Italia ’90 ed altri Mondiali – seconda parte
Nel precedente articolo di “ù”, partendo dal trentennale di Italia ’90 che ricorre in questo periodo, avevo cominciato a raccontare le mie esperienze, naturalmente in sintesi, con i Mondiali di calcio.
Riparto da Germania 2006.
Beh, credo proprio che ve lo ricordiate, giusto?
Per me fu un Mondiale indimenticabile, per molti motivi.
Vado per ordine.
Nel 2003 era arrivata Sky, la mia famiglia si era abbonata, anche all’offerta calcio. Ciò voleva dire che ogni weekend vedevo la Serie A e la Serie B.
Che conseguenze poteva avere questo? Che ogni weekend a casa mia c’erano i miei amici, a guardare soprattutto il Milan e la Juventus. L’affluenza massima si raggiunse il 13 dicembre 2005, per Inter-Milan 3-2: eravamo più di 20. Praticamente avevo trasformato il mio salotto in un luogo d’aggregazione del weekend ed era molto bello.
Il Mondiale, dunque, capitava all’apice di questo percorso. Fra l’altro a livello tv furono acquistati, per la prima volta, in esclusiva proprio da Sky.
Avevo già quindi in mente grandi ritrovi, per le partite dell’Italia e non solo. Inoltre era periodo d’esame di maturità, con tutto il carico d’ansie e d’attesa.
Il 12 giugno ci fu il debutto azzurro contro il Ghana, vittoria per 2-0. A casa mia eravamo più di 10, andammo a festeggiare a fine partita ma per strada non c’era nessuno. Poi… poi accade che in settimana mi comunicarono che sarei arrivato all’esame con solo 8 crediti su 20 (praticamente la maturità era composta così: massimo voto dell’orale 35, dello scritto 45, più un massimo di 20 crediti). Ecco, quindi ero assolutamente disperato, temendo di bocciare.
Immaginatevi il mio umore per Italia-Usa di sabato 17 giugno. Comunque venne sempre un buon numero di miei amici, alla fine chiedevo a tutti “oh ma secondo voi posso essere promosso, vero?” e loro “Certo, come no”, semplicemente per affetto ma non ne erano nemmeno molto convinti pure loro. Ah, la partita finì 1-1, giocammo in dieci per l’espulsione di De Rossi, tutto sembrava più difficile, tutto era rimandato all’ultima partita, contro la Repubblica Ceca, del 22 giugno.
Il 22 giugno era la data anche della seconda prova (Fisica, per la precisione). Di solito la terza prova era il lunedì, ma questa volta no perché il lunedì era giorno di Referendum; allora fu anticipata al venerdì. Non guardai quindi la partita, perché dovevo studiare per il compito, che poi vabbè, ero abbastanza scoraggiato in quanto le materie d’esame erano Chimica, Inglese, Matematica e Scienze: solo ad Inglese me la cavavo, per il resto profondo buio.
L’Italia vinse 2-0, vinse il girone e si qualificò agli Ottavi di finale. Ne fui ovviamente contento, ma avevo la testa da altre parti.
L’Ottavo di finale si giocò lunedì 26, contro l’Australia, alle 18. Una bella giornata: la parte che avevo votato al Referendum vinse, per la Maturità ero “un po’ più tranquillo” (o illuso?) e la Nazionale vinse 1-0 una gara soffertissima, gol di Totti su rigore al 94°. Andammo a festeggiare e questa volta c’era più gente.
Si va ai quarti, venerdì 30, contro l’Ucraina. Fiducia fiducia fiducia, infatti vinciamo 3-0, grande gioia, siamo nelle prime quattro, forza andiamo a festeggiare, la gente fuori aumenta, trovo per strada il mio Professore di ripetizione (Matematica) che mi dice “Bagnoli ma che ci fai? Hai l’esame fra pochi giorni!”. Già, l’orale della Maturità.
Ero convocato per lunedì 3 luglio, ore 10,30; secondo giorno nel calendario. Gli orali infatti iniziarono sabato 1, naturalmente andai a vederli come spettatore e dal pomeriggio fino al lunedì mattina entrai in una sorta di sospensione, una tensione crescente clamorosa.
L’orale andò bene, molto bene. Ovviamente con la mia ansia avevo comunque paura di bocciare, ma sembrava ce l’avessi fatta. E ce la feci.
Dunque adesso l’unico pensiero era Germania-Italia, la semifinale. Una quindicina di persone a casa mia, caldo, molto caldo. Zero a zero nel primo tempo, nel secondo, nel primo tempo supplementare, al 13° minuto del secondo tempo supplementare. “La cinica lotteria dei rigori” (cit.) si stava avvicinando e chissà cosa sarebbe successo.
Grosso, gol. Uno a zero. Impazzisco, impazziamo. Salto come se fossi un canguro, abbraccio i miei amici, che chiaramente esultano anche loro. Dopo meno di due minuti Del Piero raddoppia, è finita, due a zero, andiamo in finale, aiuto. Ed allora per strada c’è la bolgia, è fantastico (a parte qualche eccesso di qualcuno un po’ esaltato).
Siamo in finale. È la priorità di quei giorni. Io ed un mio caro amico diamo il merito di tutte quelle vittorie anche alla maglietta fucsia bellissima che indosso per ogni partita ed al lettino da spiaggia decadente (il lettino, non la spiaggia) su cui si siede lui.
E finalmente arrivarono le 20 di domenica 9 luglio 2006: la finale. Ci trovammo prima a casa mia perché cenammo insieme (pizza, focaccia). C’erano anche due new entry, due miei cari amici che vennero per la prima volta da me proprio per la finale. Indossavo come al solito la maglietta fucsia (che diventò “la maglia del mondiale”) ed il mio amico si sedette sul lettino decadente che, minuto dopo minuto, scricchiolava sempre più.
L’inizio fu questo: gol della Francia su rigore, per la prima volta andiamo in svantaggio, il lettino rischia di franare a terra: l’effetto comico sarebbe stato esilarante ma forse un po’ troppo cinico, allora convincemmo il mio amico a cambiare sedia (lui era ostinato a rimanere lì). Non so se è stato questo anche perché non ricordo se accadde prima o dopo, però 1-1 di Materazzi ed allora si rimane così. Secondo tempo e tempi supplementari di sofferenza, questa volta si va a rigori. Finale dei Mondiali che si decide ai rigori: è la seconda volta e c’è sempre l’Italia. Nel 1994 perdemmo, vediamo questa volta. Io però (come per il rigore di Totti con l’Australia) non resisto e non li guardo, vado fuori.
Parte l’Italia con Pirlo: gol, sento esultare tutti i vicini. Perché invece in casa no? Semplice: perché intorno guardano la Rai, noi Sky, c’è ritardo di segnale, quindi il gol arriva prima agli altri. Cammino nervosamente in giardino, dipendente dalle reazioni che sento. Noi segniamo, Trezeguet sbaglia, noi segniamo ancora, ancora, ancora. Anche i francesi segnano, però abbiamo il rigore decisivo con Grosso. Fabio Grosso. Mi muovo come una trottola, l’attesa è interminabile.
Gol, sento i vicini urlare. Gol, abbiamo vinto, siamo Campioni del Mondo.
Corro per tornare in casa, dove Grosso deve ancora tirare.
Gol anche nel mio televisore, una mia amica piange, la consolo dicendo che magari perderemo la prossima volta (la mia proverbiale simpatia) e da lì è il delirio.
Scendiamo a festeggiare, c’è tutta la gente fuori, saremo decine di migliaia, l’unica cosa che mi ricordo nitidamente è la sete (avrò bevuto 118591 bottiglie d’acqua) e quando saluto per strada (conosciuti e sconosciuti).
Campioni del Mondo, sembrava una Festa che non finiva mai. Invece già il giorno dopo l’argomento sembrava chiuso. Peccato, o forse giusto così.
I Mondiali 2010 si svolsero in Sudafrica, non eravamo favoriti ma potevamo dire la nostra.
Invece usciamo ai gironi con due pareggi (Paraguay, Nuova Zelanda) ed una sconfitta (Slovacchia). Umiliazione. Per Slovacchia-Italia ricordo una bolgia nel mio salotto, tutti col fiato sospeso e poi niente, eliminati. Che tristezza.
Così come fu una profonda tristezza il Mondiale del 2014, in Brasile. La partenza fu Inghilterra-Italia 1-2, a mezzanotte. Poi due partite alle 18, due sconfitte (Costarica ed Uruguay), praticamente li vidi con uno-due amici, stop, fine. Le altre partite del torneo viste da solo, a parte la finale.
E, dulcis in fundo, il Mondiale del 2018 dove manco ci qualificammo.
Ed ora?
Ed ora chissà, andiamo per gradi. Il prossimo Mondiale ci sarà nel novembre-dicembre 2022, intanto arriviamoci, qualifichiamoci e poi boh.
Devo assolutamente ritrovare (o ricomprare) la maglietta fucsia del 2006.
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