Senza limiti
Salve a tutti.
Come promesso, l’articolo odierno trae spunto da un intenso messaggio che mi è arrivato qualche giorno fa da un giovane lettore, completamente impazzito per aver di recente visto il film “Limitless”.
Ormai lo sapete bene: gongolo nell’esprimere la mia opinione (soprattutto) quando non è richiesta, figuriamoci se qualcuno me la chiede, e con tanta solerzia, per giunta. Forse eri sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, caro giovane lettore, ma comunque, ti accontento.
La pellicola, diretta da Neil Burger nel 2001, è liberamente tratta dal romanzo “The Dark Fields” di Alan Glynn, e si spinge nel territorio sperimentale delle droghe, espandendo l’immaginazione a dismisura e raccontandoci come possano capovolgersi le cose semplicemente assumendo una piccola (e apparentemente innocua) pillola.
Il modo di procedere del film prende dalla letteratura le sue componenti migliori: personaggi delineati, eventi ad incastro, sviluppo dettagliato. Al box office italiano, “Limitless” ha incassato nelle prime dodici settimane di programmazione quasi quattro milioni di euro (e quasi un milione solo nel primo weekend).
La trama
Eddie Morra è un giovane scrittore in preda ad un blocco, incapace di buttar giù una sola riga del suo ipotetico nuovo romanzo, né di ottenere un qualsiasi risultato positivo nella sua ormai patetica vita. Tutto intorno a lui sta inesorabilmente crollando: ha già un matrimonio-lampo fallito, e lo lascia anche la nuova fidanzata, che non riconosce più l’uomo che ha davanti.
Un giorno, per caso, incontra Vernon, il fratello della sua prima moglie. Questi, all’epoca, faceva lo spacciatore, e adesso lavora per una casa farmaceutica. Quando Eddie rappresenta le proprie difficoltà, l’ex cognato gli propone una insolita “soluzione”: un farmaco, ancora in fase di approvazione, che promette una stimolazione sinaptica tale da spingere al massimo le capacità umane. La misteriosa compressa, denominata NZT-48, porta il protagonista ad amplificare ogni suo pensiero e riportare alla luce ogni suo ricordo, donandogli una concentrazione inimmaginabile.
Sotto l’effetto di quella strana sostanza, Eddie diventa un mago della finanza, guadagnando ben due milioni di dollari in una sola settimana. L’unico inconveniente? La scorta di quelle “pillole speciali” non è illimitata, e la sta cercando anche chi ha fatto fuori Vernon per averla.
A complicare le cose, ci si mette anche Carl Van Loon, lo spregiudicato magnate che adocchia il talento di Eddie per gli affari e lo prende sotto la propria ala protettrice. Ma nulla è gratis in questo mondo spietato, neppure la fortuna, e il nostro eroe se ne accorgerà presto.
Che anche Burger abbia abusato della suddetta pillola?
Eddie entra in casa sotto effetto di NZT e decide di metterla a posto. Segue scena nella quale appaiono circa trenta Eddie che lavorano contemporaneamente e fanno ordine. Per non parlare dei momenti in cui al nostro Morra sale (male) il trip e si ritrova teletrasportato in giro per la città senza che se ne renda nemmeno conto.
Il regista si serve di espedienti tecnici all’avanguardia, attraverso un impiego ardito di fisheye, morphing e zoom. Coraggiose le sue idee “allucinate”, tra angolazioni folli e prospettive assurde. E proprio in quella infinita zoomata in avanti dei titoli di testa, con la quale attraversiamo tutta Manhattan, possiamo leggere l’intera configurazione del film. Che altro non è se non una corsa frenetica fra vari generi, una dissolvenza continua fra molteplici suggestioni narrative, sovraccaricate dalle eccitazioni di una sostanza stupefacente.
Sullo sfondo, una musica ritmica e incalzante: rock quanto basta a martellare le tempie, ripetitiva quando necessario e adrenalinica al momento giusto. Un colpo di chitarra e uno alla batteria per rimpiazzare lo spostamento.
Ci si diverte nel porre in una sorta di antagonismo il magnate della finanza Van Loon e il nostro Eddie: chi arriva all’apice del successo grazie alle proprie forze e alla propria astuzia, e chi vi arriva invece grazie ad un semplice farmaco. “Non sarai mai meglio di me perchè non hai dovuto leccare ogni gradino della scala da salire o sposare la donna sbagliata con il padre giusto per arrivare fin qui”, una riflessione funzionale al contesto.
Bravo Bradley Cooper, qui capace di rendere perfettamente le trasformazioni caratteriali legate all’assunzione del farmaco, e ottima scelta quella di Robert De Niro nei panni dello spregiudicato imprenditore che predica la “old school”, il vecchio modo di fare affari, corrompendo, uccidendo e sposando le figlie dei giusti padri. Non come Eddie, che quando prende le sue pillole, diventa la quintessenza dell’uomo moderno, dal pieno controllo di sé e del suo destino. Almeno fino alla prossima dose.
Tra bipolarismo e dipendenza
Chi mai vorrebbe rimanere un fallito, avendo a disposizione una pillola magica che offre su un piatto d’argento una versione potenziata di noi stessi, praticamente invincibile e onnipotente? La risposta è retorica quanto la domanda. Non abbiamo certo bisogno di sentir pronunciare da Eddie l’abusato “Smetto quando voglio”, per addentrarci nei meandri oscuri della dipendenza: ci siamo già invischiati dai primi quindici minuti, e ne siamo perfettamente consapevoli.
L’aspetto interessante di “Limitless” risiede proprio nella natura della protagonista. L’NZT non crea nulla che non sia già presente: potenzia ciò che già è. Alza i volumi, elimina la fragilità, azzera le difese alimentando la leggenda sempre attuale del superuomo, del supereroe. “Non sei abbastanza, devi fare di più, non vali nulla” un ritornello al quale la portentosa pillola pone un’aurea risposta.
L’NZT è però incontrollabile, si impossessa di te, dei tuoi desideri e delle tue aspettative. Logora il tuo corpo, ti mostra che i bisogni umani hanno una funzione necessaria. Il dolore, il fallimento, la disperazione non possono che essere parte dell’umana esperienza, perché elementi fondanti dell’altra faccia della medaglia. Senza di essi, non può esserci arricchimento, né confronto.
Dopo la prima assunzione, Eddie si stupisce di non aver bisogno di mangiare né di riposarsi, persino il fumo e l’alcool sono lontani ricordi: improvvisamente si scopre dinamico e vincente in ogni singola azione, al di là di ogni suo più recondito sogno. Una tale efficienza non può che creare dipendenza, proprio per il fatto che ci libera da ogni altra esitazione.
Ma tutto ha un prezzo, e, si sa, la fiamma che arde al doppio della potenza si consuma in metà del suo tempo. Stasi e fragilità donano all’uomo la consapevolezza necessaria per affrontare le nuove sfide. Van Loon ricorda ad Eddie come gli infimi scalini dell’ascesa preparino al trono dell’ascesa stessa: evitandoli, si rischia il fango. L’accettazione del percorso permette, invece, di rialzare la testa a partire proprio da quel fango. L’Eddie della pellicola ci lascia in sospeso: sarà stato in grado di farlo?
L’uomo, l’unico animale che non riesce ad accettare i propri limiti
L’epilogo del film, di cui non rivelo nulla, lascia effettivamente in bilico. Un contrasto che si protrae fino alla fine, una lotta all’ultima pasticca che si conclude in maniera, in un certo senso, inaspettata.
Eventi che sembrano irragionevolmente campati per aria si spiegano quasi da soli nell’incedere di quello che pian piano si trasforma in un atto d’accusa alla tracotanza dell’uomo, l’unico animale che non riesce ad accettare i propri limiti, con un richiamo lontano all’Ulisse dantesco.
Peccato che questo spunto, molto forte nella parte centrale, perda di notevole rilievo in quella conclusiva, per poi scomparire in un finale ben poco soddisfacente rispetto alle più interessanti premesse.
Il confine che si pone tra verità e menzogna è un artificio degno di un thriller paranoico. Un’opera che sa far riflettere su quanto il nostro secolo sia succube delle manie di grandezza, degli antidepressivi e della finzione intesa come puro stile di vita.
Anche perché il regista non poteva tradire il suo titolo: “Limitless” in fondo vuol dire proprio andare oltre, non avere nessun limite, neanche morale.