Dopo il ringraziamento a Joseph passiamo dalle vecchie fotografie sgranate e mosse, a causa delle lunghe esposizioni, a qualcosa di più complesso.
Si tratta del feeling tra diaframma e tempo di esposizione.
Prima di iniziare a ragionare sul loro rapporto, non dimentichiamoci che la foto è l’impressione della luce su un sensore (che in passato era la pellicola).
Paragoniamo ora il sensore a una bottiglia e l’acqua che la riempie diventa la luce della nostra foto. Ipotizziamo quindi che per avere una foto correttamente esposta, cioè con la giusta quantità di luce sul sensore, la nostra bottiglia dovrà essere riempita per metà di acqua. Meno acqua significa foto più buia, tendente al nero e troppa acqua porta a una foto bruciata, tendente al bianco.
Perciò, per riempire la nostra bottiglia fino al punto desiderato, posso utilizzare un imbuto con un becco strettissimo per molto tempo oppure un imbuto con il becco largo per poco tempo.
Riportando il concetto alla fotografia, il collo dell’imbuto sta a significare l’apertura che l’obbiettivo ha per far entrare la luce nel sensore, mentre il tempo che impiega la bottiglia a riempirsi corrisponde al tempo nel quale il sensore è esposto alla luce.
L’apertura dell’obbiettivo assume il nome di diaframma.
Il tempo in cui la luce colpisce il sensore assume il nome di tempo di esposizione.
E tutti si chiederanno: ma a cosa serve il diaframma se posso regolare il tempo di esposizione?
Il diaframma serve a regolare la profondità di campo, cioè la varietà di distanze dalla fotocamera in cui i soggetti risulteranno a fuoco.
La sfocatura all’interno delle foto prende il nome di bokeh, e tanto la qualità dell’obbiettivo è alta, tanto sarà bello l’effetto sfocato.
Il valore dell’apertura del diaframma si misura in f/stop e il valore degli stop corrisponde alla reale apertura di questo. Il diaframma è composto da lamelle (solitamente 6/8) che sovrapponendosi riducono o ampliano il “buco” dal quale passa la luce.
Quanto più piccolo è il numero di stop, tanto più aperto sarà il diaframma e tanto più stretta sarà la profondità di campo, quindi avremo il soggetto messo a fuoco con lo sfondo più sfocato.
Ma il tempo di esposizione quindi a cosa serve?
Prima di tutto serve a non avere le note foto mosse, odiate da tutti; ma non solo, serve per congelare soggetti in movimento oppure per catturare il movimento di qualcosa, come ad esempio le onde del mare o l’acqua di una cascata. Il tempo di esposizione si misura in frazioni di secondo o secondi, e viene suddiviso in tre categorie, tempi velocissimi, tempi veloci e tempi lenti.
1/4000 di secondo è un tempo velocissimo e viene utilizzato per catturare un soggetto in movimento, solitamente a distanze elevate; 1/250 di secondo è un tempo veloce e viene utilizzato mediamente per le foto generali, come ad esempio le foto delle vacanze o nei primi piani; 1/10 di secondo è un tempo lento e viene utilizzato per scattare foto nelle quali si vuole catturare i movimenti veloci e si utilizzano obbiettivi particolarmente grandangolari.
Esistono poi i tempi notturni (per catturare le scie luminose delle stelle per esempio) e i tempi da cavalletto, che sono una via di mezzo tra i tempi lenti e i tempi notturni.