“Impressionismo… con una dedica speciale” è il titolo del mio articolo odierno.
L’Impressionismo è da sempre la mia corrente preferita. E oggi ci tenevo a parlare di qualcosa che, per me, fosse davvero speciale. E vi spiego subito il motivo. Non molto tempo fa ho saputo che la mia professoressa di Arte del liceo, colei che mi ha aiutata a coltivare la mia passione per questa materia, è purtroppo scomparsa. Di conseguenza vorrei dedicare questo articolo a lei per ringraziarla di tutto ciò che, nel corso di quei cinque anni, è riuscita a trasmettermi.
Iniziamo subito!
La nascita dell’Impressionismo
L’Impressionismo è un movimento artistico che prese forma in Francia tra il 1860 e il 1870. Fondamentale per questa corrente fu l’affermarsi, nella seconda metà del secolo precedente, di un altro movimento artistico, il Romanticismo. Furono infatti alcune delle idee portanti del movimento romantico a influenzare le scelte degli impressionisti. Tra queste vi erano la negazione del valore di un soggetto, che, di conseguenza, toglieva alla pittura storica e a quella religiosa il primato; la riscoperta della pittura di paesaggio, questi artisti amavano infatti la pittura “en plein air” ovvero all’aria aperta; l’interesse per il colore piuttosto che per il disegno che si rivelerà decisivo per lo sviluppo della pittura moderna.
Sugli impressionisti agirono anche suggestioni esotiche. Il primo incontro di questi artisti con la cultura orientale avvenne all’Esposizione Universale di Parigi nel 1867 che accolse opere grafiche di artisti giapponesi. Tuttavia l’interesse nei confronti dell’arte giapponese esisteva già da alcuni anni. Pare infatti che nel 1861, Charles Baudelaire avesse distribuito agli amici delle stampe giapponesi che rappresentavano delle scene di vita quotidiana del Giappone contemporaneo e che fossero molto vicine al realismo che si stava diffondendo in Europa.
Altre importanti novità furono la scoperta della macchina fotografica e le Leggi sull’accostamento dei colori di Eugène Chevreul che suggeriva di accostare i colori senza mescolarli, in modo da ottenere delle superfici in movimento. Altra importante novità fu l’invenzione del tubetto di colore che consentiva agli artisti di spostarsi così da realizzare le loro opere “en plein air”. Fino a qualche tempo prima i colori si realizzavano infatti attraverso polveri di pigmento e, di conseguenza, i pittori erano costretti a restare nei loro laboratori dove l’illuminazione artificiale non consentiva di dipingere quadri abbastanza realistici.
Lo scopo primario degli impressionisti era quello di riprodurre sulla tela, la quale veniva scelta di dimensioni ridotte per poter essere trasportata con più facilità, tutto ciò che il paesaggio comunicava durante le varie ore del giorno e in particolari condizioni di luce e di clima, utilizzando una tecnica rapida che consentiva di terminare il quadro in pochissimo tempo.
La mostra inaugurale dell’Impressionismo
La prima manifestazione ufficiale dell’Impressionismo si tenne nell’aprile del 1874, nello studio del fotografo Felix Nadar. Tale mostra venne organizzata come una sorta di protesta nei confronti del Salon che le aveva rifiutate e, in generale, contro gli studi accademici.
Il nome Impressionismo venne, come spesso accade, attribuito in senso dispregiativo. I critici volevano infatti sottolineare l’apparente incompletezza delle opere. Più precisamente, questo nome prende spunto da una celebre opera di Monet, “Impression, soleil levant”.
Io ho una particolare adorazione per questo quadro e, aggiungerei, per Monet in generale. Penso di poter affermare con certezza che, dopo Van Gogh, è il mio secondo pittore preferito. Tuttavia questo quadro non fu accolto affatto bene. In seguito alla Mostra del 1874, la rivista satirica “Le Charivari” pubblicò un pezzo di Louis Leroy il quale si riferì agli artisti che avevano presentato le loro opere come a degli “impressionisti”. Nel suo articolo Leroy, fingendo di accompagnare un immaginario pittore accademico, prese di mira queste opere, deridendole senza alcun ritegno.
“Che rappresenta questo quadro? Come dice il catalogo? Impression, soleil levant. L’avrei giurato! Dicevo giusto a me stesso che ci doveva essere qualche impressione che mi aveva colpito… E che libertà; che bravura! Una carta da parati al suo stato embrionale è più rifinita di questa marina”
Gli Impressionisti più celebri
Diversi furono gli artisti che presero parte a questo movimento ma, tra i più famosi, troviamo indubbiamente Monet, Manet, Cézanne, Renoir, Pissarro e Degas.
Per quanto fossero tutti legati dal filo impressionista, ognuno di questi pittori si distinse dagli altri per qualche fondamentale caratteristica. In questo articolo non vorrei entrare troppo nei dettagli dal momento che, per le prossime uscite del blog, vorrei prendere singolarmente in esame alcuni di questi artisti. Mi limiterò a fare una breve introduzione di ognuno di loro, sperando di suscitare un poco di curiosità.
Monet
Partirei ovviamente dal mio preferito, Claude Monet, colui che rimase fedele a questo movimento fino all’ultimo. Questo pittore realizzò moltissime versioni dello stesso soggetto, in modo da studiarne i cambiamenti nel corso delle varie ore del giorno. Celebri sono le sue svariate riproduzioni della Cattedrale di Rouen e, soprattutto, delle sue meravigliose Ninfee.
Manet
Di Edouard Manet invece vi ho già parlato in molteplici occasioni. Nel 1863, quando Napoleone III inaugurò il Salon des Refusés, egli vi partecipò con la sua opera “Colazione sull’erba”.
Questa tela provocò un grande scandalo e venne addirittura giudicata immorale a causa della presenza di una donna nuda. Per tutta risposta, solo due anni dopo, Manet si ripresentò al pubblico con la sua “Olympia”, opera giudicata ancora più scandalosa della precedente.
Cézanne
Paul Cézanne tentò invece più volte di esporre le sue opere presso il Salon ufficiale ma esse vennero puntualmente rifiutate. Le cose non andarono meglio nemmeno presso il Salon des Refusés; qui espose le sue tele che, purtroppo, non riscossero alcun successo. Cézanne fu il pittore che chiuse la stagione impressionista anche se, per alcuni, la sua continua ricerca stilistica può essere considerata come una premessa per il Cubismo.
Renoir
Pierre-Auguste Renoir, insieme ad Edgar Degas, si interessò maggiormente alla figura femminile in movimento. Degas, sul quale non mi dilungo visto che vi avevo già dedicato un intero articolo, è colui che più di tutti si distanzia dal gruppo impressionista in quanto rifiutò sempre il loro principio fondamentale, la pittura “en plein air”. Renoir invece, nonostante le ristrettezze economiche, dipinse svariati capolavori che vedevano protagoniste figure umane con magnifici paesaggi a fare da cornice.
Pissarro
Camille Pissarro, invece, può essere considerato come uno degli impressionisti per eccellenza. Egli infatti si orientò verso la pittura di paesaggio “en plein air” e per lui fu fondamentale l’influenza di Claude Monet.
I successori degli Impressionisti
Il movimento impressionista venne in seguito ripreso da pittori come Seurat e Signac. Essi appartenevano, più precisamente, al movimento Puntinista che si basava sulla tecnica dell’accostare tanti piccoli puntini di colore in modo che fosse poi l’occhio umano a creare le tinte intermedie.
L’Impressionismo fu una corrente fondamentale anche per il mio amato Vincent Van Gogh. Anche lui, da solo o in compagnia dell’amico Gauguin, amava dipingere all’aria aperta analizzando i paesaggi a diverse ore del giorno. Egli tuttavia si discostò poi da tale movimento per percorrere la strada dell’Espressionismo.
I Macchiaioli
Anche i nostri Macchiaioli possono essere in qualche modo paragonati agli impressionisti. Sebbene il territorio e il contesto sociale fossero diversi, anche questi artisti, come abbiamo visto un paio di articoli fa con Fattori, amavano dipingere all’aperto. Fu Diego Martelli ad adoperarsi affinché la pittura impressionista si diffondesse in qualche modo anche in Italia e, durante uno dei suoi soggiorni parigini, conobbe Edgar Degas, il quale gli dedicò ben due ritratti.
Ebbene per oggi è tutto.
La mia dedica…
Spero che questa dedica speciale possa giungere in qualche modo alla mia professoressa. Ci ha fatto sgobbare parecchio e spesso, per quanto potevi ammazzarti sui libri, la tua preparazione poteva non soddisfarla pienamente. Ma io ricordo benissimo le sue parole… “quando sarete grandi quello che vi ho insegnato ve lo ricorderete ancora!”. Io forse non ricorderò proprio tutto alla perfezione… ma senz’altro mi porto dietro un bel bagaglio che spero continuerà ad accompagnarmi ancora a lungo.
Buon viaggio, Suor Lucia!