Nerolux, alias lo scrittore affermato e musicista sperimentale milanese Franz Krauspenhaar, è da poco uscito con un nuovo disco, Il viaggio immenso.
Lo abbiamo intervistato.
Ciao Franz, ci parli di questa nuova uscita, come nasce, cosa esprime?
E’ il mio lavoro più grosso, una specie di concept album di pezzi di 3/5 minuti sul tema del viaggio, non solo fisico ma soprattutto mentale, in totale 27 tracce divise in due dischi, Il viaggio immenso La partenza, Il viaggio immenso L’arrivo. Il viaggio torna sempre, come una specie di ossessione, ma le declinazioni sono molto varie e diverse tra loro. Il viaggio e’ qualcosa che da qualche tempo mi inquieta, come se staccassi la mia ombra da terra e fossi catapultato in un mondo altro. Anche quando racconto nello strumentale Fatima la visione dei pastorelli, tutta l’atmosfera, fatta con vari sintetizzatori, è inquietante, si sta preparando qualcosa che può essere liberatorio ma anche al suo contrario. E’ una visione laica ma non spregiativa, solo che il concept si svolge quasi tutto su atmosfere inquiete se non sinistre. E’ la musica di un uomo che non di rado ha paura.
Conosciamo abbastanza bene la tua carriera letteraria, qual è stato invece il tuo percorso musicale?
Il mio percorso musicale e’ relativamente breve. Nel 99 ho cominciato a collaborare con un musicista come paroliere, intanto mi esercitavo al piano. Sono autodidatta, nel disco suono tutte le tastiere e il piano, a parte che in due pezzi suonati dall’eccellente giovane jazzista Manuel Magrini. Suono tutte le percussioni, la drum machine, i bassi e ovviamente la voce, a parte i cori in un paio di pezzi di Francesca Tuscano. Il primo disco con Believe è uscito qualche anno fa come Atelier Vidocq e come duo col tastierista Gabriel Lecter, che per un periodo ha fatto parte dei Rockets. Al secondo disco ci siamo sciolti e ho avviato il progetto Nerolux in solitaria con tre dischi di cui due solo strumentali. Musica elettronica e di ricerca posso dire, alla ricerca di qualcosa di sempre più mio. Nel disco precedente ho anche cantato in un buon numero di pezzi, qui in molti. Amo molto sperimentare e non mi sento legato a nessun genere particolare, nel Viaggio puoi trovare del jazz, del prog, del jazz samba, la musica elettronica a tamburo battente, la canzone d’amore e quella intimista, solo piano e voce, la psichedelia.
Cosa significa per un artista come te esprimersi con la musica e la scrittura, come ti relazioni a due linguaggi tanto diversi?
Beh, sono arrivato alla musica dalla scrittura di testi, ma le due esperienze sono molto legate, ho messo a frutto la mia musicalità anche in senso letterale, ma certo la letteratura fa poi la sua strada, per me, più che altro nel contenitore romanzo, i pezzi musicali sono racconti spesso solo evocativi, in questo caso pezzi di un puzzle difficilmente assemblabili, perché io non voglio mai dare risposte, preferisco le risposte inevase, e a volte il mistero, l’insoluto che ti rode dentro.
Cosa ti aspetti da questo nuovo lavoro?
Da questo lavoro mi aspetto molto, più visibilità, è un lavoro grosso, forse impegnativo ma anche gradevole, non manca lo humour, e forse il suo limite è di essere molto vario e variabile. Comunque il primo disco è un pochino più ostico, il secondo contiene alcune vere canzoni più melodiche, anche se free from, perché non mi piace seguire il canone strofa ritornello ponte.
Chi collabora all’album?
Collaborano una sezione di fiati sax, clarinetto basso e flauto, un chitarrista jazz rock è un paio di musicisti elettronici, Lyke Wake e l’ex socio Gabriel Lecter.
Lo porterai in giro?
Sì, a partire da ottobre dovrei cominciare a portare il progetto dal vivo cominciando da Milano.
Che dire? Non rimane che ascoltarlo…Krauspenhaar è un autore che ci ha abituato a sorprenderci, per usare un ossimoro, sia grazie alle sue pagine che grazie alla sua musica. E in tempi come questi, forse un po’ fiacchi creativamente, questo disco è una boccata d’ossigeno, una folata d’aria fresca. Inquietante, destabilizzante, è musica che turba, disturba, a volte fa sorridere, a volte graffia l’anima.
Buona fortuna, Franz, e chi può non se lo perda!
Elisa Giobbi