I guardiani di Visso sono uomini di paglia. Potrebbe essere l’inizio di una storia, le prime parole di un racconto basato su leggende antiche. Potremmo tornare bambini e chiudere gli occhi, rifiutare l’idea che a un racconto si accompagni sempre una realtà, oppure potremmo decidere di restare adulti, assimilare ciò che ci viene narrato per poterlo usare; perché qualunque parola sopravvive, se ripetuta e le parole sono come i luoghi che hanno bisogno di piedi che li calpestino, di occhi che li osservino e di una memoria che li custodisca.
I guardiani di Visso sono spaventapasseri. Sono rimasti sotto al sole di fine agosto, hanno preso le piogge autunnali, si piegheranno sotto le prime nevi in inverno e pian piano verranno sostituiti dalla vita che torna, perché il finale è questo: la vita torna sempre.
Visso è un paese simile alle decine di presepi che costellano la zona sul confine tra Umbria e Marche; costellano e decorano, perché come gran parte di essi, è una pietra antica e preziosa, incastonata tra boschi e montagne, ferma nella polvere delle macerie e in attesa di una mano che la ripulisca.
Oggi Visso, il suo centro, è zona rossa. Gli abitanti si sono spostati negli alberghi e nei villaggi disseminati lungo la costa marchigiana e al momento le strade del paese, come quelle di molte frazioni, si sono svuotate, ma gli uomini di paglia, i guardiani di Visso, sono dove erano stati lasciati. Ammaccati, strapazzati, ricoperti di polvere, ma fermi. Fermi come i sorrisi sui volti, nella loro fissità. Qualcuno potrebbe trovare quei sorrisi fuori contesto. Personalmente, in quei sorrisi, io vorrei cercare la speranza di chi li ha disegnati. Ecco perché ho voluto raccontare questa storia.
A raccontarla a me è stata Isabelle Moriconi, imprenditrice di Visso trasferitasi momentaneamente a Porto Potenza Picena, dove sta cercando di rimettere in piedi il proprio esercizio, un negozio di abbigliamento e articoli sportivi la cui sede originale, nella piazza centrale di Visso, è impraticabile.
Ad avere l’idea di costruire questi spaventapasseri e di sistemarli lungo le vie del borgo, è stata Mara Costa – proprietaria del ristorante La Filanda, distrutto dalla scossa del 30 ottobre – in seguito al sisma che il 24 agosto ha sconvolto il centro Italia. Il proposito era di esorcizzare la paura delegando agli spaventapasseri il compito di proteggere il paese e di rallegrare gli abitanti, il cui umore era fortemente abbattuto dalle defezioni dei turisti per la paura del sisma.
I guardiani di Visso sono figure simboliche, auguri di serenità, bisogno di sicurezza. Quando si decide di costruire uno spaventapasseri, vuol dire che c’è qualcosa di prezioso da salvaguardare e proteggere. Così è stato, fino agli ultimi giorni di ottobre, quando lo sciame sismico che ha sconvolto Umbria e Marche ha dato il colpo di grazia ai borghi che avevano retto in estate, come la stessa Visso, Norcia, Ussita, Castelluccio e molti altri, tra frazioni e paesi.
Esistono i luoghi dell’anima ed esiste l’anima dei luoghi e quest’ultima è la combinazione di numerosi elementi: la voce di chi abita quei luoghi, la loro storia, le tradizioni, i dialetti, il cuore di una comunità, i legami tra un paese e la terra che lo circonda. Visso è un luogo di confine, posto sul massiccio dei monti Sibillini, attualmente isolato e logisticamente difficile da gestire. I vissani sono stati trasferiti in differenti località sulla costa, divisi e allontanati tra loro: un disagio che a livello emotivo sta provando ulteriormente chi è già stato piegato dalle perdite. Vivere un terremoto e le sue conseguenze significa portare nelle gambe una vibrazione che sottrae stabilità e che difficilmente si riesce a contenere. Si finisce per abituarsi, per assecondarla, ci si indurisce per il futuro. Si sopporta, è vero, ma sopportare sarebbe più semplice, se si mantenesse una quotidianità fatta di contatti, rapporti umani, parole e incontri.
I vissani stanno patendo quest’isolamento più di chi è stato costretto a lasciare luoghi i cui nomi, a distanza di settimane se non mesi, di tanto in tanto ancora rimbalzano di quotidiano in quotidiano, di telegiornale in telegiornale. La paura è la stessa che avrebbe chiunque si sia visto negare certezze, quotidiano, identità: che l’Italia dimentichi, che altri titoli dei giornali finiscano per mettere in ombra la necessità di correre ai ripari per ogni pietra, ogni mattone e ogni muro crollato.
Esistono i luoghi dell’anima ed esiste l’anima dei luoghi, l’anima di Visso al momento è ferita, divisa in due: c’è l’anima muta col suo cuore di paglia, ferma lungo i vicoli e di fronte ai palazzi, quella che guarda il paese mentre intorno le girano i giorni e le notti e c’è l’anima che parla e spera, quella lontana, in attesa. Quell’anima sono i vissani, coloro che tra quei vicoli sono nati, hanno abitato e costruito la propria identità.
I guardiani di Visso sono uomini di paglia e sembrano usciti da un libro illustrato. Potrebbe essere l’inizio di un racconto basato su leggende antiche, ma questa è vita reale. Sono reali le macerie, sono reali le persone in attesa, sono reali i guardiani, coi loro sorrisi fissi e gli occhi grossi e scuri come bottoni. Si sono seccati al sole di agosto, hanno preso le piogge autunnali e sopporteranno il peso della neve in inverno, fino a quando non sarà il momento di fare posto alla vita che torna. Perché la vita torna sempre e, se non smettiamo di parlarne, sicuramente tornerà prima.
Grazie a Isabelle Moriconi per le immagini e per aver voluto condividere con noi le sue emozioni.
Vicini agli abitanti di Visso e a chiunque sia stato piegato dal sisma.