Sembravano passati secoli dal “culona inchiavabile” con cui Silvio Berlusconi definì Angela Merkel. Inoltre sembravano passati secoli dal “è sempre più bella che intelligente” con cui Silvio Berlusconi apostrofò Rosy Bindi. Per non parlare del fatto che sembravano passati secoli da quando, per una bislacca congiunzione astrale, tutte le candidate del centro destra italiano di Silvio Berlusconi parevano essere scese dalla passerella di un qualche stilista in voga, un secondo prima di atterrare sullo scranno parlamentare. In poche parole, fino a qualche tempo fa sembrava che nel rapporto politica/estetica il comune denominatore fosse sempre Silvio Berlusconi. Siamo talmente abituate alla visione dell’immaginario collettivo, che ormai diamo per scontato il fatto che bellezza e talento di rado potranno essere tollerate, in un’andatura di pari passo. Alzi la mano chi, vedendo una bella donna occupare un posto di potere, non ha mai pensato “Chissà cosa ha fatto per essere lì.” Se qualcuno ha alzato la mano, la riabbassi e venga qui ché gliela stringo.
Eravamo abituate a questo, ma la storia ha di particolare che se anche resta la stessa, al contempo cambia, mutano le mode, muta l’immaginario collettivo di cui sopra. Per me, donna comune che se la mattina mi ricordo di mettere il burro di cacao, passo la giornata in uno stato di semi-esaltazione neanche avessi fatto un intervento estetico al seno, il motivo per cui una forma di parità, nella questione dei rapporti tra esteriorità e potere, sia difficile se non irraggiungibile, resta un mistero. Banale, certo. Ne conosco le motivazioni, ma non le accetto. Sembravano passati secoli eppure la storia non solo si ripete, ma si prende anche la briga di fare un paio di piroette e mostrarti l’altra faccia della medaglia. Abbiamo passato la settimana a parlare delle polemiche tra Bertolaso e Giorgia Meloni in merito alla candidatura di lei a sindaco di Roma, impensabile, a detta di lui, vista la vicina maternità della parlamentare. Ora, posto che siamo tutti d’accordo sul fatto che la maternità sia l’unico motivo inesistente nella lista dei motivi per cui Giorgia Meloni non può fare il sindaco di Roma e dato che a Bertolaso serviva man forte, Berlusconi da grande conoscitore della psiche e dei bisogni femminili qual è, ha deciso di annunciare che quello del sindaco è un lavoro duro, quindi Giorgia è diventata la vittima di chi vuole spingerla a un gesto sconsiderato. È vero, se fare il sindaco di Roma volesse dire camminare per il foro spostando a mani nude colonne e blocchi di tufo, potrei essere d’accordo, ma non è questo il caso. Già Bertolaso non era questo mostro di simpatia, ma adesso ci ha costretti a fare ciò che non avremmo mai pensato: c’ha fatto schierare dalla parte della Meloni. Nel frattempo la storia si diletta in un brisé e passando per un demi-plié, chiude con una pirouette o due. Abbiamo la visione completa. Siamo partiti dal denigrare donne che nel curriculum avevano saltato il passo “Seconda classificata al concorso di bellezza della sagra del finferlo di conifera” per giungere a “Lei non mi può fare il sindaco perché non mi arriva alla scrivania per interposta panza.”
Poteva finire qui? Certo che no. La storia politica è una medaglia, da una parte c’è la destra, dall’altra la sinistra, con cesellature moderate sui bordi. La storia piroetta e ci mette al corrente del fatto che ieri la cuperliana Tullia Moretto, candidata per la corsa alla presidenza del Quartiere Savena di Bologna, si sarebbe sentita dire da alcuni colleghi del partito, di non avere il fisico adatto a ricoprire la carica. La diagnosi è “troppo grassa”, quando solo quattro giorni prima era scoppiato il caso Bedori, ex candidata del Movimento 5 Stelle. La denuncia è stata fatta dalla Moretto in persona tramite una lettera che ha giustamente indignato tutta Bologna – la vecchia signora dai fianchi un po’ molli col seno sul piano padano ed il culo sui colli, come cantava Guccini – sindaco Merola compreso, che avrebbe chiesto a Tullia di fare i nomi dei colleghi di siffatta levatura. Parliamo di scaramucce di quartiere, è vero, non di un intero paese, ma è anche vero che spesso si comincia dai piccoli circoli, dalla politica di quartiere. Chi ci garantisce che un domani questo genio del male convinto che la cellulite sia una controindicazione per una candidatura, non vada a scaldare una poltrona in parlamento? Ciò che vorrei fare è rivolgere un appello a Tullia Moretto, pregandola di ascoltare Merola e prevenire. Tullia, se le cose sono andate così, parla subito, non tirarti indietro adesso. Di’ il nome di questo genio, di’ qualcosa che sia femminista! Se non vuoi farlo per te stessa, almeno fallo per la storia, che di girare e di ripetersi ormai ne avrà piene le scatole.