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Coppie miste e famiglie multietniche: com’è crescere tra due culture?

diversità e coppie miste

Decidere l’argomento di inaugurazione della mia rubrica è stato un po’ più complicato del previsto, but finally here I am. Mi chiamo Sarah e da come si è già dedotto dalla prima riga, sono un’indecisa cronica.

Il mio blog post di oggi vuole parlarvi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che è in linea con il dilagare di un pensiero pessimistico e travisato nel nostro paese. Un pensiero che sta prendendo il sopravvento tra i mass media: la diversità. Sì, perché per quanto gli avvenimenti degli ultimi anni stiano facendo il lavaggio del cervello alla stragrande maggioranza della comunità, le coppie miste sono una realtà, passata e presente.

Coppia mista è un termine generico, utilizzato per rappresentare quelle coppie che provengono da culture diverse, talvolta opposte.

Ma si sa, l’amore, quello vero, batte tutto: la distanza, le barriere linguistiche, il divenire del tempo. Okay, tutti gli innamorati si trovano a dover fare i conti con le proprie difficoltà quotidiane, ad affrontare divergenze comportamentali, ad unire background familiari diversi. Ma qui si parla di un intrecciarsi di pensieri, parole e attese, che solo loro possono capire. È un amore che va contro ogni razionalità possibile, da cui nascono poi figli che integrano sin dall’inizio le bellezze e le complicanze di entrambi i mondi. Tutta la storia dell’umanità è contraddistinta dal movimento di individui, che si caricano sulle spalle il loro bagaglio culturale spostandosi in luoghi ben più lontani di quelli di origine.

Abbiamo esplorato. Abbiamo conquistato.

Si sono formate reti sociali sempre più complesse, trame di tradizioni inesplorate.

Ed è così che il nostro mondo va avanti: solo nel 2015 in Italia, si sono celebrati 27905 matrimoni misti. Quindi non si tratta solo di un fenomeno passato e passeggero: secondo i dati Istat dal 1996 al 2016 vi è stato un incremento significativo nella nostra nazione. Potrei aggiungere molti altri dati, ma non vorrei annoiarvi: vorrei solo farvi capire quanto l’integrazione in realtà non è una cosa così lontana da noi.

A questo punto, vorrei ripresentarmi. Sono Sarah, ed oltre ad essere un’indecisa cronica, sono anche figlia dell’unione tra una belga ed un italiano. Sono esattamente l’esempio vivente dell’intreccio di usanze, abitudini e storie completamente diverse (e che a volte, fanno a pugni fra loro).

Il mio multiculturalismo l’ho vissuto tra alti e bassi.

Da bambina, spesso, non era facile sentirsi uguali agli altri: l’educazione che stavo ricevendo univa i due mondi, le due lingue e spesso mi sentivo un po’ fuori luogo rispetto agli altri. Crescendo, soprattutto nel periodo liceale, l’ho interiorizzato come uno dei miei principali punti di forza: avevo un orecchio pazzesco per lingue – anche se non mi applicavo – ed in più sentivo che tutto quello che mi era stato insegnato fino ad allora, aveva un valore aggiunto. I miei infiniti viaggi in Belgio, il cibo diverso, il sapersi adattare a più situazioni: era come se avessi sperimentato molto di più dei miei coetanei.

Non nascondo che tutt’ora capitano giornate in cui mi sento divisa, schiacciata tra le due culture.

Vieni cresciuta da genitori che cercano di trasmettere ai figli le loro storie ed usanze, che impongono i loro temperamenti così diversi tra loro. Spesso ti ritrovi a scegliere una via, piuttosto che un’altra. Io, ad esempio, adoro il Natale. Okay, niente di nuovo, a chi non piace? Ma io intendo il Natale celebrato qui in Italia, le tradizioni tipiche dei miei nonni paterni, provenienti dal Sud. Sì, perché vi assicuro che è diverso: l’aria di festa si respira in ogni dove, il cibo è parte predominante della festività ed il modo di dare e scartare i regali non ha eguali. Per quanto riguarda la Pasqua è il contrario: in Belgio è più coinvolgente, non esistono le nostre uova incartate con patine brillanti, ma solo semplici uova di cioccolato (ottimo, per giunta) incartate nella stagnola, poi nascoste in ogni angolo di casa e giardino. E’ bellissimo la mattina, cercarle insieme alla famiglia, correre in lungo ed in largo, per aggiudicarti il maggior numero di uova e sentirti felice.

Avrei una vita intera di aneddoti da scrivere, ma il punto è che a volte non sai da quale parte stare. Poi ti ricordi che sei un ibrido e che puoi essere entrambe le cose contemporaneamente, senza dover rispondere alle domande che la gente ti pone “ma ti senti più belga o italiana?” e senza dover scegliere necessariamente una nazionalità piuttosto che l’altra.

Senza dover autoclassificarmi. Io sono diversa.

Ecco, essere figli di coppie miste è un’altalena di situazioni: a volte vieni etichettato solo per il cognome un po’ strano, a volte non ti senti conforme al paese in cui vivi, ma nonostante tutto questo è una delle cose più belle che ti possa capitare.

Non posso parlare per tutti gli altri figli eterogenei che sono sparsi per il globo, ma sono quasi certa di una cosa: nessuno di loro dirà mai di non aver tratto vantaggi dall’essere double nationality. Il viaggiare, il confrontarsi costantemente con realtà diverse, le lingue, l’avere ampie vedute, sono tutti elementi che concorrono alla realizzazione personale, facendoti sentire vivo e felicemente diverso.

Ed allora eccomi qua, una italo-belga, cronicamente indecisa, alla fine del suo primo articolo, a ricordarvi che è sbagliato fare di tutta l’erba un fascio e che la diversità è la chiave per completarci, arricchirci e plasmarci.

 

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