IT’S OUR PLANET.
Lei si chiama Emma, è una liceale ed abita in un paese della costa toscana, un paese tranquillo senza troppo tensioni, senza troppi problemi. Il giorno è il 15 marzo 2019 , un venerdì chiamato in modo impegnativo “Friday for Future”, perché è un giorno importante, che vuole guardare lontano nei decenni futuri. Emma ha occhialini alla Harry Potter, perchè lei è una Millennials e l’eroe del nostro tempo può essere anche un maghetto . In testa porta dei fiori finti , un po’ da hippy del 2019, colori che ricordano cose di millanta anni prima che nascesse Emma. Come diceva Scott McKenzie ,”se stai andando a San Francisco , ricordati di mettere dei fiori nei capelli”. Lei si è fermata prima, a Livorno, ma porta un cartello scritto in inglese “It’s our Planet”, non per vezzo, ma perchè sa che non si sta rivolgendo idealmente al sindaco della città o a un ministro italiano o meglio anche a loro, ma vuole dialogare con tutto il mondo , in una sorta di realtà green e per questo occorre l’inglese, la lingua franca.
Lei sa di appartenere ad una grande onda verde che attraversa il mondo e che ha risposto all’appello della sua coetanea svedese Greta Thurnberg, per una nuova dimensione di vita che tenga conto dei cambiamenti climatici in atto sul medio periodo , che sono negati dal turbocapitalismo alla Trump che sta divorando se stesso, in modo cieco.
Troppo breve lo spazio per parlare di un tema così complesso, ma mi ha fatto impressione il sollevarsi di ditini moralisti (“eh, eh, cari ragazzi….” col ditino indice alzato modello Grillo Parlante), da destra e qualcuno anche da sinistra, con le critiche verso questa manifestazione planetaria, perchè è, appunto, “our Planet” . Dal ministro dell’istruzione che invita ad “andare a scuola” come se partecipare attivamente alla vita sociale non fosse scuola (e prontamente smentito, fortunatamente, anche dall’associazione dei presidi) a qualche becero esponente politico che ha definito Greta Thurnberg un horror, fino a qualche “sinistrorso” che si, ma le contraddizioni, ma che il problema è altro e così via.
No, casi signorno col ditino alzato, il problema è questo, il destino della nostra terra, uno sviluppo sostenibile, una terra solidale, un sentirsi legati ad un destino comune. Questa mobilitazione mondiale è avvenuta nello stesso giorno in cui in una cittadina della Nuova Zelanda un suprematista bianco, un neonazista da banalità del male (che aveva fra i suoi modelli anche qualche italiano, dopo essere stato in contatto con le peggiori fogne sovraniste e razziste europee ) uccideva a sangue freddo 49 persone colpevoli soltanto di avere una religione diversa dalla sua. Gesto subito minimizzato dai sovranisti de noantri, per i quali il problema è un altro.
In un giorno in cui in un lontano angolo della Terra un terrorista razzista scriveva con le pallottole che il mondo bianco deve chiudersi su se stesso, centinaia di migliaia di ragazzi in tutto il mondo dicevano che il mondo è uno, soltanto uno, e su questo dobbiamo vivere.
Una forza tranquilla, creativa, anche contraddittoria in una società dai forti consumi individuali, ma con una carica fortemente positiva. Questi ragazzi hanno bisogno di una rappresentanza che non c’è (avremmo tanto bisogno di movimenti verdi e solidali, quando purtroppo come in Italia sono ridotti ai minimi termini). Spesso la politica parla di altro e quasi mai di loro, che con questo evento internazionale hanno fatto uno degli atti politici più interessanti degli ultimi tempi. Ne vedremo in seguito gli sviluppi nella crescita di consapevolezza.
Intanto, con Emma con il suo cartello con la Terra blu, anche se ci fermiamo a Livorno, andiamo verso San Francisco con i nostri fiori ideali, convinti che questa Terra sia una e che ce la dobbiamo meritare.