Questo mese ho deciso di cambiare leggermente argomento, pur restando all’interno del titolo “la rubrica dei no”.
Non parleremo di una razza, ma di un’attività.
Ho sempre lambito l’ambiente delle associazioni cinofile in protezione civile come team di ricerca e soccorso, sempre affascinata, ma mai realmente coinvolta se non come figurante per gli allenamenti.
Lo sappiamo, a Milla non è mai interessato nulla dei dispersi o del loro destino, molto pragmatica e darwiniana nell’analisi della questione: se si sono persi in un bosco, è giusto che muoiano.
Quindi ho sempre guardato con una punta d’invidia tutti quelli che si presentavano con questi cani motivatissimi e assolutamente decisi a trovare chiunque si fosse sperso in un cespuglio di rovi in mezzo al nulla.
Povera stupida. Non sapevo.
Milla stava salvando me, e io non lo capivo.
Negli ultimi mesi, complice il covid e il molto tempo libero, mi sono iscritta ad un’associazione di volontariato in cui milita un mio caro amico, o presunto tale, visto che mi ha trascinato in una spirale infernale di lividi, graffi, sbucciature e deprivazioni varie.
Mi ha rifilato uno dei suoi due cani, spacciandomelo per un grande atto di fiducia e stima e invece sta diventando sempre più chiaro essere una rappresaglia vendicativa per tutti gli anni in cui ha avuto la disgrazia di conoscermi.
Milla è anziana e comunque con altri interessi, non sembra essersela presa per la mia attività parallela con Pina, anzi sembra contenta che vessi un altro cane con le mie fissazioni da crocerossina mancata e possa tenersi per sé le coccole sul divano, le passeggiate e i (brevissimi) giochi in giardino.
Pina invece è abbastanza imbecille da credere che cercare stupidi umani gettandosi nei rovai, su e giù dai fossi, per ore col sole cocente o il freddo e la pioggia, sia un grande privilegio riservato a pochi e lo fa finché non si consuma le zampe fino ai gomiti.
Poverina, Pina è nata malin.
Perché sto inserendo questa cosa nella rubrica dei no?
Non è bellissimo salvare le persone?
No, non lo è. Per più di una ragione.
Molti credono che sia una cosa da supereroi superfighi, ma non è così, nessuno di noi viene accolto col tappeto rosso e nessuno di noi porta un mantello.
Per lo più siamo un branco di disadattati coperti di sudore, fango e bava di cane, vestiti come straccioni e con i capelli pieni di rametti, foglie e terra, puzziamo di wurstel e di cose che non vogliamo sapere, ci contiamo i lividi, i graffi e ci alziamo alle 5 e facciamo il caffè in cima ai monti la domenica alle 7 prima di cominciare gli allenamenti, perché d’estate poi fa caldo. D’inverno invece dormiamo un pochino di più, ma a pranzo da mamma a mangiare le lasagne della domenica non ci andiamo, siamo a rotolarci nel fango ghiacciato.
(Oppure su un albero)
I fine settimana che non ci alleniamo “vicino” e non ci svegliamo alle 5, a volte ci mettiamo in macchina coi cani per andare a fare stage a 400km da casa.
Abbiamo una vita sociale compromessa, tante occhiaie e poche soddisfazioni, molte, troppe meno di quante ci si aspetterebbe dopo tanto impegno.
Ci accontentiamo dei progressi dei cani e dei nostri, sia come conduttori che come figuranti, di trovare nuove soluzioni a vecchi problemi, di un abbaio un po’ più convinto o di un esame preparato in fretta e furia.
Cerchiamo di non far pesare le nostre scelte ai nostri compagni e compagne di vita, quelli di noi che hanno la fortuna di averne che li sopportano e supportano, e a volte andiamo a letto così tardi e ci svegliamo così presto che rischiamo di incontrare noi stessi in corridoio.
Tutto questo è nella rubrica dei no perché è un impegno che condiziona parecchio la vita ed è bene non cominciarlo affatto se poi non se ne è davvero convinti; e perché a volte se ne è talmente convinti che obblighiamo i nostri cani a fare un’attività che non piace loro e facciamo fatica ad ammetterlo.
Come è successo a me con Milla, come succede a tanti cinofili che ho incrociato.
(Milla e Cannella are not impressed)