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Natalia Goncharova: a Palazzo Strozzi la libertà ancora fa scandalo

Natalia Goncharova: a Palazzo Strozzi la libertà ancora fa scandalo

Natalia Goncharova: a Palazzo Strozzi la libertà ancora fa scandalo

In questi giorni, Firenze rinnova e dà nuova linfa ad una lezione a cui oggi – e il demerito va in gran parte all’azione e alla narrazione politica di quasi ogni orientamento – siamo diventati impermeabili, se non proprio “idrofobi”: la contaminazione crea capolavori culturali e umani. Questo, insieme a molti altri, il pensiero che rimbalzava nella mia testa uscendo dalla mostra di Natalia Goncharova. Una donna e le avanguardie, tra Gauguin, Matisse e Picasso, a Palazzo Strozzi dal 28 settembre al 12 gennaio. Prima monografica italiana dedicata a questa artista russa del primo Novecento, l’esposizione consta di 130 opere attraverso le quali se ne può ripercorrere il percorso creativo e di vita. La mostra si avvale della curatela di Ludovica Sebregondi, ed è il risultato della collaborazione tra la Fondazione Palazzo Strozzi, la Tate Modern di Londra e l’Ateneum Art Museum di Helsinki.

Natalia e Marina

Se l’anno scorso lasciavo Palazzo Strozzi piacevolmente sconvolto dalla retrospettiva di Marina Abramović (qui un breve report), oggi mi capita di rivivere le stesse sensazioni, a conferma della prossimità delle due artiste – prossimità sia artistica che umana, nonostante il secolo di distanza – e dell’immortalità di un messaggio, di un’urgenza espressiva che a mo’ di passaggio di testimone viene accolta solo da mani capaci di attualizzarla in forme sempre nuove. In questo senso, Palazzo Strozzi fa sua la sfida di trascendere la propria funzione di spazio espositivo, configurandosi come un luogo di ricerca e riflessione fine a se stessa, prescindendo dall’appeal commerciale degli artisti. La Goncharova (Governatorato di Tula, 1881 – Parigi, 1962), è un’artista straordinariamente poliedrica: è infatti pittrice, illustratrice, grafica, ma anche scenografa e costumista (lavora con Stravinskij e Rimskij-Korsakov), oltre che attrice e ballerina (è la prima donna a ballare il tip tap in un film) e performing artist ante litteram. Come l’Abramović, vive l’arte come esperienza totalizzante, quasi religiosa, mettendosi completamente al servizio della propria ispirazione creativa. Entrambe sono all’avanguardia anche nelle rispettive vite private: Natalia è stata in un certo senso preconizzatrice della body art, circolando per le strade della “Mosca-bene” con il volto dipinto, intendendo sconvolgere il modo borghese dell’epoca, fatto – come oggi – di «quelli che benpensano».

Natalia Goncharova

È stata processata per aver esposto in Russia dipinti di nudi ed accusata di blasfemia, con il conseguente sequestro delle sue opere a tema sacro. Secondo la religione ortodossa, le donne non possono infatti dipingere icone, perché solo gli uomini sono fatti a immagine di Dio. Le sue opere continuano ad essere divisive e provocatorie anche nel nostro tempo: fa riflettere il fatto che Instagram abbia censurato il video promozionale della mostra caricato dall’account di Palazzo Strozzi perché contenente uno dei nudi.

Natalia Goncharova

La grandezza della Goncharova è però talmente prorompente che provoca un corto circuito nella società, che, obbligata a specchiarsi nelle sue contraddizioni, per quanta resistenza possa opporre, non può fare a meno di riconoscersi, legittimando Natalia come figura artistica di primo piano. Natalia è infatti la prima donna ad esporre a Mosca con una personale nel 1913, conquistando successivamente spazi nelle mostre dell’avanguardia europea a Monaco, Berlino, Parigi e Londra.

Altro fil rouge che unisce simbolicamente le vite di Marina e Natalia è il modo con cui hanno intessuto relazioni con l’altro sesso: come il rapporto tra Marina e Ulay, così anche quello di Natalia con Mikhail Larionov – anche lui artista e suo sodale dal 1901 al 1955 – travalica i confini del comune rapporto amoroso. Quello che sembra unirli è un amore assoluto, un amore totale per l’altro che si rivolge anche alle altrui produzioni artistiche, un amore che non è legame nell’accezione mistificatoria e assoggettante del termine, ma amore per la libertà dell’altro, quindi Amore.

Oriente e Occidente, Tradizione e Modernità

In apertura parlavo di contaminazioni. Ecco, passeggiando tra le opere in esposizione si rimane folgorati dai fili immaginari che scopriamo mettere in connessione mondi, tempi, ed estrazioni sociali in apparenza molto distanti. Così, è possibile apprezzare come Natalia abbia recepito le avanguardie europee con l’occhio però di una ragazza russa che ha diviso la sua giovinezza tra città e campagna: il modo in cui sostituisce l’esotismo di Gauguin innestando la propria cifra artistica di elementi iconici della tradizione popolare e religiosa (Neoprimitivismo), la rilettura critica del futurismo di Balla e Boccioni in chiave cosmopolita e quasi ecologista (Raggismo). Tutto questo dimostra quali cose straordinarie possono accadere quando le culture sono libere di circolare.

Natalia Goncharova

Info pratiche

La mostra è aperta tutti i giorni dalle 10 alle 20 (il giovedì dalle 10 alle 23). Il biglietto intero costa 13 euro, il ridotto 10; 2 biglietti al prezzo di uno per i possessori CartaFRECCIA con biglietto Le Frecce destinazione Firenze o abbonamenti regionali.

Piccola riflessione finale…

Mi piacerebbe che Palazzo Strozzi facesse da apripista tra le varie istituzioni culturali nel far conoscere al grande pubblico l’altra metà della Storia, ridando dignità a tutte quelle artiste e intellettuali assurdamente penalizzate per la loro appartenenza di genere. Da qui credo dovrebbe ripartire il femminismo, fuori dal becero chiacchierio di sottofondo che fa da basso continuo alla narrazione contemporanea.

Dovete credere di più in voi stesse, nei vostri sforzi e nei vostri diritti prima del genere umano e di Dio; credete che tutti, donne comprese, hanno un intelletto a forma e immagine di Dio.

(Natalia Goncharova)

Andate alla mostra, e fate buon viaggio.

Simone Gasparoni

Simone Gasparoni

Classe 1995, studio Filosofia all'Università di Pisa. Allievo ortodosso di Socrate, ho sempre pensato che le parole siano roba troppo seria per abusarne (lo so, lo so, detta così sembra una scusa degna del miglior cerchiobottismo, per dirla in gergo giornalistico). Romantico per vocazione, misantropo per induzione. Attualmente, in via di riconciliazione con il genere umano attraverso la musica, l'arte, la cultura. Per ora, sembrano buone vie. Oltre che all'Unipi, potete trovarmi in giro in qualche locale o teatro a strimpellare la tastiera. O, con più probabilità, a casa mia. P.S. Ecco, l'ho già fatta troppo lunga...

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