Thundercat – Drunk
[Data di uscita: 10/03/17 – Label: Brainfeeder ]
Il terzo album del bassista e cantautore Thundercat, nato Stephen Bruner è capriccioso e oscuro, divertente e pieno di significato, tutto questo in contemporanea. La strana anima di “Drunk” si confronta con la sfida di vivere la vita in tutto e per tutto.
All’inizio del disco, troviamo Thundercat che pronuncia tra se e se questo discorso “Comb your beard, brush Your theeth, beat your meat, go to sleep” . Dopo la morte del suo amico e collaboratore Austin Peralta, deceduto nel 2012, i suoi due ultimi lavori – “Apocalypse “del 2013 e “The Beyond / Where The giants roam ” del 2015, ha esplorato il concetto di distacco e si è domandato dove lo spirito possa andare una volta che il corpo è morto.
In questi album, così come in quello di Flying Lotus “You’re dead!“(2014), nel quale ha contribuito sia con il basso sia con la voce, Thundercat ha provato a dare un senso ad una devastante verità: Peralta se n’è andato e, un giorno anche lui stesso non ci sarà più.
Tutti questi “interrogativi cosmici” sottendono alla musica di Thundercat, che si rifà a numerose forme tutte in una volta: funk anni 70, R&B, Punk con un pizzico di fusion. La sua composizione è innegabilmente “black”, ma le sue strutture sono ampie abbastanza da poter coinvolgere ogni tipo di ascoltatore: parla allo stesso modo a quelli che amano lo ska sia a quelli che amano il jazz. I suoi show dal vivo sono “punk” e i pezzi che in studio appaiono sereni, sono suonati alti e frenetici.
Se gli altri lavori di Thundercat si focalizzavano sull’incertezza e sul tema della morte, “Drunk” si confronta con l’esigenza di voler vivere la vita.
Il flusso di coscienza attraversa la mente di Bruner e lo ritroviamo nella sua scrittura onesta e sarcastica per spiegare ciò che gli piace e ciò che non gli piace: apprezza Kenny Loggins e i braccialetti di Dragon Ball Z (“Tokyo”), non gradisce invece la friendzone e lo stato di polizia.
Così come negli altri lavori, tende a puntare lo sguardo sui suoi musicisti e collaboratori, tra cui Kendrik Lamar (Walk On By) Wiz Khalifa (Drink Dat) e Kamasi Washington (Them Changes); “Drunk” presenta una narrazione fluida che inizia con una certa nota brillante per poi sfumare nell’oscurità – una sorta di album concettuale che ci trasporta in una notte di bevute, droghe, funk e delusioni d’amore in compagnia di Thundercat stesso.
L’artista sembra più concentrato sull’umanità rispetto ai suoi precedenti lavori, lo percepiamo come un insonne deluso, come qualcuno che guarda al mondo e si domanda “se tutto ciò che facciamo è vano” (“The Turn Down” feat. Pharrell Williams), ma anche come un ragazzo che vorrebbe spendere tutti i suoi soldi in Anime.
Adesso, più che in “The Golden Age of Apocalypse” o “Apocalypse”, nei quali saltava da un genere all’altro con risultati spesso azzardati, Thundercat è capace di raccogliere tutto insieme, offrendoci un percorso che riusciamo a sentire coerente nonostante le sue parti movimentate.