PRECARIO.
Per spiegare quanto spreco di energie umane ci sia dietro questo termine non mi sforzo neanche troppo. Riprendo direttamente una storia narrata da Concita De Gregorio su “Repubblica” del 12 febbraio. La riassumo: Barbara, 38 anni, una laurea magistrale in architettura, più una specializzazione in restauro dei monumenti, più il dottorato. Niente male come formazione in un paese che dovrebbe fare dei beni culturali il motore del suo sviluppo civile. E infatti Barbara partecipa, come restauratrice specializzata (sottolineo specializzata) al restauro di monumenti importanti. Poi nel 2007 inizia a fare il tutor a Ingegneria edile – Architettura: tiene laboratori e seminari, segue le tesi di laurea, partecipa alle commissioni che alla fine rilasciano un titolo di studio di valore legale. Anche 200 studenti per corso. È ovviamente, dopo dieci anni, precaria e ogni anno deve rinnovare la domanda con l’immancabile bollo di 16 euro. Il suo compenso è per 60 ore (ufficiali, ma non ufficiose) che le vengono pagate (per seguire il percorso didattico di un intero anno) ben 25 euro lordi. Sì, avete letto bene, 25 euro lordi, che tolti i 16 del bollo fanno 9 euro all’anno, che all’ora fanno 15 centesimi lordi. Ovviamente per mantenersi e mantenere un figlio di dieci mesi insegna danza in una palestra, 20 euro all’ora, quasi quanto un anno all’università. Ora, aggiungo io, un paese che non riesce ad accorgersi delle tante Barbare, che le spreca, che le umilia, non è un paese degno, è un paese che ha fatto della vergogna il suo stemma. Ma la vergogna è ormai un concetto obsoleto, tanto che nello stesso giorno dell’articolo della De Gregorio, sulla stampa compare la dichiarazione di uno squallido figuro, un esponente politico di maggioranza, nonché giornalista di punta de “L’Unità” (il povero Gramsci, fondatore del giornale, è diventato una trottola da quante volte si è rigirato nella tomba), tale Rondolino piddino, che dichiara che “il precariato oltre che necessario è un valore”. Ecco che la rabbia per tutte le Barbare di questa Italia sale, sale…
TAORMINA
Amena località della Sicilia, bellissima, sulla costa ionica. Direte, ma cosa c’entra? C’entra, c’entra, intanto se non ci siete stati andate almeno a vedere il teatro greco e l’Etna sullo sfondo, se avete la fortuna di capitare da quelle parti. Tuttavia parlo della città siciliana non per la sua bellezza, ma perché ospiterà il prossimo G7, la solita sfilata dei potenti del mondo, in questo caso con sfondo etneo e ionico. I giornali (sempre del 12 febbraio) parlano di incredibili ritardi nella realizzazione delle infrastrutture ad hoc, il solito scaricabarile italiano (la colpa è del Comune, no, la colpa è della Regione…), ma quello che colpisce è che per fare questo vertice il governo (quello precedente) ha stanziato 15 milioni di euro. So bene che non bisogna sommare le mele con le pere, so bene che il populismo è una brutta bestia (anche se sull’utilità di questi vertici nutro qualche dubbio), ma quel numero 15 mi ronzava nelle orecchie. Insomma non ho potuto fare a meno di paragonarlo ai 15 centesimi lordi della precaria Barbara. 15 centesimi, 15 milioni buttati al vento per un supervertice.