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Ambiente VS Glitter

Ambiente VS Glitter

Ambiente VS Glitter

 

Nei giorni scorsi è tornato alla ribalta un argomento che già da qualche anno desta non poche preoccupazioni in ambito ecologico: il tema delle microplastiche.

Molti articoli che mi è capitato di leggere si sono concentrati in particolare sui glitter e la loro pericolosità per gli ambienti marini e corsi d’acqua, anche nella loro versione biodegradabile.

Ricordiamo che i glitter sono particelle piccole e brillanti, che molto spesso si trovano in prodotti cosmetici, ma anche su capi d’abbigliamento.

Su Greenme, ad esempio il titolo tuona:

L’ombra dei glitter sull’ambiente: ecco dove vanno a

finire quando lavi le magliette (e non solo)

 

A fronte di un altro articolo scritto invece nel gennaio del 2019:

 

Glitter: perché dovresti smettere di usarli SUBITO

 

Questo tema (che si sa, avvicinandosi il natale, e abusando io stessa di glitter, ha non poco scosso la mia coscienza) mi ha subito ricordato uno di quelli affrontati da Beatrice Mautino, divulgatrice scientifica e piemontese DOC, nel suo ultimo libro “La Scienza Nascosta dei Cosmetici” e anche in alcuni suoi video sui social.

Un argomento davvero interessante e anche un po’ complicato, che è quello delle microplastiche.

Intanto, che cosa sono queste microplastiche? la prima definizione ce l’ha data il biologo marino Richard Thompson, come di particelle di plastica inferiori ai 5 mm di dimensione. Thompson, con una ricerca del 2004 dimostrò che queste microparticelle si accumulano nei mari dagli anni ’60 e attualmente ce ne sono 250 tonnellate.

Le conseguenze di questo sono davvero disastrose, sia quelle ecologiche che di salute della fauna marina.

Per quanto riguarda, invece, le conseguenze per noi, per la nostra di salute, l’OMS ha dichiarato che non ci sono evidenze di rischi al momento.

In ogni caso, il problema c’è, è grande e da anni si cerca di contenerlo; per capirne l’entità, facciamo un po’ di “tassonomia” delle microplastiche, come ci dice Beatrice:

Esistono quelle primarie e quelle secondarie.

Quelle primarie nascono già così piccole, e sono, ad esempio, proprio i glitter o le particelle degli scrub.

Le secondarie nascono, invece,  dalla degradazione delle plastiche più grandi, come ad esempio le gomme dei pneumatici o le suole delle scarpe (ma anche vestiti, vernici).

 

Arriviamo così al 1 Gennaio 2020. Cosa dice la normativa?

 

“in base all’art. 1, comma 546 della legge 205 del 27 dicembre 2017 è vietato dal 1 gennaio 2020 mettere in commercio prodotti cosmetici da risciacquo ad azione esfoliante o detergente contenenti microplastiche. Si specifica che: per microplastiche si intendono le particelle solide in plastica, insolubili in acqua, di misura uguale o inferiore a 5 millimetri, intenzionalmente aggiunte nei prodotti cosmetici di cui al comma 546;
b) plastica: ci si riferisce a i polimeri modellati, estrusi o fisicamente manipolati in diverse forme solide, che, durante l’uso e nel successivo smaltimento, mantengono le forme definite nelle applicazioni previste (…)”

 

Come appare evidente ci si concentra sulle microplastiche primarie, contenute nei prodotti cosmetici da risciacquo.

Che cosa è interessante dell’approccio al problema? Che il 99 % delle microplastiche accumulate sono quelle secondarie, solo l’1 % primarie. Le microplastiche dei cosmetici rappresentano circa lo 0.1 % del totale.

La parte più sostanziosa arriva, come già citato sopra, da prodotti gommosi di varia natura e anche dai vestiti lavati in lavatrice.

L’unione Europea ha così incaricato l’ ECHA (European Chemicals Agency o Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche) di monitorare la situazione, misurare e fare una proposta di restrizioni.

L’ECHA si posta come obiettivo di ridurre l’immissione di microplastiche primarie dell’85-95 per cento

Si parla quindi sempre di primarie; anche nelle primarie, in ogni caso, ci sono alcune distinzioni da compiere, visto che la derivazione cosmetica non è la totalità di questo tipo di microplastiche. molte, infatti, arrivano dall’industria dei fertilizzanti.

Nei cosmetici, invece, si distingue di solito dalle microplastiche generate da prodotti a risciacqui e quelli detti “leave on”: abbiamo detto che quelli a risciacquo sono già spariti da gennaio, il resto sono presenti in ombretti, creme, che comunque rappresentano una percentuale davvero bassa.

L’ECHA allora ha proposto una nuova definizione di microplastica:

 

“Qualsiasi particella solida o semi-solida costituita da polimeri o contenente polimeri avente una dimensione di 5mm o meno in almeno una dimensione esterna”

 

Con la nuova si parla di polimeri, non di plastica. Ma tutte le plastiche sono polimeri? Si, ma non tutti i polimeri sono plastiche. Diventano plastiche emolienti,  deodoranti e tantissimi trucchi.

 

Quindi l’ECHA ha creato una categoria molto ampia che dovrà essere interpretata!

 

Come si conclude un argomento di questo tipo? Dicendo, come al solito, che i contorni del problema sono molto più ampi di quelli si crede. E che, purtroppo, il problema della diminuzione di microplastiche nell’ambiente sarà risolto tra molto tempo e servirà la collaborazione degli organi istituzionali e delle aziende, che dovranno venirsi in contro.

 

 

 

 

Fonti:  Beatrice Mautino, La scienza nascosta dei cosmetici, Chiarelettere, 2020

https://echa.europa.eu/it/

 

https://www.greenme.it/informarsi/ambiente/glitter-pericolosi/

 

Silvia Cavaliere

Silvia Cavaliere

Ha studiato diritto, ma la sua passione è da sempre la scienza legata all'alimentazione e alle risorse, soprattutto agricole.

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