NAPOLETANI
Solitamente gli abitanti di Napoli e dintorni, che richiamano la pizza napoletana nei pensieri più stereotipati , ma all’onorevole leghista Matteo Salvini , in un coretto di pochi anni fa, fra birra (tanta) e fumi di luganega , i napoletani non ispiravano pensieri gastronomici e pensava alla “puzza” piuttosto che alla “pizza”. E infatti in coro con alcuni amici della Padania profonda cantava felice: “Senti che puzza/scappano anche i cani/stanno arrivando i napoletani” eccetera. Questo rime gioiose e canterine venivano a pochi giorni da un’altra amena proposta del leader leghista di creare vagoni ghetto nel metro di Milano, una delle città più cosmopolite d’Italia, ossia posti riservati ai milanesi come ai bianchi nell’Alabama degli anni Cinquanta. In questi giorni l’onorevole Salvini è andato a Napoli per parlare di “nazione italiana” in salsa lepenista (inteso come Marine Le Pen) e si è scatenato l’inferno perchè alcuni “utili idioti” (all’interno di una manifestazione in larghissima parte pacifica) si sono scatenati in un’assurda guerriglia urbana con auto distrutte e il solito repertorio di eventi simili. Facendo passare il suddetto per vittima. Quando invece sarebbe bastato un megafono, da collegare al video di youtube a tutto volume e trasmettere in continuazione l’ ameno coretto del caro leader “senti che puzza…”. Per la serie vai a parlare a casa tua. A ognuno, democraticamente, la sua puzza.
PAPA FRANCESCO.
Papa Francesco ci ha ormai abituato alle sue prese di posizione, alla sua Chiesa aperta e dialogante, ma devo dire che ero rimasto colpito (non sorpreso) dalle parole che aveva pronuciato al forum dei centri sociali e delle organizzazioni umanitarie (compresi appunto quei centri sociali che il suddetto Salvini vorrebbe abbattere con le ruspe insieme ai campi rom). Ebbene le parole del Papa si potevano così riassumere: nessuna famiglia senza tetto, nessun contadino senza terra, nessun lavoratore senza diritti, nessuna persona senza la dignità del lavoro.
Ripensavo a queste parole di fronte all’ultima locandina del nostro “Vernacoliere”: “Si candida anche il Santopadre. Il Papa segretario del PD. Finalmente uno di sinistra!”. Che abbiano ragione loro?
VOUCHER.
Se ne è straparlato in questi giorni, quando per evitare una possibile sconfitta al referendum indetto dalla Cgil e dopo averli difesi fino all’ultimo, il governo ha deciso di abolirli sic et simpliciter, con un colpo di penna. Erano nati per pagare quello/quella che veniva a potarti il pero nel giardino o a badare al pupo se la sera volevi andare al cinema, oppure come rimborso spese per qualche pensionato che si prestava a qualche lavoretto semivolontario (ahi, ahi, in questo caso ha peccato anche il sindacato). Poi grazie alla liberalizzazione degli ultimi due governi con i voucher si poteva pagare di tutto di più, anche lavori qualificati e con una certa continuità: era il lavoro “liberato” da lacci e laccioli secondo una certa politica di governo. Quello che si poteva acquistare dal tabacchino come le sigarette. Ha portato all’emergere del lavoro nero? Certamente qualcosa ha fatto emergere, ma qualcosa come la punta dell’iceberg che nasconde il corpaccione negli abissi. E per il resto ha portato i voucher a crescere fino all’ordine delle centinaia di migliaia, senza controllo, senza ordine. Il referendum, giusto o sbagliato che si consideri, era nato da questa sproporzione, dall’aver considerato, da parte del partito di maggioranza, il voucher del precariato esasperato come il simbolo delle “magnifiche sorti e progressive” del lavoro. Mi ha stupito quindi leggere stamattina nell’intervento di Michele Serra su “Repubblica” la seguente sparata, dopo l’abolizione dei voucher da parte del governo Gentiloni, e che attribuiva la colpa del vuoto legislaivo che si viene a creare alla CGIL: “morti i voucher, si tornerà a pagare in nero, come nelle gloriose tradizioni nazionali. A meno che la Cgil metta a disposizione (gratis) un ufficio che si occupi delle pratiche di assunzioe di dieci persone per una sola giornata cadauno”. Giustissimo, caro Michele, sono d’accordo. Sottoscrivo tutto. A patto che tu sostituisca “la Cgil” con “il Pd”. Lasciando gratis naturalmente.