Brevi Riflessioni e dubbi su un dibattito che qualcuno chiama politico.
Questi sono giorni difficili, caratterizzati da opinioni nettamente contrapposte . Europeisti, Casta , Antieuropeisti, Establishment, Populisti e chi più ne ha più ne metta.
Stiamo attraversando un momento storico importante, per il quale ognuno di noi è chiamato ad avere un alto senso di responsabilità e rispetto. O, almeno, questa dovrebbe essere la premessa per un dibattito politico serio, ad ogni livello, che sia istituzionale o che sia con il nostro vicino di ombrellone.
Il dibattito politico sui social
Ma ormai viviamo in un paese dove il dibattito politico, sempre che si possa chiamare così, si svolge sui social, indifferentemente che sia tra politici o tra vicini di ombrellone. Il pensiero discordante non è accettato. Qualsiasi opinione venga espressa si espone a linciaggi e a offese gratuite, riducendo il tutto a scontri improduttivi, che poco hanno a che fare con il tanto famoso, appunto, dibattito politico e che altro non sono che il frutto di un’ informazione mordi e fuggi, troppo spesso, nelle mani di chi usa in maniera strategica i social stessi.
Facebook detiene il potere, seguito da twitter e dalle chat di WhatsApp.
Toni pericolosi
I toni sono così tanto alti da diventare pericolosi, pieni di minacce e odio, creando un terreno perfetto per chi ha pensieri e ideologie più violente e rivoluzionarie. Il dibattito politico si trasforma in messaggi lanciati sui social paragonabili di livello e consistenza alle scritte sui muri nei bagni dei bar, in nome, forse, di una stira che satira non è.
Una satira che satira non è.
Tutto si può dire e scrivere, perfino le minacce di morte, perfino riferirsi a un assassinio della mafia che, per qualcuno, avrebbe scelto il fratello sbagliato.
Dove stiamo andando?
Ma dove stiamo andando? L’odio giustifica l’odio, lo scontro giustifica lo scontro e la violenza giustifica la violenza. Innescare questo meccanismo è pericoloso e non da possibilità diverse da un esito assolutista, che poco ha a che fare con la democrazia. Comunque la pensiamo, come possiamo credere che questa avvilente mancanza di capacità dialettica possa essere scambiata per partecipazione politica? Stare o non stare con Mattarella non dovrebbe essere un fatto ideologico espresso con un democratico libero (ma informato) pensiero? Perché questo libero pensiero si è trasformato in uno schieramento estremista che alimenta violenza e odio verso l’altro?
Abbiamo così tanto bisogno di un nemico ?
La vivace partecipazione al dibattito politico veramente ormai non trova altre forme di espressione ?
Mi piace pensare
Mi piace pensare che, forse, anziché scrivere pensieri, più o meno sensati e informati, sui social, dovremmo impegnarci diversamente per migliorare un’ Italia che deve ripartire. Mi piace pensare che sia attraverso una partecipazione attiva alla vita politica e non passiva sui social, la chiave per un cambiamento. Mi piace pensare che il dibattito politico non si riduca a 280 caratteri ma poggi su un’informazione approfondita e sfaccettata. Ma, soprattutto, mi piace pensare che sia proprio l’ esistenza di una contrapposizione seria e rispettosa al nostro pensiero la variabile che ci garantisce di vivere in una democrazia.
A chi serve?
Ma negli ultimi anni la rabbia sembra aver preso il sopravvento su tutto, una rabbia assetata di un nemico da combattere, qualunque esso sia. Una rabbia che spesso trova il suo habitat naturale su spazi da 280 caratteri, che alimentano, con effetto a catena, altri milioni di 280 caratteri. E mi chiedo a chi serva tutto questo. A chi serva alimentare un atteggiamento di odio e scontro.
Ma, soprattutto, mi chiedo a chi serva ridurre tutto a un noi e a un loro, nonostante la storia contemporanea e non solo passata, sia piena di semplificazioni di questo tipo, all’ombra delle quali sono stati compiuti disumani e inaccettabili atti di odio verso l’altro .Mi chiedo a chi serva tutto questo, forse un giorno la storia mi darà una spiegazione o, forse, pensandoci bene, me l’ha già data.