Contraddizioni
Dei profughi ora si parla meno. Sono sempre là, che attraversano l’Europa con quella tristezza profonda che accompagna tutti gli esodi. Se ne parla quando trovano un “ostacolo”, i bambini morti in mare, il filo spinato ai confini dell’Ungheria. E allora ci ricordiamo che al centro dell’Europa abbiamo uno governo, quello di Viktor Orban in Ungheria, un demagogo eletto dal popolo ungherese, autoritario, antidemocratico, razzista con venature antisemite, descritto sempre “ai ferri corti con la Comunità Europea” per i diritti civili, che però per premiarlo per aver fatto opera di macelleria sociale nel suo paese con tagli indiscriminati alla spesa verso le classi sociali più deboli, lo premia come virtuoso dell’economia di mercato. Ed ecco pronto un accordo europeo che premia il nostro demagogo con 22 milioni di euro di finanziamenti entro il 2020 “per la competitività e la crescita” (“The Economist”, 27 settembre 2014). Di diritti se ne riparlerà dopo il 2020.
Servizio incivile
La legge sul servizio civile che doveva garantire un anno di volontariato, riconosciuto economicamente, a giovani ventenni sta diventando sempre più uno strumento clientelare in mano ad associazioni (anche quelle che una volta si definivano di sinistra e che ora non sanno più neanche quale sia la mano sinistra) per “assistere” giovani, anche trentenni, che in questo nostro paese non trovano lavoro, con la benedizione di regioni e ministero del lavoro. Ovviamente in questo modo il concetto di volontariato va a farsi benedire. Solitamente le associazioni presentano un progetto al servizio nazionale (che so, “i giovani e l’informatica”, che fa tendenza) a cui associano un giovane in cerca di lavoro, disposto a collaborare per 300 – 400 euro (e niente rimborso spese). Poi, dato che ormai la partecipazione di volontari langue, gli si fa fare di tutto, dall’assistenza ai profughi, ai mercatini “equi e solidali” (con chi?), alle operazioni di pulizia (compresi i cessi) e così via. Naturalmente, dato che il lavoro è volontario, senza orari e senza giorni liberi, una sorta di lavoro “servile” ammantato di volontariato. E il nostro progetto? E i giovani e l’informatica? Ma, dai, si sa che i giovani sono smanettoni, che si arrangino.
Il popolo dei commenti
Spesso mi diverto a leggere i commenti su Facebook, persone che si firmano e mettono la loro foto (magari con mogli e bambini) che al primo starnuto minacciano decapitazioni, stupri, bombe atomiche, islamici costretti con la forza a mangiare un suino vivo, il più gentile è dare dell’idiota all’interlocutore (tralascio i commenti online verso le donne). Molti ormai pensano che essendo il tutto virtuale non conti nulla, che gli scritti su quel labile supporto elettronico se li porti via un vento virtuale. Propongo come cura di andare in piazza o al bar e fare fisicamente certi commenti, magari davanti a mogli, figli e fidanzate, agli interlocutori, diventati per una volta reali. Penso che i commenti diminuirebbero un po’, anche per il fatto che molti commentatori dovrebbero passare un lungo periodo in ospedale.