DISCLAIMER: Post un po’ più corto ma serio (vi voglio fare piangere). Spero di riuscire ad aiutare qualcuno che si trova in spiacevoli situazioni lavorative. Vince chi riesce a trovare un mio pezzo senza citazioni di Boris.
Cercare la (s)fortuna all’estero
Io mi ritengo – insieme al mio collega Edoardo Battini (gran penna, lo potete leggere qui) – molto fortunato per quanto riguarda la mia avventura di italiano all’estero.
Perché? Innanzitutto perché noi, in quanto immigrati europei, non siamo considerati come tali, ma siamo expats, termine anglosassone usato per gli immigrati – passatemi il termine, in quanto questo è in primis un blog di satira – non negri di colore. Insomma, non siamo extracomunitari perché abbiamo il passaporto europeo.
D’altronde il nome di questo blog prende proprio spunto da quello. Questo non è che ci faciliti meglio l’inserimento, e non ci salva certo da discriminazione e soprusi – lo so – ma è un bel vantaggio rispetto a qualcuno che è in Germania o in Belgio venendo dall’Ucraina o dall’Albania.
Io vivo all’estero da circa sei anni, rispettivamente Berlino I (2011), Berlino II (2013), Danimarca (2014), Amsterdam (2015), Bruxelles (2016-2017) e Berlino III (2018) da dove vi scrivo adesso.
Quando mi sono trasferito in altre città, uno dei miei punti di riferimento iniziale erano i gruppi degli expatriati all’estero, soprattutto su Facebook. Questi gruppi sono molto importanti per chi come me era all’inizio, non aveva conoscenze sulla città, era straniero, solo, isolato, senza sapere la lingua, appena trasferito.
Ora, io ho avuto la fortuna – grazie alla mia famiglia – di poter studiare e di poter decidere di trasferirmi sì per necessità, ma anche senza acqua alla gola, con il supporto della mia famiglia e con delle conoscenze di studio, di lingua e di curriculum pregresse.
Mi sono reso contro che però la stragranda maggioranza degli emigrati italiani in queste città arriva in situazioni completamente diverse. Senza sapere la lingua, con famiglia a carico, senza alloggio, e generalmente inseguendo la chimera di un lavoro migliore che nel nostro paese. Spesso, ma non sempre, si tratta di persone con esperienza nel settore della gastronomia o dell’edilizia.
Che poi sono quelli dove ci sono più soprusi, più nero, e più competizione a ribasso.
Italiani sfruttati (spesso da altri italiani)
Cosa succede a questo punto? Gli italiani si rivolgono agli altri italiani del gruppo. Spesso con domande – come dire – un po’ naive o quantomeno grossolane, tipo: “Ciao sono appena arrivato non parlo la lingua mi trovate lavoro a 1800€ il mese“, il che va detto non giova ai novelli errandi.
Questi gruppi social diventano – da supporto che dobrebbero essere – dei luoghi in cui sfogare la propria frustrazione o supponenza contro i nuovi arrivati.
Ce ne sono di tutti i tipi. Ci sono quelli di se non sai le cose informati e integrati, ci sono quelli xenofobi che fanno del razzismo sui propri concittadini, della serie “fanno bene i tedeschi/belgi/etc ad avere gli stereotipi su di noi“, poi ci sono i miei preferiti: in Italia fa tutto schifo, non ti lamentare di qui. Se no tornatene al tuo paese.
Io credo che quest’odio derivi in parte dall’istinto umano. Ci rivedo dei meccanismi da campo di concentramentro, l’atavico mors tua vita mea, il rancore di gente che poi si arrabbia quando invece il razzismo avviene a parti avverse. Pazzesco.
Ad ogni modo, tornando al lavoro a nero, ecco un estratto di un post trovato su uno di questi gruppi a proposito del lavoro degli italiani all’estero nella gastronomia e delle brutte esperienze di sfruttamento:
Un aiuto può venire dai sindacati. I buoni, vecchi, tanto bistrattati sindacati. Che sono l’unico appiglio contro i padroni (passatemi il termine politico, via). Perchè è un dovere dei lavoratori informarsi sulle leggi vigenti.
Sperando di fare cosa gradita, eccone alcuni tra patronati e sindacati (io personalmente li ho usati tutti e mi ci sono trovato molto bene). Potete trovare informazioni preziose su assistenza per il lavoro e su come fare per trovarne uno. In Italiano.
Bruxelles:
INCA CGIL Belgio: qui il link
Patronato ACLI Belgio: qui il link
Berlino:
Patronato Ital-Uil, Keithstr. 1-3, c/o D.G.B., 10787 Berlino, Tel.: 0049-30-23627020, email: ital.uil.Berlino@arcor.de
Amsterdam:
Patronato ACLI: qui il link
Consiglio anche il magazine in italiano dei miei colleghi: +31mag.nl
Una battaglia aperta: Deliveroo
La mia esperienza personale è stata con Deliveroo. I miei colleghi chiedevano semplicemente la reinstituzione del contratto con la cooperativa SmartBe che ci consentiva assicurazione sanitaria e orari umani.
Ovviamente Deliveroo ha risposto picche e quindi è scattata una bella occupazione collettiva della sede Deliveroo con sciopero ad oltranza.
Les coursiers de Deliveroo continuent d'occuper le siège social : une nouvelle grève est prévue ce samedi https://t.co/knDcIPCjg8
— Giacomo Galardini (@GiaGalar) January 28, 2018
Sono arrivati colleghi dai Paesi Bassi e dal Regno Unito con ogni mezzo por sostenere la battaglia dei corrieri. Proteste anche a Berlino!
#Foodora und #Deliveroo Fahrer_innen protestieren in #Berlin – #Video vom 24.1.2018: https://t.co/6tQqCHgzQn #deliverunion @Deliveroo @foodora_hq pic.twitter.com/aJS2q1qwpX
— labournet.tv labournetTV.bsky.social (@labournettv) January 27, 2018
Alla fine, sembra che Deliveroo abbia accettato di sedersi al tavolo delle trattative. Ma la strada è ancora lunga!
Les #Deliveroo refusent de pédaler plus pour gagner moins : reportage au cœur d'une mobilisation des livreurs à vélo https://t.co/ouLaPY6QRv pic.twitter.com/uZc42DJFec
— Politis (@Politis_fr) January 27, 2018
Avete delle domande su Deliveroo oppure avete qualche suggerimento?
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