Salvador Dalì sarà il protagonista del mio articolo di oggi.
E’ veramente tantissimo tempo che voglio scrivere un pezzo su questo artista. Ho rimandato un sacco di volte perché, come mi è spesso capitato in passato, mi serviva la giusta concentrazione per dedicare a questo personaggio il tributo che meritava.
Dalì, oltre ad essere stato un grande pittore, è stato anche un uomo dalla personalità eccentrica. Col suo carattere forte e talvolta presuntuoso ha saputo conquistare praticamente chiunque.
La giovinezza
Salvador Dalì nacque l’11 maggio 1904 a Figueres, Catalogna, da una benestante famiglia borghese. Il padre fu avvocato e notaio, oltre che un uomo affetto da una forte rigidità nell’applicazione della disciplina. A tenere a freno questa sua caratteristica fu la moglie Filipa, la quale incoraggiò sempre le aspirazioni artistiche del figlio.
A soli cinque anni, Salvador venne condotto dai genitori sulla tomba del fratello. Quest’ultimo era nato nel 1901 ed era morto di meningite nove mesi prima della nascita del futuro artista. I genitori fecero credere a Salvador di essere la reincarnazione del fratellino (del quale portava anche lo stesso nome) e il piccolo se ne convinse a tal punto da portarlo ad una sorta di follia ed alcune notti si ritrovava sulla sua tomba a pregare per ore.
Dalì aveva anche una sorella, Ana Maria, la quale gli dedicherà un libro nel 1949 dal titolo “Dalì visto da sua sorella”.
Salvador iniziò a frequentare una scuola d’arte e, nel 1919, si tenne la sua prima esposizione pubblica al Teatro Municipale di Figueres.
Nel febbraio del 1921 la madre di Dalì morì a causa di un tumore. Questo fu per l’artista un evento drammatico in quanto nutriva nei confronti della donna un amore profondo. Suo padre si risposò poco tempo dopo con la sorella della moglie defunta ma Salvador non si risentì di questo fatto dal momento che amava e rispettava molto anche la zia.
Nel 1923 Dalì fu accusato di aver organizzato una protesta all’Academia di San Fernando. Questo episodio comportò la sua espulsione per un anno mentre, nel 1924, fu arrestato. Tale avvenimento lo portò a dipingere “Il bambino malato”.
Salvador Dalì tra Madrid e Parigi
Salvador si recò, nel 1922, a Madrid per studiare all’Accademia di Belle Arti. Egli, con i suoi modi da dandy, le sue lunghe basette e l’abbigliamento stravagante, iniziò ben presto ad attirare su di sé un certo interesse. Tuttavia non era solo il suo stile a conquistare: Dalì si guadagnò l’interesse dei suoi compagni di corso anche grazie ai suoi dipinti, i quali si avvicinavano molto alla corrente cubista. Ad influenzare la sua arte c’era anche il Dadaismo, movimento al quale fece riferimento per tutta la sua vita.
E’ in questo periodo che Dalì strinse amicizia con Pepín Bello, Luis Buñel e, soprattutto, con Federico Garcia Lorca, del quale dovette respingere i suoi approcci erotici.
Nel 1926 Salvador, poco tempo prima di sostenere gli esami, venne espulso dall’Accademia poiché aveva affermato che nessuno all’interno dell’istituto era in grado di esaminare uno come lui. Lo stesso anno l’artista ebbe modo di visitare Parigi e di conoscere un altro grandissimo artista che lui stesso ammirava molto: Pablo Picasso.
L’arte di Dalì si rifaceva molto a quella di Picasso e di Mirò ma anche a quella di Raffaello, di Vermeer e di Velàzquez. Le sue opere attrassero molto l’attenzione ma il pubblico era diviso tra chi restava entusiasta di fronte alle sue tele e chi invece restava perplesso.
Salvador, ispirandosi proprio a Velàzquez, decise di farsi crescere dei vistosi baffi che diventeranno poi il suo tratto inconfondibile e caratteristico.
L’incontro con Gala
Nel 1929 Dalì collaborò con l’amico, nonché regista surrealista, Luis Buñel. Insieme realizzarono un cortometraggio dal titolo ‘Un chien andalou’. Nell’agosto dello stesso anno, Salvador conobbe la sua futura moglie, Gala (il cui vero nome era Elena Ivanovna Diakonova), che divenne la sua musa ispiratrice. La donna era un’espatriata russa di ben undici anni più vecchia di lui. Sempre in questo anno l’artista realizzò le sue più importanti mostre e si unì ufficialmente al gruppo surrealista il quale lo apprezzava molto per il suo talento e per il suo metodo di analisi del subconscio.
Nel frattempo i rapporti tra Salvador e il padre iniziarono ad incrinarsi. L’uomo non vedeva di buon occhio la storia tra suo figlio e Gala ed, inoltre, mal tollerava la sua vicinanza ai surrealisti i quali, secondo lui, avevano un pessimo effetto sul suo senso morale. La rottura definitiva avvenne nel momento in cui Dalì espose un disegno del “Sacro Cuore di Gesù Cristo” con una scritta provocatoria. Suo padre pretese che Salvador smentisse pubblicamente ma quest’ultimo, probabilmente per timore che il gruppo surrealista lo allontanasse, si rifiutò.
Dopo essere stato diseredato dal padre, Dalì affittò con Gala un piccolo capanno di pescatori che in seguito acquisto trasformandolo lentamente nella sua villa al mare.
La persistenza della memoria
Nel 1931 Salvador dipinse uno dei suoi più celebri quadri, “La persistenza della memoria”.
In questa tela sono rappresentati alcuni orologi sul punto di sciogliersi e questi rappresentano appunto la memoria che, invecchiando, perde forza e resistenza. Questa idea è sostenuta anche dal paesaggio dai confini indefiniti e da un altro orologio che viene divorato dagli insetti. Si dice che l’idea degli “orologi molli” sia venuta a Salvador durante una giornata calda vedendo un pezzo di formaggio Camembert che si scioglieva. Inoltre la tela fa riferimento anche alla teoria di Einstein che il tempo è relativo e non qualcosa di fisso.
Dalì fu presentato negli Stati Uniti dove la sua esposizione, comprendente anche “La persistenza della memoria”, venne ben accolta. Durante il soggiorno newyorkese, Salvador e Gala parteciparono anche ad una festa in maschera organizzata in loro onore. L’artista e la moglie si travestirono come il figlioletto di Lindbergh e il suo rapitore suscitando, ovviamente, un grandissimo scandalo. Dalì fu costretto a chiedere perdono ma i surrealisti lo rimproverarono d’essersi scusato per un gesto tipicamente surrealista.
Il fenomeno Hitler
La maggior parte dei surrealisti tendeva ad assumere posizioni di sinistra mentre Dalì si mantenne sempre ambiguo sui suoi gusti politici. Questo portò André Breton, capofila del Surrealismo, ad accusarlo di diffondere il “fenomeno Hitler”, al quale Salvador aveva dedicato anche tre dipinti. L’artista, sebbene affermasse di non essere affatto un seguace di Hitler, si rifiutò di condannare il fascismo in quanto, a suo avviso, il Surrealismo poteva tranquillamente esistere anche in un contesto apolitico. Tuttavia questo suo modo di pensare lo portò ad avere problemi con i suoi colleghi e, nel 1934, venne sottoposto ad una sorta di processo dopo il quale venne espulso dal gruppo surrealista.
“Il Surrealismo sono io”
S. Dalì
Nel 1936 Dalì partecipò ad una esposizione internazionale surrealista a Londra e si presentò alla sua conferenza vestito da palombaro. Rimasto senza fiato fu costretto a togliersi il casco dichiarando che si era presentato in quel modo perché voleva mostrare che si stava ‘immergendo a fondo’ nella mente umana.
In questo periodo il principale mecenate di Salvador fu il ricco Edward James, il quale lo aiutò ad emergere nel mondo dell’arte acquistando molte sue opere e finanziandolo per ben due anni. Fu probabilmente a causa di questo che, in seguito, André Breton coniò per Dalì il soprannome “Avida Dollars”, anagramma di ‘Salvador Dalì’ e che può essere tradotto come ‘bramoso di dollari’.
Dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Dalì e Gala si trasferirono negli Stati Uniti dove vissero per otto anni.
Gli ultimi anni
Intorno al 1951 Dalì tornò a vivere nella sua Catalogna. La scelta di tornare a vivere in Spagna mentre questa era ancora sotto il controllo di Franco attirò non poche critiche da parte dei progressisti e di svariati altri artisti.
Nel 1954 fu ospite a Roma dove organizzò uno spettacolo che si concluse con un ricevimento a Palazzo Pallavicini e dove pronunciò un discorso in latino per inaugurare una sua mostra con illustrazione della Divina Commedia.
Nel 1980 la salute di Dalì ricevette un duro colpo: la moglie Gala, colpita da una lieve forma di demenza senile, gli somministrò per sbaglio un pericoloso cocktail di medicinali non prescritti e danneggiandogli così, in modo irreparabile, il sistema nervoso. A soli 76 anni Dalì si ritrovò con la mano destra tremante e con dei sintomi simili a quelli del Parkinson.
Gala morì nel giugno dei 1982 facendo perdere a Dalì tutta la sua voglia di vivere. Pare che Salvador cercò più volte di suicidarsi fino a quando i suoi amici non ritennero fosse opportuno fargli trascorrere gli ultimi anni a Figueres.
Nel novembre 1988 Dalì fu ricoverato in ospedale per un attacco di cuore e il 5 dicembre ricevette la visita di Re Juan Carlos che gli rivelò di essere sempre stato un suo grande ammiratore. il Re, pochi anni prima, lo aveva nominato ‘Marchese di Pubol’ e Dalì, per ringraziarlo, gli fece omaggio del suo ultimo disegno durante la visita del sovrano sul suo letto di morte.
Salvador Dalì morì il 23 gennaio 1989, a 84 anni, a causa di un altro attacco di cuore. Fu sepolto a Figueres.