Guardando un film non posso fare a meno di lasciarmi coinvolgere dalla musica che ne accompagna le immagini: deformazione professionale, senza dubbio, ma anche passione e curiosità verso coloro che sono riusciti a conferire un importantissimo valore aggiunto alle idee del regista e alla sua creatività.
Non potevo, dunque, non inaugurare il nuovo anno con un’intervista ad una coppia di musicisti che di colonne sonore ne ha composte centinaia, per il cinema, la televisione e per il teatro: sto parlando di Pivio & Aldo De Scalzi, fra i più importanti e prolifici compositori italiani, il cui sodalizio artistico dura ormai da piú di vent’anni, da quel lontano 1997 in cui composero la colonna sonora de Il Bagno Turco di Ferzan Özpetek, fino ad arrivare ai recenti successi che sono valsi loro anche un David di Donatello, conferito loro nel 2014 per Song’e Napule, ed un Soundtrack Stars Award alla Mostra del Cinema di Venezia 2017 per Ammore e malavita, entrambi dei Manetti Bros.
Ho fatto quattro chiacchiere con loro, alla scoperta del mondo delle colonne sonore italiane, ma non solo.
Grazie Pivio e Aldo della vostra disponibilità e benvenuti su WiP Radio. Rompo il ghiaccio con una domanda a bruciapelo: cosa si prova a vincere un David di Donatello? Ci raccontate qualche retroscena di questa meravigliosa esperienza?
Pivio: Beh, non so se è noto ai più ma non c’è modo di sapere di una possibile vincita del David finché non si sentono le parole magiche “… e il vincitore è …”. Quindi quando è successo non eravamo affatto preparati all’evento. D’altronde, chi ha potuto assistere alla cerimonia ha potuto vedere lo stupore sui visi di Aldo e me quando ci hanno chiamati per ritirare il premio. Di fatto, l’unico vero intervento fatto nell’occasione, a parte un ricordo che ho voluto fare al padre dei Manetti Bros. morto pochi giorni prima, è stato quello di Aldo in cui faceva notare che non siamo fratelli (come spesso erroneamente pensato)… pochi giorni dopo andava in onda sul telegiornale regionale ligure di Rai3 un servizio sulla nostra vittoria al David e mentre si poteva sentire chiaramente all’interno del servizio la precisazione di Aldo, un sottopancia indicava “i fratelli De Scalzi vincono il David di Donatello”. Ecco, perfetto!
Aldo: Avendo avuto 5 nomination ai David negli anni, l’emozione di vincerlo è stata maggiore di quello che mi aspettavo. Senza contare che quell’anno c’erano fior di film in gara (La Grande Bellezza, Il Capitale Umano). Aggiungici che, veramente, fino al momento dell’apertura busta sei totalmente all’oscuro del risultato. Insomma, alla fine è solo un premio ma trattandosi del top del nostro settore direi “Grande soddisfazione”.
In un’intervista di qualche anno fa raccontate di aver realizzato più di tremila composizioni: quali sono gli stimoli per la vostra creatività? Sono curiosa, inoltre, di sapere come avviene il vostro processo creativo e produttivo, ovvero se lavorate in coppia o separati e, soprattutto, se vi capita mai di avere la sindrome da foglio bianco.
Pivio: Non saprei davvero dire da dove arriva la creatività: forse da un nostro comune atteggiamento verso la curiosità, forse dall’aver alimentato fin dall’infanzia una certa attenzione all’ascolto, davvero non saprei… analogamente non è che esista un procedimento “sicuro” che ci permette di trovare la via per la composizione di una colonna sonora. Comunque, siamo abituati a lavorare a stretto contatto con ruoli interscambiabili. Quando ci fanno questa domanda, spesso la nostra risposta è: Aldo suona i tasti bianchi ed io i tasti neri (perché sono meno ed è notorio che dei due è Aldo il virtuoso nell’esecuzione mentre io sono decisamente meno immediato).
Aldo: Gli stimoli per le nostre composizioni sono evidentemente le sceneggiature dei film stessi, ancora prima delle immagini, che potrebbero mettere in discussione la prima parte del lavoro. Io e Pivio lavoriamo a 4 mani vere, è un confronto costante e porta inevitabilmente a mettersi in discussione a favore di una visione più complessa e meno estetica, fine a se stessa (la musica DEVE essere a servizio del film). La sindrome da foglio bianco è rara avendo come stimolo il film con una sua storia e delle sue immagini precise. Più probabile una sindrome della ripetitività ma, forse, parlerei, non senza un pizzico di presunzione, di “auto citazione”.
Avete lavorato con e per grandi registi, da Ferzan Ozpetek sino ad Alessandro Gassman per arrivare ad un ben riuscito sodalizio artistico con i Manetti Bros.: dopo il David di Donatello, il Nastro d’Argento e il Globo d’Oro per Song’e Napule è arrivato, a settembre scorso, il premio speciale Soundtrack Stars alla 74a Mostra del Cinema di Venezia per le musiche di Ammore ‘e Malavita, premiatissimo e splendido musical cinematografico di cui consiglio caldamente la visione ai nostri lettori. Quanta libertà artistica avete quando componete su commissione?
Pivio: Anche in questo caso sono costretto a dare una risposta evasiva, o quantomeno non definitiva. Una delle poche regole che ho imparato in più di vent’anni di attività nel mondo del cinema e della televisione è che non ci sono regole. Esistono occasioni di libertà assoluta (non moltissime) ed altre (in realtà più numerose) in cui i vincoli di suono, di stile e di tempi possono essere molto stretti. È in questi casi che si rende necessario qualche sforzo in più per superare tali ostacoli e cercare di essere/rimanere personali. Da molto tempo si è instaurata una consuetudine che porta all’utilizzo in fase di montaggio di musiche temporanee che dovrebbero sostanzialmente servire a dare l’idea del possibile mood musicale ma che spesso diventano vere e proprie “pietre” inamovibili che influenzano eccessivamente la composizione della musica originale (che quindi rischia di non essere poi così originale). Ad ogni modo, nel caso dei registi indicati la situazione è sempre stata di grandissima reciproca fiducia per cui il processo produttivo con loro ci ha sempre permesso di ottenere un risultato finale condiviso e frutto di ascolti, discussioni a briglia sciolta e desiderio di sperimentare strade non già battute.
Aldo: Tantissima, anche se dipende dal regista. In fondo noi siamo, a tutti gli effetti, una parte autoriale del film. Quello di cui dobbiamo essere capaci è trasformare la richiesta emozionale del regista in note e suoni.
Il sodalizio con i Manetti Bros. non è solo cinematografico ma anche televisivo, in particolare con la fortunata serie di Coliandro, di cui sono grande appassionata: quanto è diverso scrivere musica per il cinema, in particolare per un musical, e per la televisione?
Pivio: Tendenzialmente ogni media ha proprie caratteristiche, tuttavia il nostro atteggiamento è sempre stato quello di realizzare qualcosa di indipendente dal media stesso, sia esso cinema o tv o teatro. Chiaramente nel caso di serie televisive di lunga programmazione teniamo conto della necessità di un processo produttivo più “industriale” (per il quale cerchiamo di identificare temi o situazioni sonore che possano essere riproposte in maniera seriale…). Differente è il discorso per affrontare un musical: qui devi tenere conto del fatto che le canzoni che proponi sono parte integrante della storia, che devono essere cantate dagli attori del film (i quali dovranno poi eseguire un playback ineccepibile sulle proprie timbriche). Tutto questo richiede tempi molto più lunghi di realizzazione per le continue variazioni che sono richieste alle singole composizioni. Nel caso di Ammore e Malavita questo processo è durato quasi due anni (dal momento in cui i Manetti Bros. ci hanno parlato del progetto al momento in cui abbiamo finito i missaggi del film).
Aldo: Noi ci siamo sempre posti in maniera creativamente equa per cinema e tv. Purtroppo la tv sottosta ad alcuni dogmi, della cui efficacia non voglio parlare, per cui essendo la musica l’ultima cosa materialmente ad essere montata, richiede parecchi interventi prima della messa in onda. Per il musical la cosa è più complicata solo per i tempi tecnici di realizzazione. Le musiche devono essere pronte prima di girare e modificate work in progress.
So che avete recentemente fondato l’Associazione compositori musica da film, a cui hanno già aderito numerosi compositori come Ennio Morricone, Nicola Piovani, Pino Donaggio e Stefano Mainetti. Qual’è lo stato di salute, oggi, del mondo delle colonne sonore in Italia?
Aldo: Lascio rispondere Pivio.
Pivio: Sinceramente? Molto difficile. I motivi sono molti ma soprattutto ascrivibili al fatto che nel tempo sono scomparse le figure (cioè gli editori) che da sempre hanno messo a disposizione il budget necessario a pagare il lavoro del compositore e la realizzazione stessa della colonna sonora e per contro i produttori cinematografici (non tutti) hanno smesso da tempo di farsi carico di tale incombenza col risultato che spesso non c’è nessuno coinvolto realmente a sostenere economicamente i costi per la colonna sonora. Sembra paradossale ma non è raro ormai imbattersi in progetti filmici in cui nessuno sembra disposto a sobbarcarsi tali oneri… gli effetti collaterali sono molti: studi ed orchestre che scompaiono, una qualità di scrittura ed esecutiva molto depauperata… Chiaramente sto parlando di situazioni estreme ma l’orizzonte non sembra essere molto fulgido. Anni fa il mercato della colonne sonore era florido, ora si è fortemente contratto e se non si interverrà adeguatamente con leggi che pongano meccanismi di tutela dell’opera musicale all’interno di un film è probabile che questo comporterà una rivoluzione copernicana sui meccanismi che fino ad oggi hanno permesso ai compositori di musica applicata di realizzare le proprie idee. In questo contesto si pone ACMF, la prima associazione di settore ad occuparsi espressamente di questi problemi. Molte sono state le adesioni, peraltro in grande aumento. L’obiettivo finale è di poter accogliere almeno il 70% dei compositori attivi nel mondo della musica applicata, in modo da far sentrie forte e chiaro il nostro “grido di dolore”. L’associazione è nata nel giugno del 2017 ma si è già fatta notare in molte occasioni con interventi anche chiarificatori nei confronti degli addetti ai lavori e del pubblico atti a far conoscere meglio le molteplici attività che si nascondono dietro alla preparazione e realizzazione di una colonna sonora.
Infine, una mia domanda quasi di rito: ci salutate raccontandoci un aneddoto o curiosità che vi è rimasto nel cuore grazie al vostro mestiere?
Pivio: Bah, non saprei… personalmente cerco di essere sempre proiettato se non proprio al futuro quantomeno al presente, per cui non riesco ad avere un atteggiamento troppo nostalgico verso i lavori passati. Abbiamo già in cantiere nuove sfide (con peraltro due film per il cinema già completati, “Favola” per la regia di Sebastaiano Mauri e “Il tuttofare” per la regia di Valerio Attanasio e un film tv “Tutto il mondo è paese” per la regia di Giulio Manfredonia): un film tv sulla strage di Duisburg per RAI1 per la regia di Enzo Monteleone e un ulteriore film per il cinema “Restiamo amici” per la regia di Antonello Grimaldi… e poi ci sarà la nuova serie de L’ispettore Coliandro per la regia dei Manetti Bros. E poi sto cercando di mettere in piedi un mio progetto filmico (di cui esiste al momento un episodio pilota) basato sul mio disco It’s fine anyway; per cui preferisco rimanere concentrato su tutta questa carne che bolle in pentola, che è veramente tanta, nella speranza di aggiungerne altra quando e se riusciremo a concludere questi progetti.
Aldo: Come non parlare delle varie storpiature del marchio “Pivio & Aldo De Scalzi”!? Premesso che, esposto così, presume o un cognome in comune o, come infatti è, che Pivio sia un soprannome unico. La cosa più banale è stata, è e sarà “i fratelli De Scalzi” (che siamo noi… cit.). Mi ricordo un bellissimo articolo del Venerdì di Repubblica in cui il giornalista insisteva… i fratelli De Scalzi... i 2 fratelli genovesi etc. etc. Messo al corrente della nostra NON parentela fece, la settimana dopo, un errata corrige così: “i due non sono fratelli, è solo un caso di omonimia”!