Material Ecology. il futuro è già qui.
Il Design all’intersezione tra tecnologia e biologia.
Chi ad oggi, epoca del Covid19, non vorrebbe essere nel suo bozzolo ed uscire a fine epidemia?
Non è detto che sia un sogno irrealizzabile… conoscete Neri Oxman?
Neri Oxman e la Material Ecology
Se non siete stati molto attenti, la conoscete solo come fidanzata di Brad Pitt, in realtà la bellissima Neri è innanzitutto un architetto designer con una cattedra di professoressa universitaria al MIT Media Lab e opere d’arte esposte al MoMa, al Centre Pompidou e in altre importanti gallerie e musei internazionali.
Dalla microscala all’edificio
“Oxman sta rubando i migliori principi di progettazione della natura e applicandoli a creazioni architettoniche.” – wired.co.uk, 19 novembre 2012
Oxman ha coniato il termine e ha aperto la strada al campo di Material Ecology che considera il calcolo, la fabbricazione e il materiale stesso come dimensioni inseparabili del design.
Partendo da materiale organico si costruiscono, attraverso processi di biologia sintetica, altri prodotti in grado di funzionare e reagire al mondo esterno in autonomia, proprio come gli esseri viventi : dagli abiti “viventi” in grado di consumare e digerire biomassa, alla sedia fonoassorbente assemblata con 44 materiali differenti, fino alle facciate di edifici che convertono il carbonio in biocarburante.
La sua visione olistica è in contrasto con quella di un mondo assemblato e “fatto di parti costituite da singoli materiali e che soddisfano funzioni prestabilite”: idea radicata nel design industriale e di cui critica gli attuali metodi di produzione di massa.
L’approccio progettuale che seguiamo ci consente di affrontare problemi diversi. Siamo giunti a una nuova era della creatività, che ci porta da un design ispirato alla natura ad una natura ispirata al progetto.
Secondo Neri Oxman dunque, più che consumare la natura come risorsa geologica, bisognerebbe “editarla, cucirla come materia biologica“.
Aguahoja: il composto organico che ci salverà dalla plastica
Per la Giornata Mondiale dell’Acqua, Neri Oxman, con il suo gruppo di ricerca The Mediated Matter ha realizzato un progetto di studio per i materiali biocompatibili in grado di decomporsi in modo programmato, proponendo un nuovo tipo di smaltimento che non alteri l’ecosistema.
Aguahoja consiste in due padiglioni al MIT Media Lab Lobby (Cambridge-Massachussetts) che raccolgono strutture e oggetti ottenuti da gusci di gamberetti e esoscheletri di insetti, stampati in 3D da un robot (costruito appositamente) e modellati dall’acqua.
Il risultato è una materia-organismo fatta di composti biopolimerici che cattura l’anidride carbonica, migliora l’impollinazione, incrementa i microrganismi del suolo e fornisce sostanze nutritive.
Cellulosa, chitosano, pectina e carbonato di calcio sono combinati in modo da comporre oggetti biodegradabili di diverse dimensioni già compiuti, senza la necessità di alcun assemblaggio.
Questo materiale può essere programmato per trasformarsi in acqua al termine del suo ciclo di vita, restituendo così tutti i suoi elementi costitutivi al loro ecosistema naturale.
Questo livello di “programmazione ambientale” potrà in futuro consentire la costruzione di strutture capaci di modificare le loro proprietà rispetto alla stagione, ma soprattutto propone un modello di fabbricazione nuovo ed efficace contro i 300 milioni di tonnellate di plastica prodotte ogni anno e riversate in mare.
Se capitate a New York dal 22 febbraio al 25 marzo 2020, andate a visitare questa avveneristica mostra al MoMA !
Il futuro è già qui.
Mary Shelley ha detto, “Siamo creature rozze, complete solo in parte.” E se il design potesse fornirci la parte mancante?
N.O.