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La regina, celata tra gli scogli. Le sublimi triglie alla livornese

La regina, celata tra gli scogli. Le sublimi triglie alla livornese

Macché arrosto o al cartoccio! Arrosto sono preferibili le orate e le mormore, i paraghi, i saraghi, i ragni. Volete mettere? E al cartoccio hanno troppo il dolcino. Il meglio di sé lo danno alla livornese. Incantano!”

Aldo Santini

Presentazione

Buongiorno, Signor Pesce! Aldo Santini, scrittore e giornalista livornese purosangue, rappresenta un vero patrimonio culturale per la città di Livorno; ebbe l’onore di ricevere la Livornina D’Oro dal sindaco labronico, massima onoreficenza cittadina, attribuitagli per i suoi meriti culturali, anche nel campo del giornalismo gastronomico. Dal 1945 attivo a “Il Tirreno”, scrisse numerosi e preziosi libri di cucina, oro per noialtri poveri mortali che tentiamo di cucinare qualcosa di passabile; raccontò meglio di ogni altro la livornesità nei suoi multiformi e variopinti aspetti, principalmente a tavola.

E veniamo a noi: scoglio versus fondale, c’è triglia e triglia: è d’obbligo! Guizzante, d’un rosso acceso, riflessi iridescenti, pelle freschissima, gustosa e soda è la prima, da cucinare principalmente nel tegame o anche “all’acqua di mare”, talmente è saporita (tuffata, passata in gratella, un poco di limone e olio); leggermente melensa, meno gustosa e più sbiadita la seconda, da preparare con un bel frittino, insieme ad acciughe, sogliolette e seppioline, se pescata piccola.

E’ come mettere una conchiglia all’orecchio per “sentire” le onde: con la triglia di scoglio addenti un tipo di polpa veramente particolare, un retrogusto, un “sapor di mare” così suadente che pochi altri pesci, come lei, possiedono.

La triglia ha un tipo di carne da maneggiar con cura, si sfalda facilmente, sicché molte preparazioni in padella (umido) prevedono addirittura di non toccarla o girarla, ma semplicemente consigliano fortemente di smuovere il fondo di cottura utilizzando esclusivamente il manico, per quei pochi minuti che il pesce vi rimane. Per le triglie alla livornese la salsa ha la medesima importanza della freschezza del pesce: più o meno piccante, con la presenza opzionale di un battuto di sedano e cipolla (prezzemolo e aglio sono d’obbligo), il pomodoro deve essere “di struttura”, un bel Pisanello o San Marzano ci sta tutto: quando impiattate, andate giù di capienti cucchiaiate, a nappare grandemente la triglia.

Errore assai frequente è infarinarle: giammai!

Ed anche qui… la storia. Gli ebrei sefarditi cacciati dalla Spagna, giunti successivamente a Livorno grazie alle Leggi Livornine di Ferdinando I De’ Medici (post precedente), ci portarono in dono questa ricetta, unitamente all’utilizzo del pomodoro, ancora sconosciuto in terra nostrana. Le triglie alla livornese sono così diventate velocemente nostro patrimonio culturale. Da quel momento è uno “scozzo” continuo tra cacciucco, baccalà e triglie: chi detiene la “livornesità” più verace? Di sicuro questa ricetta si eleva ampiamente a simbolo della città: ci parla del “vivere il mare”, della fatica delle braccia nell’affrontar le onde e tirar su le reti, e, in maniera più ampia, ci narra l’intima essenza di un popolo che, come pochi altri, ha vissuto continui mutamenti.

TRIGLIE ALLA LIVORNESE, per 4:

Pulire bene le triglie, squamarle, eviscerarle e passarle sotto l’acqua corrente. Preparare un trito fine di due spicchi d’aglio e abbondante prezzemolo, rosolarlo in padella in copioso olio. Aggiungere i pelati, salare, pepare rompendo un peperoncino: andare a cottura, a fiamma media, per 20 minuti; aggiungere dell’acqua alla bisogna. Avendo le triglie già leggermente salate e pepate, adagiarle nel sugo per 10 minuti al massimo, cuocendo a fuoco dolce. Coperchiare senza mai girare il pesce, portare a cottura solamente muovendo il tegame.

 

 

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