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Modigliani a Livorno: dopo 100 anni, “Dedo” torna nella sua città natale

Modigliani a Livorno: dopo 100 anni, “Dedo” torna nella sua città natale

Modigliani a Livorno: dopo 100 anni, “Dedo” torna nella sua città natale

Modigliani è tornato a Livorno. A 100 anni dalla morte (occorsa a 36 anni il 24 gennaio 1920 all’ospedale della Carità di Parigi per una meningite tubercolare), la sua città natale lo celebra con la mostra Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre, che si svolge al Museo della Città (presso i Bottini dell’Olio) fino al 16 febbraio 2020. L’esposizione, che dal 7 novembre – giorno dell’inaugurazione – ha già accolto più di 4mila persone, è curata dallo storico dell’arte francese Marc Restellini, tra i massimi esperti dell’opera dell’artista, coordinata da Sergio Risaliti e organizzata dal Comune di Livorno, dall’Istituto Restellini di Parigi, con la partecipazione della Fondazione Livorno. Di Modigliani ci sono 26 opere (14 dipinti e 12 disegni), inserite tra altri lavori (circa un centinaio) di artisti della scuola parigina, quali Chaïm Soutine, Maurice Utrillo, Suzanne Valadon, Andrè Derain, Moïse Kisling.

Modigliani e Livorno

Come tutti i rapporti che contano davvero, anche quello tra Modì ed il suo luogo natio è venato di tonalità emotive contrastanti: da una parte Modigliani sente l’urgenza di lasciare Livorno alla volta di una Parigi snodo culturale sempre più determinante nel periodo delle avanguardie e sperata madre protettrice per un figlio misconosciuto in patria, dall’altra la sua opera ne resterà sempre profondamente influenzata (vedi un certo tipo di spiritualità), così come i suoi ricordi (tanto che Modigliani farà fisicamente ritorno a Livorno, aiutato da Paul Alexandre, nel 1909 e nel 1913, e sappiamo che avrebbe voluto tornarci anche nel 1920). Oggi è commovente pensare che questo suo desiderio si sia idealmente avverato, e il merito va senza dubbio alla città di Livorno, che ha saputo riscattarsi e riguadagnare credibilità dopo la burla delle tre teste nell’anno del centenario della nascita dell’artista, che sembrava avesse segnato una rottura inconciliabile nella relazione – già in crisi – tra la città ed il suo figlio più illustre. (Per approfondire, clicca qui).

Un’opinione personale

Un paio di considerazioni preliminari: appena si arriva in Piazza del Luogo Pio (sede del Museo) l’impressione è quella di trovarsi in una città d’arte europea, e per questo un grande plauso agli organizzatori, che hanno saputo ridare dignità a quella che prima era un semplice parcheggio; inoltre, la sala dei dipinti di Modì è veramente emozionante, anche grazie alla sapiente illuminazione delle opere (colpiscono soprattutto i ritratti di Jeanne Hébuterne, l’amata dell’artista, che si suicida il giorno dopo la sua scomparsa, e Fillette en Bleu, scelta a ragione come una sorta di “nome tutelare” della mostra. Detto questo, devo essere sincero: a me l’esposizione non ha entusiasmato. Secondo me il vulnus principale è l’assenza di un percorso espositivo vero e proprio: ho avuto difficoltà a cogliere una continuità tra le tante opere esposte (cosa – c’è da dire – non facile da restituire, quando non siamo di fronte ad una personale o una retrospettiva). Sembra che le opere degli altri artisti abbiano una funzione “riempitiva”, di contorno ai lavori di Modigliani, e per questo non godano del riconoscimento che meritano. Non sono poi riuscito a cogliere l’atmosfera dell’avventura di Montparnasse (come da titolo della mostra), la vita che trasudava nei quartieri parigini di Montparnasse e Montmartre nei primi anni del ‘900, fatta di sregolatezza e dissolutezza, di tracotanza, di costante superamento delle vette dell’umano, di libertà incondizionata. Mi è mancata, per concludere, quella quota di coinvolgimento emotivo che è il motivo per cui di solito vado alle mostre: la possibilità di viaggiare, di scoprire altri mondi e altri tempi, trafugando gli altrui ricordi e facendoli miei, custodendoli gelosamente. Peccando io di tracotanza, consiglierei per una prossima volta un ingresso graduale nel percorso, magari con una sala spartiacque che faccia da cuscinetto tra le contingenze del mondo che lasciamo e quello dell’arte che ci accingiamo a conoscere, una maggiore attenzione alle tracce dell’audioguida (incrementandole, alleggerendo così i testi da leggere e creando delle tracce ad hoc per i bambini), e soprattutto un maggiore sforzo a favore dell’interattività e della multimedialità, con proiezioni e musiche di sottofondo, ormai la regola anche nei luoghi dell’arte più iconici.

Andate alla mostra!

Al netto delle critiche, il mio intento non è assolutamente quello di dissuadervi dall’andare alla mostra. Anzi, visitatela in massa, anche solo per dare a Livorno l’opportunità di replicare l’esperienza e accreditarsi come città dell’arte nazionale e internazionale. Le potenzialità ci sono, gli spazi sono belli e suggestivi. Spero non manchi la fame di cultura.

Per info (anche sugli eventi collaterali alla mostra): www.mostramodigliani.livorno.it.

Modigliani a LivornoModigliani a Livorno

Simone Gasparoni

Simone Gasparoni

Classe 1995, studio Filosofia all'Università di Pisa. Allievo ortodosso di Socrate, ho sempre pensato che le parole siano roba troppo seria per abusarne (lo so, lo so, detta così sembra una scusa degna del miglior cerchiobottismo, per dirla in gergo giornalistico). Romantico per vocazione, misantropo per induzione. Attualmente, in via di riconciliazione con il genere umano attraverso la musica, l'arte, la cultura. Per ora, sembrano buone vie. Oltre che all'Unipi, potete trovarmi in giro in qualche locale o teatro a strimpellare la tastiera. O, con più probabilità, a casa mia. P.S. Ecco, l'ho già fatta troppo lunga...

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