“Tintoretto – Un Ribelle a Venezia” è il titolo del nuovo film-documentario in arrivo nelle sale solo per tre giorni, il 25, 26, 27 febbraio 2019, in occasione dell’anniversario dei cinquecento anni dalla nascita di questo artista.
Le origini
Jacopo Robusti, nato a Venezia nel 1519 e soprannominato Tintoretto per via del mestiere del padre che era un tintore di tessuti, è considerato il maggior esponente del Manierismo veneziano… e una delle cause principali di angoscia della mia vita di studente. Questo perché rappresentava uno dei pittori dei quali dovevi sapere praticamente tutto se volevi evitare la tanto temuta insufficienza sul registro e di conseguenza studiarlo diventava più un’angoscia che un piacere.
Rivedere i suoi quadri a distanza di svariati anni mi suscita, fortunatamente, una sensazione ben diversa, non vengo più colta da sgomento come all’epoca ma piuttosto da una profonda ammirazione per questo straordinario pittore che, per la sua incredibile tecnica del chiaroscuro, venne definito il pittore della luce.
La Scuola Grande di San Marco
L’originalità dello stile di Tintoretto si riscontra pienamente nell’opera “Il Miracolo dello schiavo” eseguita tra il 1547 e il 1548 per la Scuola Grande di San Marco.
Il soggetto del quadro è tratto dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine e racconta il miracoloso salvataggio, da parte di San Marco, di uno schiavo condannato ad essere accecato e ad avere le gambe spaccate per essersi recato a venerare le reliquie di San Marco, sebbene il suo padrone glielo avesse proibito. In questa tela vediamo in primo piano il corpo nudo e riverso dello schiavo mentre dall’alto sopraggiunge San Marco avvolto da una luce intensa. Grazie alla sua apparizione gli strumenti del martirio, come si può notare dal martello rotto che viene mostrato da uno dei carnefici al padrone seduto su un alto trono, si spezzano.
Questa opera determinò la clamorosa affermazione di Tintoretto che, a distanza di circa venti anni, fece ritorno alla Scuola Grande di San Marco per realizzare altri tre quadri riguardanti i miracoli di tale Santo. Fra questi il più noto è “Il Ritrovamento del corpo di San Marco”.
In un porticato poco illuminato, tre profanatori di sepolcri sono impegnati a calare un cadavere da uno dei sarcofagi mentre un quarto complice regge una candela per fare luce. Tuttavia il loro sforzo viene interrotto da San Marco il quale, avvolto da un bagliore folgorante, arresta l’attività dei profanatori e guarisce un indemoniato avvinghiato alle gambe di una donna con un semplice ma potente gesto della mano. L’uomo anziano presente al centro della scena rappresenta Tommaso Rangone, il committente. Egli è vestito con una toga patrizia e si inginocchia a terra per rendere omaggio al miracolo.
La Scuola Grande di San Rocco
La più grande e impegnativa opera pittorica di Tintoretto ebbe però inizio nel momento in cui ricevette la prima commissione per la Scuola Grande di San Rocco per la quale realizzò “La Crocifissione”, una tela di ben dodici metri realizzata in appena un anno, il 1565.
La scena si svolge sotto un cielo attraversato da lampi e al centro spicca la maestosa figura del Cristo morente, ai piedi del quale notiamo il gruppo dei dolenti con la Vergine sostenuta dalle Marie. Come in tutte le opere di Tintoretto la luce fa da protagonista, in questo caso un alone sovrannaturale si sprigiona dalla figura di Cristo che diventa così il punto focale di tutta la rappresentazione. Sulla sinistra sono presenti gli uomini che innalzano la croce del ladrone mentre a destra ci sono i soldati che giocano ai dadi le vesti di Cristo.
Nel 1578, Tintoretto iniziò la decorazione della sala situata al piano superiore della Scuola di San Rocco, utilizzata per le funzioni religiose. Sul soffitto sono rappresentate scene dell’Antico Testamento mentre sulle pareti sono raffigurati episodi della vita di Cristo come ad esempio “La Natività”.
L’opera è divisa in due parti: in alto, come se fosse innalzata su un palcoscenico, è presente la Sacra Famiglia composta da Maria, intenta a sollevare il telo che ricopre la cesta per mostrare il figlio, e da Giuseppe che contempla il Bambino. Nella parte inferiore, in contrapposizione all’immobilità della parte sovrastante, è invece presente la mangiatoia con il bue e l’asino mentre altre figure portano doni al neonato generando nel complesso dei movimenti più vivaci.
Altre importanti commissioni
Concluso il suo impegno di oltre venti anni con la Scuola di San Rocco, Tintoretto, a quasi settant’anni, ricevette altre importanti commissioni come “L’Ultima Cena”, posta nella Chiesa di San Giorgio Maggiore.
La scena è ambientata in un’ampia sala, tagliata in diagonale dalla lunga tavola al centro della quale è raffigurato Cristo. Dalla sua testa si diffonde un alone di luce mentre lui si rivolge all’apostolo a suo fianco per porgergli l’ostia. Gli altri apostoli sono seduti attorno e assistono alla scena mentre varie figure si affaccendano intorno per preparare la cena. In aggiunta alla luce emanata da Cristo sono presenti altre fonti di illuminazione date dalla lampada ad olio e dagli angeli che volano vicino al soffitto.
I ritratti
Oltre alle opere religiose, che rappresentano sicuramente una parte fondamentale della pittura di Tintoretto, l’artista si dedicò, fin dall’inizio della sua carriera, anche ai ritratti. In modo particolare, sul finire degli anni Quaranta, egli divenne il ritrattista ufficiale dei dogi della Repubblica sostituendo Tiziano che era lontano da Venezia. Le caratteristiche che si ripetono spesso nelle tele di questo tipo sono la raffigurazione del soggetto a mezzo busto, lo sfondo scuro e un fascio di luce che si irradia sulla figura in modo da modellarne le forme. Come possiamo notare nel “Ritratto del Procuratore Jacopo Soranzo”.
E’ raffigurato un uomo anziano posto di tre quarti; egli è seduto su una poltrona e dietro è presente una pesante tenda rossa che lascia intravedere l’accenno di un palazzo. Ciò che emerge maggiormente e che rappresenta un’altra delle caratteristiche che si ripeteva sempre nei ritratti di Tintoretto, è la psicologia del personaggio che affiora dalla minuziosa descrizione dei dettagli del volto come le guance magre, la folta barba, le labbra sottili, il naso aquilino, gli occhi penetranti e l’espressione leggermente interrogativa.
Vita privata e morte
Per quanto riguarda la sua vita privata, Tintoretto sposò Faustina Episcopi e da lei ebbe ben sette figli. Ebbe anche una figlia illegittima, Marietta, l’unica ad avere talento sufficiente per poter seguire le orme del padre.
Tintoretto morì nel 1594 in seguito ad una febbre di due settimane e venne sepolto nella Chiesa della Madonna dell’Orto nella cripta della famiglia Episcopi.
Per tutti coloro che sono interessati lascio il link con le varie informazioni e il trailer del film:
http://www.nexodigital.it/tintoretto-un-ribelle-a-venezia/
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