube, la seconda è tramite un network, cioè un’azienda si offre di gestire più canali diversi promettendo la promozione dei video e delle attività tramite social e pubblicità su altri canali, un tramite quindi tra i canali stessi e YouTube. Pro e contro? Per avere una partnership diretta con YouTube è necessario avere un numero molto alto di iscritti al canale, creare video che non contengano contenuti protetti da copyright e un numero costantemente alto di visualizzazioni. Normalmente è lo stesso YouTube a proporti una partnership, ma è comunque possibile fare richiesta. Il contratto base più comune è quello che propone di dividere i guadagni dalle visualizzazioni delle pubblicità al 60/40; il proprietario del canale ottiene il 60% e YouTube si tiene il 40%. Con questa partnership “base” è possibile inserire solo messaggi promozionali skippabili, cioè l’utente può decidere di passare al video scelto dopo solo cinque secondi di pubblicità, mentre solo a youtubers con un numero ancora maggiore di iscrizioni (ben pochi in Italia), la piattaforma dà la possibilità di inserire anche annunci della durata di trenta secondi non skippabili, permettendo così guadagni ancora più alti. Con la partnership diretta viene premiato il “merito” di chi si occupa costantemente del proprio canale cercando di creare contenuti sempre più interessanti.
La partnership tramite network è ben diversa poiché spesso non è necessario avere un numero proibitivamente alto di iscrizioni al proprio canale. Infatti esistono sia network che richiedono standard alti per l’affiliazione (comunque sempre più bassi di quelli di YouTube), sia network che accettano canali da meno di mille iscrizioni: questi ultimi propongono contratti che non permettono un guadagno significativo ed è quindi sconsigliata l’adesione nel caso si scelga di fare di YouTube il proprio lavoro. Il contratto proposto è solitamente un 80/20, con il network che si tiene un 20% dei guadagni; viste le percentuali si crede comunemente che questo tipo di affiliazione permetta guadagni maggiori, ma quello che non viene specificato è che la percentuale è applicata su quello che normalmente YouTube darebbe ad un utente con partnership diretta, quindi, in soldoni, si riceve l’80% del 60% del totale. Capito l’inciucio? Dall’altra però si permette questo gioco per ottenere quella visibilità che da soli non saremmo in grado di ricevere, inoltre si bypassa il problema dell’aggiunta non autorizzata nei video dei contenuti coperti da copyright, poiché i network hanno stretto speciali accordi con YouTube e società che si occupano di protezione della proprietà intellettuale.
Questa premessa serve per capire ciò che si nasconde dietro le buone intenzioni dei nostri youtuber preferiti. La community italiana di YouTube riflette perfettamente la tendenza internazionale rispetto l’interesse a temi e argomenti particolari: makeup, cinema, fumetto, cucina, gameplay, vlog vari sono le categorie più cliccate, ma la categoria makeup, ahimè donne, è quella che ci tira dei pacchi che manco un postino. Giovani ragazze acqua e sapone, della porta accanto, con tanto di animaletti spelacchiosi al seguito ci presentano prodotti top, promossi del mese, il miglior fondotinta, il peggior mascara e chi più ne ha più ne metta. Ma sappiamo davvero che cosa c’è dietro? Riponiamo così tanta fiducia in perfette sconosciute? Quello della partnership è solo uno dei metodi di monetizzazione tramite YouTube, quello che non ci viene detto è che spesso le aziende produttrici di makeup, o di cosmesi in genere, propongono dei veri e propri contratti alle sedicenti ragazze acqua e sapone con lo scopo di promuovere i loro prodotti, nella maggior parte dei casi senza l’obbligo di farne parola alle iscritte. Perché scegliere proprio una youtuber quando puoi scegliere Kate Moss per la promozione del tuo nuovo rossetto? Le statistiche ci dicono che i canali di makeup vengono seguiti da ragazzine nella fascia 8-16 anni… diciamocelo, non è l’età della totale consapevolezza. Uniamo orde di teenagers con l’autostima di una larva e la faccia rassicurante di una balenga qualsiasi e il gioco è fatto. E poi Kate Moss ti costa una cifra.
Stessa storia per i video di gameplay. Per chi non lo sapesse, sono video in cui un giovine si riprende mentre gioca con una qualsiasi console. Che c’è di interessante? Al solito, se sei uno di quei ragazzi della fascia 8-16 anni probabilmente morirai dietro a ogni nuovo videogame appena uscito. Vedere un fortunatissimo tizio, che ha in anteprima i suddetti giochi, spararsi una partita è il top. Almeno così pare dalle visualizzazioni. I tizi ovviamente ricevono in anteprima le migliori console e i prototipi, ma mica perché ci guadagnano, eh! La gara è a chi riesce a trovare la formula giusta per rendere il video più accattivante possibile, in modo da far tornare a visitare il canale la volta successiva. E vai di visualizzazioni. Insomma, le ragazze andranno a spendere centinaia di euro in prodotti studiati per donne adulte per finire truccate da pagliacci, e i ragazzi spenderanno centinaia di euro per decine di giochi che neppure riusciranno a terminare. Bene. BENE. Non sto dicendo che tutti gli youtubers si vendano la fiducia dei propri iscritti, esistono tantissimi canali di persone sincere che tengono ad un rapporto chiaro e cristallino con i propri fans, ma per i ragazzi molto giovani è molto difficile capire la differenza.
Per contratto, sia con YouTube che con i vari network, gli youtubers non possono parlare apertamente dei compensi ottenuti dalle iscrizioni e dalle visualizzazioni, ma in nostro aiuto accorre il sito socialblade che, tramite algoritmi e cose che non capirò mai, riesce a approssimare i guadagni dei vari utenti. Le cifre guadagnate dai guru di YouTube sono considerevoli; si spiega così il perché molti di loro lasciano il loro lavoro in ufficio, università e quant’altro per dedicarsi completamente alla realizzazione di video. Quanto durerà questo loro successo non è dato saperlo, la speranza è che ci sia ancora più consapevolezza rispetto alla reale influenza del loro operato sul pubblico che li segue.

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