“Il Giovane Picasso” è il titolo del nuovo film-documentario che uscirà nelle sale solo per tre giorni, il 6, 7 e 8 Maggio 2019.
Come vi avevo già detto qualche articolo fa, Pablo Picasso non rientra proprio nella top ten dei miei pittori preferiti. Ho sempre avuto qualche difficoltà ad interpretare le sue opere. Diciamo che lo apprezzo di più per i suoi quadri legati al Periodo Blu e al Periodo Rosa piuttosto che per quelli legati strettamente al Cubismo. Anche se, ovviamente, non posso che concordare sul fatto che siano di un’innovazione assoluta.
Le origini
Pablo Picasso nacque a Malaga il 25 ottobre 1881. Il padre, Don José Ruiz y Blasco, era un pittore che lavorava come insegnante di disegno. La madre, Maria Picasso y Lopez, sarà colei dalla quale prenderà poi il nome d’arte Picasso.
Il talento di Pablo saltò fuori fin dalla sua infanzia, si dice che la sua prima parola sia stata “piz, piz” che sarebbe l’abbreviazione di lapiz, ovvero matita. Fu il padre Don José ad occuparsi della sua formazione avvenuta tramite lo studio dei più grandi maestri e attraverso un costante esercizio alla pittura. E’ proprio tramite il suo apprendistato dal padre che Picasso si avviò al mestiere di pittore, iniziando a soli otto anni a realizzare svariate tele e portando addirittura il genitore, sovrastato dal talento del figlio, a smettere di dipingere.
Nel 1891, Picasso si trasferì con la sua famiglia in Galizia dove il padre aveva accettato un ruolo più redditizio come insegnante nella scuola d’arte locale. Qui Pablo ebbe modo di perfezionare le sue doti artistiche frequentando i corsi di disegno alla Scuola di Belle Arti. Nello stesso periodo la madre Maria ebbe altre due figlie una delle quali, Concepcion, morì nel 1895 di tubercolosi a soli nove anni. Nello stesso anno, il padre venne nominato professore a La Lonja e, di conseguenza, si trasferì a Barcellona con la sua famiglia.
L’atelier a Calle de la Plata
Nel 1896 Picasso, con l’aiuto del padre, aprì un atelier a Calle de la Plata. Da tale laboratorio uscirono svariati lavori che riscossero un gran successo arrivando a ricevere, con il quadro “Scienza e Carità“, una menzione d’onore a Madrid e un premio a Malaga. Incoraggiato da tale successo e stanco dei continui diverbi con il padre, Pablo decise di trasferirsi a Madrid.
In tale città Picasso venne subito ammesso ai corsi dell’Accademia Reale San Fernando. Diventò, inoltre, un assiduo frequentatore del museo del Prado (del quale diverrà in seguito direttore) dove venne in contatto con le opere di alcuni grandi maestri come Velazquez e Goya. A causa di un forte attacco di scarlattina, Picasso fu però costretto a lasciare Madrid per trascorrere otto mesi a Horta de Ebro per fare poi ritorno a Barcellona.
L’Els Quatre Gats
E’ proprio a Barcellona, in una taverna chiamata “L’Els Quatre Gats” (i quattro gatti), che Picasso cominciò a frequentare una serie di artisti e di intellettuali, diventandone presto uno dei membri più popolari. Durante questi incontri, anche incoraggiato dai suoi nuovi amici, Pablo iniziò a nutrire il desiderio di andare a Parigi, città che veniva decantata per la sua arte e la sua moda. Fu così che, nell’autunno del 1900, Picasso si recò nella capitale francese, accompagnato dall’amico Carlos Casagemas.
Il soggiorno francese, tuttavia, non durò a lungo a causa di una relazione amorosa di Carlos non andata a buon fine che costrinse entrambi a fare ritorno a Malaga. Le cose però non andarono bene nemmeno qui e, di conseguenza, Pablo iniziò a spostarsi di città in città. Questo fino a quando, intorno al 1901, non fece ritorno a Barcellona. Fu qui che decise di adottare il cognome della madre in modo da creare una sorta di indipendenza rispetto alla pittura del padre.
Il periodo blu
Nel 1901, in seguito alla scoperta di svariati tradimenti da parte della donna amata, Carlos Casagemas si uccise con un colpo di pistola e questo scosse profondamente Pablo. Egli iniziò a realizzare quadri tristi ed inquieti dove a dominare era appunto il colore azzurro. E’ quindi così che nacque il suo periodo blu, il quale si sviluppò tra il 1901 e il 1904.
“Quando mi resi conto che Casagemas era morto, incominciai a dipingere in blu”
Picasso scelse il blu per la sua forza espressiva e nelle sue opere legate a questo periodo ridusse al minimo gli elementi decorativi dando piuttosto importanza alla decadenza del mondo. Tra i temi principali di questi suoi quadri vi erano infatti la miseria, la vecchiaia e la morte.
Il periodo rosa
Nell’aprile del 1904, Picasso si trasferì definitivamente a Parigi e affittò una vecchia fabbrica di Montmartre che venne poi riconvertita in un atelier per artisti, il Bateau-Lavoir. Tale studio iniziò ad essere frequentato da diversi personaggi celebri e inoltre Pablo vi incontrò la giovane Fernande Olivier, una ragazza bellissima che rimase al suo fianco per diversi anni.
Questo rappresentò per Picasso un momento molto felice tanto che i freddi toni del blu lasciarono spazio alle più tenui sfumature di rosa. Questo cambiamento non interessò soltanto l’aspetto cromatico ma anche le tematiche. La triste atmosfera che caratterizzava il periodo blu lasciò infatti il posto a motivi più allegri come il circo con i suoi acrobati, i bambini e i pagliacci, Per quello che mi riguarda, i pagliacci sarebbero stati i protagonisti perfetti del più macabro dei periodi blu visto che ne sono da sempre terrorizzata!
Attraverso queste opere, Picasso voleva esprimere una visione più ottimistica del mondo, pur conservando quel velo di malinconia appartenuto al precedente periodo blu.
La nascita del cubismo
Nel 1906 Picasso e Fernande visitarono un villaggio spagnolo situato lungo i Pirenei, Gosol. Qui l’artista entrò in contatto con la statuaria iberica preromana la quale non badava minimamente a proporzioni, prospettiva e armonia. E’ da qui che, nel 1907, nacque una delle sue più famose opere, “Les demoiselles d’Avignon“, destinata a diventare il Manifesto del Cubismo.
Avevo già parlato di questa opera nell’articolo dedicato all’8 Marzo. Per chi se lo fosse perso, ricordo brevemente che in questa tela sono raffigurate cinque prostitute all’interno di un bordello a Barcellona. Possiamo notare che esse differiscono per quelli che sono i loro tratti somatici. Le donne al centro hanno, infatti, un volto umano mentre quelle ai lati sembrano richiamare le maschere tribali africane. L’opera non riscosse però successo, pare che nessuno riuscisse a comprenderne il senso.
Come nacque il termine “Cubismo”
Un evento importante che portò alla creazione del termine “cubismo” fu il legame di Picasso con Georges Braque. Quest’ultimo realizzò infatti diversi paesaggi rifacendosi alla tecnica di Pablo e utilizzando cioè tutta una serie di “piccoli cubi” (come lì definì Matisse). Da qui venne quindi coniata la parola cubismo, corrente della quale Picasso divenne il maggior esponente.
Nell’estate del 1909 Picasso e Fernande abbandonarono Montmartre per trasferirsi in un appartamento nei dintorni di place Pigalle. Qui iniziò a dedicarsi ai suoi quadri cubisti prestando particolare attenzione al rapporto tra spazio e forma.
Il cubismo analitico
Questa fase viene definita dai critici “cubismo analitico“. Nonostante le premesse non furono delle migliori, piano piano il cubismo iniziò a riscuotere un certo successo, grazie soprattutto alla pubblicazione di alcuni saggi. Picasso era fiero di questo successo ma, purtroppo, alcuni eventi che si susseguirono lo portarono a vivere un periodo tutt’altro che roseo. Venne infatti accusato di essere l’artefice del furto della Gioconda e a questo si aggiunsero dei problemi di salute e l’allontanamento di Fernande con la quale ebbe dei contrasti. Pablo intrecciò poi una relazione con Eva Gouel, ma la donna morì prematuramente di tubercolosi, gettando nuovamente l’artista nello sconforto.
Fortunatamente, almeno dal punto di vista artistico, le cose per Picasso e Braque andarono meglio. Il cubismo analitico infatti lasciò spazio al nuovo “cubismo sintetico” nel quale le forme caratterizzate da un certo rigore geometrico vennero sostituite da forme più morbide e venne inoltre introdotto l’utilizzo dei collage.
Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale costrinse Picasso a separarsi dai suoi amici francesi in quanto tutti coinvolti nel conflitto. Pablo, rimasto a Parigi, conobbe Jean Cocteau, il quale lo coinvolse nella realizzazione di scene e costumi per la compagnia dei Balletti Russi. Grazie a loro ebbe la possibilità di partire per l’Italia dove il pittore conobbe il Futurismo, l’arte classica e rinascimentale e l’arte pompeiana. Inoltre, in questo periodo si innamorò di una delle ballerine della compagnia, Olga. Con lei si sposò ed ebbe un figlio di nome Paulo.
Nel 1934, Picasso fece ritorno in Spagna dove, due anni dopo, scoppiò la sanguinosa Guerra Civile che si protrasse fino al 1939. Pablo fuggì da tale guerra e fece ritorno in Francia dove, nel 1937, venne incaricato di realizzare un’opera che rappresentasse la Seconda Repubblica Spagnola. L’ispirazione per questo arrivò quando venne a conoscenza dello sterminio della popolazione della città di Guernica, rasa al suolo da un bombardamento aereo nazista.
Guernica
Nacque così la sua più importante opera, “Guernica“, la quale giocava interamente sui toni del grigio, del bianco e del nero e dove venne documentata la tragedia attraverso l’inserimento di corpi deformi e animali morenti. L’opera deve essere letta da destra verso sinistra in quanto il lato destro era quello più vicino all’entrata del padiglione della Repubblica Spagnola per il quale la tela era stata progettata. Nonostante la disperazione che emerge da ogni frammento di questo quadro, possiamo comunque intravedere una lampadina che simboleggia la speranza e una colomba sulla sinistra come un richiamo alla pace.
“«Avete fatto voi questo orrore, maestro?»
«No, è opera vostra.»”Pablo Picasso, in risposta a una guardia tedesca in visita al suo studio.
Gli ultimi anni
Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale porterà Picasso ad allontanarsi da Parigi per farvi però successivamente ritorno, quando la capitale francese era ancora occupata. I nazisti non lo infastidirono in alcun modo ma gli vietarono di esporre le sue opere al pubblico. Al termine del conflitto, Pablo si recò ad Antibes, centro turistico delle Alpi Marittime francesi. Il pittore, ormai acclamato, vi trascorse un periodo molto spensierato, come è testimoniato da alcune sue opere dell’epoca che sembrano appunto esprimere una sorta di gioia di vivere.
Negli ultimi anni Picasso si dedicò con passione alla rivisitazione del patrimonio artistico occidentale, in particolare a “Colazione sull’erba” di Manet. Pablo Picasso morì a 91 anni a Mougins l’8 Aprile del 1973 stroncato da un edema polmonare e fu sepolto nel parco di un castello nel sud della Francia.
Per qualsiasi informazione in merito al film che uscirà a breve nelle sale, vi rimando al sito ufficiale:
http://www.nexodigital.it/il-giovane-picasso/