I SOLITI ITALIANI OSSIA DALLO STALLONE ITALIANO A DON ABBONDIO.
La mia amica poetessa Laura Bertolini dalla California, dove vive, mi manda ogni tanto notizie di stereotipi sull’Italia e gli italiani perché sa che ne faccio collezione virtuale. Gli stereotipi, infatti, ci costringono a guardarci dentro e a riflettere su come ci vedono gli altri, spesso sorridiamo, qualche volta ci arrabbiamo, altre volte riflettiamo su come al mondo ci sia sempre un sud più a sud o un est più ad est e che in fondo anche noi siamo i terroni di un qualche nord.
L’ultimo stereotipo che mi ha mandato è un inserto pubblicitario, una lettera di una vera o immaginaria signora del Texas ad uno dei tanti giornalini intitolata “Man in Italy don’t Need Viagra”, l’uomo in Italia non ha bisogno del Viagra. La signora, ultracinquantenne, si lamenta del calo di desiderio del marito, finché quest’ultimo non fa un viaggio in Italia. L’uomo ritorna trasformato! Un miracolo? No, ha semplicemente incontrato una coppia di ottantenni, un Giovanni from Milan (prima che diventasse zona gialla), che gli fa capire come la qualità della vita, l’attività fisica , il cibo sano, insomma l’Italia, faccia bene alla salute e al sesso, tanto che, come dice Giovanni all’ignaro texano, anche lui può diventare “an Italian Stallion – like me” .
Insomma una perfetta “macchina” per sesso, sia pure ingentilita da un’erba miracolosa e quindi naturale che cresce, udite,udite, nelle fertili pianure del Nord, non sappiamo se fra i capannoni delle fabbrichette o gli allevamenti intensivi di porcelli da prosciutto.
Insomma la mia collezione di stereotipi si era appena arricchita con l’immagine dello stallone alle erbe padane sovraniste, quando l’arrivo del coronavirus ha rovesciato lo stereotipo, non più vita sana e erbe miracolose, ma zombies infettati e soprattutto l’immagine del pizzaiolo comparsa in un breve video su una rete televisiva francese in questi giorni. L’Italia è anche la pizza napoletana ? E la tv , con una satira degna del peggior Charlie Hebdo (il mio preferito fornitore di stereotipi), fa vedere un pizzaiolo con la faccia furbetta di certe commedie dell’arte che “scaracchia” sulla pizza, mozzarella, pomodoro, una foglia di basilico e una manciata di coronavirus attraverso densi umori nasali.
Addio stallone delle incontaminate praterie padane trasformate in zone rosse off limits, siamo ritornati al furbetto meridionale di cui è meglio non fidarsi, potenzialmente mafioso per comodo e convenienza. Sicuramente non era mai scomparso e si nascondeva in qualche paesello sconosciuto.
E allora chi ci resta?Ma si, lo stereotipo degli stereotipi inventato da Lisander Manzoni. Si, proprio lui, il mitico don Abbondio, quello che ha fatto la storia degli italiani (non a caso fu anche interpretato da Alberto Sordi) che sopravvive a tutto e a tutti, è resiliente, galleggia sulla storia del mondo.
Pensateci un attimo: all’inizio del romanzo sembra perduto, con i bravi/mafiosi minacciosi, ma poi si rialza, sopravvive a giovani impulsivi che vogliono cambiare il mondo, potenti mafiosi, santi uomini “buonisti” che non sanno come va il mondo e che l’innominato resterà sempre innominabile (hai voglia a parlare di conversioni!), lanzichenecchi, riesce a seppellire i buoni (pace all’anima loro!) , sopravvive al coronavirus, pardon, alla peste bubbonica. E infine è proprio lui a chiudere la storia sposando i nostri due eroi, l’ha avuta vinta lui. Altro che San Francesco, che a modo suo era un “radicale” , il patrono d’Italia dovrebbe essere questo prete di provincia che mette d’accordo tutti gli stereotipi, dall’Italian Stallion al pizzaiolo scaracchiatore, perché sa che la vita continua sotto il solito sole indifferente.
P.S. Non chiedetemi il nome dell’ erba padana, non ve lo dirò mai. .