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Curare con gli animali la Pet therapy

curare con gli animali

Curare con gli animali la Pet therapy

La pet-therapy nasce negli anni 50 negli Stati Uniti attraverso un famoso psicoterapeuta di nome Boris Levinson. Rappresenta la concreta possibilità di utilizzo dell’animale domestico a scopi terapeutici. Quest’ultimo viene investito delle funzioni di co-terapeuta allo scopo di migliorare la qualità della vita dell’essere umano, attraverso una “relazione significativa” che assume una valenza del tutto positiva. L’utilità di questo nuovo approccio terapeutico sta nel legame che si viene a stabilire con l’animale d’affezione che non giudica, non critica, ma ama incondizionatamente.

La Dott.ssa Cavallina sostiene che “la presenza stabile dell’animale per il paziente può restituire un senso di sicurezza e di contenimento emotivo utile per la formazione dell’alleanza terapeutica inizialmente e in seguito per il sostegno nell’esplorazione delle aree più fragili del sé. Nella relazione con un animale si scoprono anche i vissuti legati all’accudimento e quindi si stimola la capacità di comprendere le esigenze dell’altro e l’empatia. Donare calore all’altro può restituire un senso positivo di sé e abbassare il vissuto di stati ansiosi e depressivi.

Con i pazienti più piccoli s’innesca spesso un meccanismo di identificazione con l’animale che permette al bambino di parlare di alcuni vissuti attraverso la figura del cane, utilizzando anche delle favole. Questo meccanismo è di enorme importanza in quanto in alcuni casi per il bambino è importante riuscire a mettere in campo il proprio vissuto e a simbolizzarlo. 

Più in generale, la fisicità caratterizzante la relazione con un animale riporta a una dimensione fondamentale del rapporto, quella del contatto e del calore a partire dal corpo che ha un linguaggio unico per ogni specie animale, ma che nella cerchia dei mammiferi ha degli aspetti comuni tra tutti gli esemplari. La possibilità di stare con un mammifero di un’altra specie spinge a riscoprire il linguaggio non verbale e quindi a stare in contatto con le proprie emozioni. La possibilità di stare con l’altro senza l’utilizzo del linguaggio verbale può avere un potenziale enorme slegando il soggetto da sovrastrutture legate alla parola in grado di innescare velocemente stati difensivi”.

 

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