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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

Il Tour de France con i biscotti

Il Tour de France con i biscotti

Il Tour de France con i biscotti non è una ricetta pasticciera, o un tipo di tè francese.

Il Tour de France è quello che presumibilmente avete già inteso: ovvero la grande corsa ciclistica a tappe che si svolge durante il mese di luglio.

Però, ovviamente, l’edizione di quest’anno è slittata per la pandemia. Doveva svolgersi dal 27 giugno al 19 luglio, invece ci sarà dal 29 agosto al 20 settembre.

Scoprii il ciclismo quando avevo 7 anni. Ad appassionarmi fu la sigla della Rai prima delle gare:

Meravigliosa, era Pavarotti che cantava “Nessun dorma” e c’era un ciclista che scattava e correva all’impazzata.

Poi venne il Giro d’Italia del 1994, che guardavo di pomeriggio dopo aver fatto la lezione (ero in Seconda Elementare). Iniziai a tifare per Gianni Bugno, fantastico, rivedere le sue vittorie mi dà ancora emozione, come questa: terza tappa, Osimo-Loreto, vittoria in solitaria.

 

In quel Giro mi appassionai davvero molto, fra l’altro Marco Pantani iniziò ad avere successo proprio in quell’edizione. E se mi ricordo bene una tappa passò anche da Rosignano Marittimo, e con Babbo andammo a vedere i corridori transitare. Non mi ricordo di aver visto Bugno, ho impressa nella mente però la paura di far cadere qualcuno, magari avvicinandomi un po’ troppo.

Quell’estate si prospettava magica per chi era, anche se a 8 anni, appassionato di sport. Per me però non cominciò ottimamente, visto che mi ammalai di “orecchioni” (parotite) proprio il giorno in cui iniziarono i Mondiali di calcio. Però dopo sette giorni ero già in piedi, meglio così. Il Tour de France partì il 2 luglio ed io iniziai un “rituale” che diventò poi abitudinario ma sempre libidinoso: andavo a casa dei miei Nonni paterni, a 100 metri da casa mia; mi mettevo sul divano e guardavo la corsa, sulla Rai o su TMC. Fino a qui tutto normale, salvo che scoprii I RINGO.

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Esatto, loro. Cioè, da quell’estate mai più senza.

Iniziai, quindi, la combo Tour-Ringo, e diventò ormai tappa fissa non solo dell’estate 1994, ma anche 1995, 1996…

Poi naturalmente i Ringo cominciai a mangiarli indipendentemente dal Tour de France.

D’altra parte purtroppo a causa di molte allergie alimentari non sono molti i biscotti che posso mangiare, se ne scopro uno che non solo posso mangiare ma mi piace pure, devo approfittarne!

I miei amici lo sanno, quando facciamo le cene in casa, al momento del dolce, mi offrono i Ringo alla vaniglia (vaniglia eh, mi raccomando: quelli con il cioccolato nel mezzo non posso mangiarli, c’è la nocciola).

Ed il ciclismo mi affascinava sempre di più. Iniziai a (farmi) comprare “BiciSport”, la rivista specializzata per gli appassionati. Ormai ero diventato un esperto, quasi come del calcio. Vabbè, mettiamo “esperto” fra virgolette, è meglio.

Tutti le grandi classiche (dalla Milano-Sanremo al Giro delle Fiandre, passando per la Liegi-Bastogne-Liegi per arrivare fino al Giro della Lombardia) dovevo assolutamente seguirle, conoscevo tutti i ciclisti. E poi ovviamente il Giro d’Italia, il Tour de France ed il Mondiale, che vivevo come se fosse un evento che mi riguardasse direttamente.

Nel 1998 assistetti con emozione e sincero (e notevole) tifo ai trionfi di Marco Pantani: prima al Giro d’Italia, e poi soprattutto al Tour de France. Mi ricordo che attaccai in camera mia le prime pagine dei giornali sportivi, per esempio dopo la vittoria al Giro, dopo il leggendario successo sul Galibier e il giorno dopo l’arrivo a Parigi.

Il mio corridore preferito rimaneva sempre Bugno (che stava smettendo), ma come non potevo non appassionarmi a Pantani.

Nel 1999 stava vincendo il Giro d’Italia in carrozza, da assoluto dominatore, mancava solo l’ultima tappa di montagna e poi c’era solo la festa di uno straordinario bis.

La ventunesima tappa era Madonna di Campiglio – Aprica, di 190 km. In tv la telecronaca diretta iniziò addirittura prima di pranzo.

Il pomeriggio avrei avuto l’ultimo incontro stagionale di Catechismo (il primo anno di Catechismo per la Cresima). Ci sarebbe stata la partita finale di pallone fra tutti noi, i miei amici erano galvanizzati, io però dissi “mi dispiace, oggi voglio vedere la tappa e Pantani”.

Arrivo a casa da scuola e chiedo subito di mettere su Raitre, dove c’era la diretta. Però mi fu detto “guarda che Pantani è stato squalificato”. Come squalificato?

Eh sì, il famoso test dove gli fu trovato l’ematocrito oltre il limite consentito; conseguenza, la squalifica.

Da quel momento non mi sono più appassionato al ciclismo. O meglio, non provo più la stessa voglia di guardarlo che avevo fino ai 13 anni. Ora è già tanto se conosco qualche corridore…

Pensare che intorno ai 12 anni mi ero anche immaginato come futuro ciclista, non mi sarebbe per nulla dispiaciuto, anzi. Andavo in bicicletta tutti i giorni, almeno, dalla primavera a settembre-ottobre, non c’era giorno che io montassi in sella e, immaginandomi qualcuno di importante, iniziavo intorno casa a scattare, salire sui pedali, sprintare… coinvolsi anche mio Nonno paterno a correre con me, pur di simulare le vere gare.

Poi ho smesso. Ora è un ricordo che mi porto dentro molto volentieri.

Anche se i Ringo, chiaramente, continuo a mangiarli.

 

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Nicolò Bagnoli

Nicolò Bagnoli

Nasce nel 1986, nel 2010 ha l'idea di WiP Radio di cui è il direttore, è quasi alto come Berlusconi, davanti ad un microfono può starci ore. Parlando, ovviamente.

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