Raffaello è l’artista che ho scelto per l’articolo di oggi.
Confesso che volevo scrivere un pezzo su questo straordinario pittore rinascimentale da molto tempo, ma mi serviva la giusta concentrazione. Quest’anno ricorre anche l’anniversario della sua scomparsa. Sono infatti trascorsi cinquecento anni dalla sua morte e, presso le Scuderie del Quirinale, è possibile visitare una mostra a lui dedicata. Inutile dirvi che vorrei assolutamente andarci!
Per il momento mi limiterò a raccontarvi qualcosa della sua breve ma intensa vita.
“Autoritratto”
L’inizio di Raffaello presso la bottega di Perugino
Raffaello nacque a Urbino nel 1483 dal pittore Giovanni di Sante di Pietro, cognome che l’artista modificò poi in Sanzio. Giovanni si accorse ben presto del talento del figlio e, dopo avergli fornito le prime basi, lo portò nella prestigiosa bottega di Perugino.
Osservando il confronto tra due celebri opere di Perugino e Raffaello, “Lo sposalizio della Vergine” emerge come l’allievo accolse fin da subito le caratteristiche del suo maestro:
Perugino Raffaello
Perugino dipinse questa tavola a oltre cinquant’anni mentre Raffaello ne aveva solo ventuno. Nel momento in cui gli venne commissionata tale opera, decise di rendere omaggio al suo maestro ripetendo l’esatto schema del dipinto precedente, mantenendo i personaggi in primo piano e il tempio sullo sfondo.
Raffaello, tra il 1504 e il 1508, si recò a Firenze. Con i suoi modi eleganti e gentili e con il suo talento, iniziò una folgorante carriera. Nello stesso periodo anche Leonardo e Michelangelo si trovavano a Firenze. Raffaello ebbe modo di studiare e analizzare l’operato dei due sommi maestri ricavandone ciò che riteneva importante e rielaborando il tutto in uno stile personale.
“Madonna del Cardellino”
L’arrivo di Raffaello a Roma
A soli venticinque anni Raffaello venne chiamato a Roma da Giulio II. Il Papa non tollerava di vivere nelle stanze dell’appartamento Borgia che gli ricordavano la pessima condotta del suo predecessore e decise di ristrutturare gli ambienti del Vaticano.
Per questo lavoro vennero chiamati i pittori più famosi dell’epoca. Nel momento in cui Giulio II vide però il primo lavoro di Raffaello, decise di licenziare tutti gli altri artisti. Al giovane Sanzio, insieme ad una schiera di collaboratori, rimase l’intera responsabilità della decorazione delle varie stanze.
Raffaello iniziò il suo operato partendo dalla Stanza della Segnatura ovvero la biblioteca privata del Papa. Sul soffitto l’artista completò il lavoro dei suoi predecessori mentre sulle pareti, tra il 1509 e il 1511, realizzò “La Disputa del Sacramento”, “La Scuola di Atene” e “Il Parnaso”.
“La disputa del sacramento”
Mentre si stavano concludendo i lavori nella Stanza della Segnatura, Raffaello iniziò a progettare la decorazione di un’altra stanza, quella destinata alle udienze, che verrà poi denominata “di Eliodoro” riprendendo il nome dal soggetto di uno degli affreschi.
La differenza tra la Stanza della Segnatura e la Stanza di Eliodoro è molto marcata. Nella prima sono infatti rappresentate le immagini di un pensiero umanistico che cerca di mettere in accordo il mondo antico con il pensiero cristiano. Nella seconda Stanza, invece, si vuole esaltare Giulio II attraverso analogie bibliche e storiche.
“La Cacciata di Eliodoro dal Tempio”
Oltre alla diversità dei temi vi è inoltre un mutamento nello stile di Raffaello che avvenne dopo che l’artista visionò gli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina. Come si può notare ne “La Cacciata di Eliodoro dal Tempio”, le armoniose architetture delle opere precedenti sono qui sostituiti con strutture profonde e cupe e anche le espressioni dei personaggi sono sconvolte e ansiose. In questo affresco, infatti, l’intento di Raffaello era quello di trovare un linguaggio più adatto a descrivere il difficile momento che Giulio II (raffigurato all’estremità sinistra) stava vivendo per difendere lo Stato della Chiesa. Per la Stanza di Eliodoro, Raffaello realizzò altri affreschi ovvero “Attila e Leone Magno”, “Il Miracolo di Bolsena” e “La Liberazione di San Pietro dal carcere”.
Quando, nel 1513, Leone X divenne il nuovo Papa, chiese a Raffaello di continuare la sua opera in Vaticano. L’artista si dedicò così alla decorazione della terza Stanza, destinata ai pranzi di cerimonia. Tra il 1514 e il 1517, Raffaello realizzò l’affresco con “L’Incendio di Borgo” che dava il nome ad un’altra Stanza. In tale ambiente, Leone X desiderava che fossero rappresentati episodi del regno di Leone III e di Leone IV, richiamando degli avvenimenti del suo papato.
“La predica di San Paolo”
Sempre per Leone X, Raffaello realizzò dei cartoni per dieci arazzi che dovevano decorare la parte bassa della Cappella Sistina. Questa si rivelò un’impresa piuttosto complicata dal momento che i cartoni sarebbero stati tradotti in tessuto con conseguente alterazione dei colori e l’indurimento delle forme. Vi erano inoltre altre problematiche legate alla realizzazione dei personaggi e delle varie composizioni ma Raffaello prestò attenzione ad ogni minimo dettaglio e, una volta completati i cartoni, essi vennero inviati a Bruxelles presso la bottega dell’arazziere Pieter van Aelst. Giunsero a Roma in più volte ma vennero esposti tutti insieme nella Cappella Sistina il giorno di Santo Stefano del 1519 come il degno completamento di uno dei monumenti più preziosi.
Raffaello divenne uno degli artisti più richiesti. Questo era dovuto non solo al suo indiscutibile talento ma anche, come dicevo prima, ai suoi modi molto garbati che lo rendevano ben più accessibile rispetto al tormentato e aspro Michelangelo.
Quando Raffaello realizzò l’affresco “Il Trionfo di Galatea”,
l’opera riscosse il solito successo ma suscitò un grande interrogativo nel letterato Baldassar Castiglione: dove aveva trovato una modella così bella per la figura di Galatea? L’artista rispose che nessuna fanciulla aveva posato per lui e che di bellezze simili non se ne vedevano. Egli aveva messo insieme i tratti di più donne per dar vita a qualcosa di assolutamente perfetto. Castiglione rimase affascinato e costruì con Raffaello un rapporto di amicizia e stima reciproca.
La Trasfigurazione e la morte prematura
L’ultima tavola che Raffaello realizzò prima della sua prematura morte fu “La Trasfigurazione”, opera che, nella parte in basso, venne completata dai suoi allievi.
Questo incarico gli venne assegnato dal cardinale Giulio de’ Medici nel 1517 per la Cattedrale di Narbona. Nello stesso periodo, sempre per la stessa Chiesa, il cardinale aveva chiesto a Sebastiano del Piombo di realizzare una “Resurrezione di Lazzaro”. Doveva essere una specie di gara tra i due artisti dalla quale il prelato si aspettava delle opere bellissime. Non rimase infatti deluso e la celebrata “Trasfigurazione” non solo fu molto ammirata ma divenne oggetto di immenso compianto in quanto ultima opera di Sanzio.
Raffaello si spense il 6 aprile 1520 a soli trentasette anni. Sembra che la morte sopraggiunse dopo quindici giorni di malattia, iniziata con una febbre continua e acuta causata, secondo il biografo Vasari, da “eccessi amorosi” e curata invano con svariati salassi. Lo piansero tutti, dalla corte papale, agli umanisti, ai signori. L’artista lasciò una grande impresa e beni di grande valore. Fu sepolto nel Pantheon e il suo epitaffio può essere così tradotto:
Qui giace Raffaello. Madre Natura temette, finché egli visse di essere da lui vinta, e quando si spense, di morire con lui.
A chi fosse interessato lascio il link al sito ufficiale delle Scuderie del Quirinale:
https://www.scuderiequirinale.it/
qui troverete tutte le informazioni per visitare la mostra in totale sicurezza e tutti gli orari. Avete tempo fino al 30 agosto 2020.