di Gail Honeyman
Editore: Garzanti
Pagine: 344
Genere: Narrativa Contemporanea
Prezzo: 14.00 €
Prezzo Ebook: 9.99 €
SINOSSI. Mi chiamo Eleanor Oliphant e sto bene, anzi: benissimo. Non bado agli altri. So che spesso mi fissano, sussurrano, girano la testa quando passo. Forse è perché io dico sempre quello che penso. Ma io sorrido, perché sto bene così. Ho quasi trent’anni e da nove lavoro nello stesso ufficio. In pausa pranzo faccio le parole crociate, la mia passione. Poi torno alla mia scrivania e mi prendo cura di Polly, la mia piantina: lei ha bisogno di me, e io non ho bisogno di nient’altro. Perché da sola sto bene. Solo il mercoledì mi inquieta, perché è il giorno in cui arriva la telefonata dalla prigione. Da mia madre. Dopo, quando chiudo la chiamata, mi accorgo di sfiorare la cicatrice che ho sul volto e ogni cosa mi sembra diversa. Ma non dura molto, perché io non lo permetto. E se me lo chiedete, infatti, io sto bene. Anzi, benissimo. O così credevo, fino a oggi. Perché oggi è successa una cosa nuova. Qualcuno mi ha rivolto un gesto gentile. Il primo della mia vita. E questo ha cambiato ogni cosa. D’improvviso, ho scoperto che il mondo segue delle regole che non conosco. Che gli altri non hanno le mie stesse paure, e non cercano a ogni istante di dimenticare il passato. Forse il «tutto» che credevo di avere è precisamente tutto ciò che mi manca. E forse è ora di imparare davvero a stare bene.
RECENSIONE.
Avete presente quella sensazione di vuoto che si prova alla fine di un libro? E quella successiva indecisione sulla scelta del prossimo racconto da leggere, per la paura che questo non sia all’altezza del libro appena letto?
Beh, “Eleanor Oliphant sta benissimo” fa proprio questo effetto.
Capelli lunghi, lisci, castano chiaro, che mi scendono giù fino alla vita, pelle chiara, il volto un palinsesto di fuoco. un naso troppo piccolo e occhi troppo grandi. Orecchie: niente di eccezionale. Altezza più o meno nella media. Aspiro alla medietà. Sono stata al centro di fin troppa attenzione in vita mia. Ignoratemi, non c’è nulla da vedere qui.
Eleanor è una donna di quasi trent’anni e da nove lavora nel back office di uno studio di graphic design. Sin dal primo capitolo, la protagonista ci racconta la sua routine: dal Lunedì al Venerdì alle 08.30 si presenta in ufficio, durante la sua pausa pranzo fa le parole crociate e alle 17.30 prende l’autobus per tornare a casa; ad eccezione del Venerdì, che – prima di tornare a casa – passa a prendere una pizza margherita, del Chianti e due bottiglie grandi di vodka.
Il Lunedì ci mette un bel po’ ad arrivare.
Da subito, il carattere di Eleanor risulta chiaro: è una donna sola, nessun rapporto empatico con un altro essere umano al di fuori del lavoro e tutto questo viene affrontato con cinismo, razionalità e accettazione, come se fosse normale che sia così. Come se lo “stare bene” fosse questo.
Sono sempre stata orgogliosa di cavarmela da sola nella vita, Sono l’unica sopravvissuta, sono Eleanor Oliphant. Non ho bisogno di nessun altro: non c’è una grande voragine nella mia esperienza, nel mio puzzle privato non manca alcun tassello. Sono un’entità autosufficiente. O almeno, è quello che mi sono sempre detta.
Si, perché ci sono diversi eventi che – pian piano – portano Eleanor alla presa di coscienza della sua situazione. Prima di tutto il suo innamoramento, del tutto unilaterale, con un musicista locale, Johnnie Lomond, evento che motiva Eleanor a prendersi cura di sé stessa, per essere impeccabile al loro futuro incontro.
Io non mi facevo illusioni. Per quanto riguardava l’aspetto, lui valeva dieci mentre io… Non so quanto valgo io. Di certo non dieci. Naturalmente, speravo che vedesse al di là delle apparenze , guardando un po’ più a fondo, ma, detto questo, sapevo che la sua professione richiedeva che avesse una compagna che fosse almeno presentabile. […] Avrei dovuto fare del mio meglio per essere all’altezza.
Questo processo di cambiamento però avviene sempre nella convinzione che lei non sia abbastanza, che non sia amabile; Convinzioni che vengono confermate costantemente dalla madre, che sente al telefono (ricordate questo particolare, prego) ogni mercoledì sera.
<< Sei proprio un animale sociale in questi giorni, eh, Eleanor?>> commentò lei, con voce sgradevolmente melensa. Non dissi nulla: di solito è la linea di azione più sicura. << Che ti sei messa? Scommetto che eri ridicola. Per l’amor di Dio, non dirmi che hai tentato di ballare, figlia mia..>> In qualche modo intuì la risposta dal mio silenzio teso. << Oh, cielo! Il ballo è per i belli, Eleanor. pensare a te che ti dimeni come un tricheco…>> Rise forte e a lungo. << Ah, grazie, grazie mille, tesoro! Mi hai rallegrato la serata, davvero.>> Ricominciò a ridere. <<Eleanor che balla!>>
Il secondo evento che porta Eleanor ad una presa di coscienza della sua situazione è l’incontro a lavoro con Raymond Gibbons, il tecnico dell’helpdesk. Raymond per Eleanor diventerà il punto fermo della sua storia, quasi come Virgilio per Dante (se così possiamo dire); è la prima persona che riesce ad accettarla così com’è ritenendola degna di attenzioni, degna di essere amata.
Il terzo evento, ultimo ma non meno importante è l’incontro con Sammy, un povero vecchietto che tornando a casa, sviene per strada con le buste della spesa. Eleanor è insieme a Raymond, che corre subito a soccorrerlo ed “obbliga” Eleanor a fare altrettanto. Anche Sammy è un personaggio molto importante per lei, perché le dà la possibilità di sentire e di vedere l’amore in una famiglia.
Tutto il romanzo – essendo comunque un percorso di crescita, dove ci sono anche momenti di crisi e di tristezza – è contornato da momenti molto cinici e per questo anche comici, che ti strappano un sorriso. Eleanor in questi momenti, sembra essere Sheldon di Big Bang Theory.
<< Sammy>>, mi corressi, e lui annuì.
<< Temo di dover chiarire qualche inesattezza riguardo ai fatti>>, continuai. <<Innanzitutto non le abbiamo slavato la vita. Il merito di questo va al personale dell’ambulanza, che, benchè un po’ brusco, ha fatto il necessario per stabilizzare la sua condizione mentre la portavano qui. La squadra di medici all’ospedale, compreso l’anestesista e e il chirurgo ortopedico che l’ha operata all’anca, oltre a tutti i professionisti del settore sanitario che hanno provveduto alle sue cure post-operatorie, sono loro che l’hanno salvata, posto che qualcuno l’abbia fatto. Raymond e io ci siamo solo limitati a chiamare i soccorsi e a tenerle compagnia fino a che il sistema sanitario nazionale non si è fatto carico di lei.>>
Un romanzo d’esordio, dove Gail Honeman riesce fin dalle prime pagine a coinvolgere il lettore nella vita di Eleanor, attraverso l’uso della prima persona e con una scrittura scorrevole e incalzante. Un romanzo che consiglio a tutti, perché purtroppo senza andare troppo lontano da noi, ci sono altre (e altri) Eleanor Oliphant che non vengono notati. E’ un romanzo che ci avvicina alla conoscenza della malattia mentale e ci comunica quanta importanza e quanta differenza può fare il voler bene ad una persona in difficoltà.
Lo hanno definito come il caso editoriale dell’anno, ed è proprio vero.
Buona lettura a tutti!
Rachele.
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