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La dissolubilità dei legami

La dissolubilità dei legami

Se non esistesse l’adulterio, che fine farebbe l’immaginazione degli scrittori?

All’università sono pochi i corsi che riescono a far breccia nel mio cuore d’insensibile romantico, ma i pochi che ci riescono, me li porto dietro per sempre. Correva l’anno 2017 ed il corso era quello di Letterature Comparate.

Per chi fosse poco avvezzo alla terminologia, questo esame consiste nell’individuare un macro-tema e declinarlo, mettendolo a confronto con le letterature di riferimento. In questo modo vengono evidenziati punti in comune, differenze indicibili e radici che non ci saremmo mai aspettati di trovare. Il focus di questo corso era “L’adulterio nella letteratura occidentale”, e grazie a quest’esperienza la mia vita è cambiata.

Lo studio per questo esame ha fatto vacillare le mie certezze e mi ha trasformato. Se un corso arriva a scombussolarti fino a farti emozionare, farti incazzare, e cambiarti irrimediabilmente, credo che centri esattamente il punto. Se tutte le esperienze universitarie (e non solo) fossero dei colpi al cuore come questo, sarebbe un mondo migliore.

Almeno credo.

Chiameremo “libero” l’uomo che possiede se stesso o l’uomo della passione che cerca di essere posseduto, spogliato, gettato fuori di se medesimo, nell’estasi?

Oggi parliamo di matrimonio, di relazioni sentimentali, con tre storie dolci, eleganti e violentissime che vi scombussoleranno, e spero vi confondano almeno la metà di quanto l’esperienza che ho raccontato poco fa ha scombussolato me.

Lacci

Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie. Lo so che questo una volta ti piaceva e adesso, all’improvviso, ti dà fastidio. Lo so che fai finta che non esisto e che non sono mai esistita perché non vuoi fare brutta figura con la gente molto colta che frequenti.

Lacci è un romanzo del 2014 scritto da Domenico Starnone. La storia racconta, come hanno recitato varie testate, l’implosione di un matrimonio. Io andrei un pochino oltre: a guastarsi non è solo il vincolo matrimoniale, ma è tutto quel sistema di valori sul quale l’uomo occidentale ha basato la sua vita. Tutto si guasta e crea dei cortocircuiti insanabili. L’unico modo per sopravvivere è adattarsi e accettarli.

Innamorarsi, in quel periodo, era diventato un concetto un po’ ridicolo, pareva un residuo ottocentesco, segnalava una pericolosa tendenza ad agglutinarsi che, nel caso fosse insorta, andava immediatamente combattuta per non generare angoscia nel partner.

La vicende si snodano attraverso tre voci diverse: inizieremo con le lettere che la moglie scrive all’uomo che se n’è appena andato di casa. Continueremo con la donna che racconta un episodio della loro vecchiaia, e finiremo coni figli, ormai adulti, che si ritroveranno a casa dei genitori.

Gli eventi narrati si incastreranno tra di loro. Attraverso rivelazioni epifaniche, ricordi e simboli, una famiglia verrà scomposta pezzo per pezzo: starà al lettore decidere se ricostruire questo puzzle confuso e disordinato.

Abbiamo imparato entrambi che per vivere insieme dobbiamo dirci molto meno di quanto ci nascondiamo.

La penna di Starnone è sublime, è alla stregua di un fiume in piena che cattura il lettore e non lo lascia fuggire dalla sua morsa. La grandiosità di quest’opera è far sì che da una premessa semplice, possa iniziare un viaggio che vi ricorderete, probabilmente, per sempre.

Primo: mamma e papà giovani e felici, i bambini che si godono il giardino dell’eden; secondo: papà si trova un’altra donna e sparisce con lei, mamma dà i numeri, i bambini perdono l’eden; terzo: papà ha un ripensamento e torna a casa, i figli cercano di rientrare nel paradiso terrestre, mamma e papà dimostrano quotidianamente che è uno sforzo inutile; quarto: i bambini scoprono che l’eden non è mai esistito e che bisogna accontentarsi dell’inferno.

È un libro bellissimo, ma non vedi l’ora che finisca, perché il racconto è doloroso, senza fronzoli e ti investe come un fiume in piena. Tra giochi semantici, allegorie e tragedie annunciate, la rovina forse è insita nella natura stessa del rapporto, e questo racconto non fa sconti a nessuno.

Cosa accade alle belle frasi che ci entrano nella testa, come ci muovono, come diventano prive di senso, o irriconoscibili o imbarazzanti o ridicole?

E, per inciso, tenete d’occhio il gatto. Si chiama Labes.

Sniff

Sniff è un fumetto scritto da Fulvio Risuleo e disegnato da Antonio Pronostico. Qui non c’è un matrimonio, ma è presente una coppia di fidanzati in vacanza. I due stanno cercando di riallacciare i rapporti, ma vengono costantemente “messi alla prova” dalle circostanze. È un fumetto bellissimo, e come gli altri due, ha la delicatezza dalla sua parte.

L’idea geniale che sta alla base di quest’opera magnifica è intuibile a partire dal titolo: tutto è narrato dai due nasi dei protagonisti. Saranno loro che accompagneranno il lettore nella storia, e sarà compito loro provare ad interpretare i pensieri che muovono i comportamenti dei due protagonisti.

Il punto di vista dei protagonisti manca completamente. Il lettore resta in bilico tra modi d’agire semplici, ormai assimilati da ciascuno di noi, e l’interpretazione di questi che danno i due nasi, completamente all’oscuro di cosa stia accadendo nella psiche dei loro possessori.

La violenza, simbolica e metaforica, che avvolge questa storia è stemperata dai paesaggi incredibili, dagli interni mozzafiato e dalle riflessioni dei nasi che, come traghettatori d’anime, hanno la funzione di introdurci in punta di piedi all’interno della coppia e soddisfare le nostre pulsioni voyeuristiche.

I nasi sono allo stesso tempo interni ed esterni alla storia e, proprio come il lettore, non possono far altro che arrendersi all’evidenza, cercando in ogni modo di comprendere, ma, di fatto, non riuscendoci mai.

Storia di un matrimonio

Storia di un matrimonio è un film scritto e diretto da Noah Baumbach ed ha come protagonisti due mostri di bravura come Adam Driver e Scarlett Johansson. La vicenda si apre coi due che stanno attraversando una crisi di coppia e stanno affrontando una terapia matrimoniale per superare questo momento non proprio roseo del loro rapporto. Hanno un bambino piccolo che sarà il fulcro attorno al quale si muoverà l’intero film.

L’elemento che più mi ha colpito di questo film è la sua semplicità. Come succede troppo spesso, non riesco ad essere obiettivo nemmeno in questo caso. Il film è uno dei miei preferiti del 2019, e mi capita spesso di pensarci. I personaggi sono scritti benissimo, ed il loro relazionarsi è tutto ciò che si può volere da un film del genere.

Come Lacci, la narrazione è implacabile, ma a differenza di quest’ultimo è tutto molto più sussurrato, delicato, in punta di piedi. Questo volume tenue viene poi fatto esplodere in una bellissima scena nei quali i due avranno un confronto feroce, nato dal caso.

Perché è del nulla che stiamo parlando. Questo film sottolinea come i più grandi problemi del mondo, dell’uomo e della società nella quale viviamo nascano da problemi di comunicazione. Facendo propria la lezione del teatro dell’Assurdo, Baumbach scrive un film che parla essenzialmente dell’uomo e di come questo si relazioni coi suoi simili. Tutto è amplificato, chiaramente, dalla relazione sentimentale e dalla giovane vita che siamo chiamati a proteggere e a tutelare dai mali del mondo.

Questi mali del mondo si configurano in due personaggi nello specifico, ma dei quali non racconto nulla. Giusto una piccola anticipazione: uno di questi è interpretato magistralmente da Laura Dern ed il suo monologo vi farà accapponare la pelle.

La gente non accetta le madri che bevono troppo, sgridano i figli e li chiamano stronzi. Ti capisco. Capita anche a me. I padri imperfetti sono accettati. Ammettiamolo: l’idea di un buon padre è stata inventata trent’anni fa. Prima, era normale che i padri fossero silenziosi, assenti, inaffidabili ed egoisti.

Diciamo a tutti di volerli diversi… ma alla fine è comunque accettato. Li adoriamo per le loro fallibilità, ma la società non accetta affatto gli stessi difetti in una madre. Non li accetta né strutturalmente né spiritualmente. Perché alla base della nostra storia giudeo-cristiana c’è Maria, Madre di Gesù, e lei è perfetta.

È una vergine che partorisce! Appoggia il figlio con risolutezza e ne regge il cadavere quando non c’è più. E il padre non c’è. Non l’ha neanche scopata. Dio è in cielo. Dio è il padre e non si è nemmeno fatto vivo. Quindi tu devi essere perfetta, ma Charlie può fare cazzate e non importa. Su di te graveranno sempre aspettative maggiori. È una merda, ma è così.

Bisogna essere in un mood particolare per riuscire a metabolizzare questo film: è un’opera che ti prende a pugni, e non si nasconde nel farlo, ma è un’esperienza allucinante, che vi porterete dietro per sempre.

Lo trovate su Netflix!

Grazie per avermi seguito in questo delirio. Spero che vi siate divertiti con me.

Un saluto e buona scoperta!

Gabriele

 

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