I suoi maestri si chiamano Hendrix, Clapton, Steve Ray Vaughan. E’ già passata una manciata d’anni da quei FiftyFive celebrati in un ottimo CD pieno di talento, di esperienza, colorato di screziature jazz e blues insieme al sax di Stefano Negri, al piano di Antonio Masoni e al basso di Maurizio Bozzi. Sono stati anni non facili, ma a sentirlo esibirsi nei Funplugged con la sua musa e compagna d’arte e di vita Laura Vicini, si sente che non sono riusciti a intaccare il talento e la fantasia di questo bluesman fiorentino che il blues lo porta sulla punta delle dita ma anche nel cuore e nello sguardo. Forse anche in questo ha emulato Clapton, che ha trovato la sua stabilità nel blues, la prima musica che ha amato e che continua a considerare come una specie di faro nella notte. “C’è un senso di accettazione nel blues”, ebbe a dire Slowhand, che ha avuto una vita piena di tragedie e stranezze. “È un grande stato d’animo, si allontana dall’isterismo, dal dramma, dalle emozioni estreme”. E allora ascoltate la sua Dudadaduda, oppure la sua Late night, e lì ritroverete quel senso di accettazione. Del resto quasi mezzo secolo di musica suonata su palchi di ogni dimensione vorranno pur dir qualcosa. C’è l’umiltà di rimettersi in gioco, a qualsiasi costo, di definirsi con orgoglio turnista, che significa aver accompagnato sui palchi alcuni tra i nomi più altisonanti d’Italia. Lunga vita al blues e a chi ne diffonde il verbo.
Paolo Amulfi, blues e sentimento
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MANCA POCO
Elisa Giobbi
Fiorentina, coltiva musica e scrittura fin dall'adolescenza. Ex editrice, è autrice di "Firenze suona", "Rock'n'roll noir", "La rete", "Eterni", "Love (& Music) Stories, "La sposa occidentale", "La morte mi fa ridere, la vita no". Presidente dell'ass. cult. "Firenze suona", organizza e dirige rassegne e contest musicali.