Cos’è il decluttering, chi sono le Professional Organizer e perché dovremmo imparare a tener ben a mente i loro insegnamenti.
Qualcuno di voi ne avrà sentito parlare, altri invece stanno sopravvivendo benissimo pur non avendo idea di che si tratti.
Negli ultimi anni, oltre a figure professionali degnissime quali i 293 Navigator che saranno decorosamente ricollocati a schiumare Peroni negli autogrill, nascono anche le Professional organizer.
Siccome parlare di “Organizzatore Professionista” faceva un po scadente e wasn’t cool enough anche perché mentalmente rimanda subito ai miseri porta penne e porta post-it che teniamo accanto al pc in ufficio, allora preferiamo dirlo in inglisc cosi suona molto più inarrivabile e nessuno storce la bocca.
L’utilizzo dell’inglese da la sensazione che tutto sia più interessante, international e meno “alla portata”; personalmente se devo rispondere alla domanda “Cosa fai? Di che cosa ti occupi?” se dico che sono una “Credit controller” che lavora nel Finance department o un “Account receivable” è perché non voglio far capire una mazza a chi mi ha posto la question e voglio chiuder lì la conversazione. Basterebbe rispondere con un banale “lavoro in amministrazione” per apparir subito più innocua e richiamare alla mente il Buon Ugo Fantozzi.
Ad ogni modo, il Professional Organizer, detto anche P.O, è un professionista dell’organizzazione, una figura che offre consulenza, supporto e aiuto a diverse tipologie di clienti, in tema di organizzazione personale. “Con l’utilizzo di sistemi organizzativi personalizzati e l’insegnamento di abilità di organizzazione, aiuta le persone, le organizzazioni, le aziende a prendere il controllo di ciò che li circonda, del loro tempo, dello spazio, dei cumuli di documenti e oggetti, delle loro vite!”
‘ccidenti. Capito qualcosa?
Ve lo spiego facile: il Professional Organizer vi aiuta a metter a posto la vostra casa.
Li pagherete affinché lui/lei troveranno il giusto posto a tutte le riviste di “Cucina moderna” cui siete abbonat*, che vi spiace cestinare ma che non aprite dall’81 e tenete sparse in in qua e la nel soggiorno, ed a metter ordine nelle vostre dispense che pullulano di barattoli di ceci e fagioli, acquistati nel precedente lockdown che se stanno impilati 3 alla volta e che non riusciremo a smaltire prima della loro scadenza.
E voi potreste dire, ma a cosa mi serve un Professional organizer? io chiamo la Svetlana, 9 euro l’ora e con 27 euro ho risolto (le coppie moderne attente alla parità dei sessi che vivono in città non chiamano la donna delle pulizie, ma si fanno aiutare da un maschio filippino che si chiama 9 volte su 10 Jimmy, non chiedetemi il perchè).
Io solitamente prendo in giro sempre queste professionalità un po ibride, ed ero pronta a scaraventare camionate di sterco equino anche sulle professional organizer, come in precedenza ho fatto per le, a mio parere, disutili consulenti di Armocromia, ed invece, udite udite, mi son dovuta ricredere.
Alt, non è che ci rivelano il sesto segreto di Fatima, ma quanto meno provano ad insegnarci un metodo.
Io ho comprato un libro scritto da una ragazza che è appunto una professional organizer, il libro si chiama “La casa leggera” e l’autrice è Erika Grazia Lombardo, una ragazza che seguivo da tempo su instagram (@armadiodigrace).
Erika è una di quelle ragazze perennemente impeccabili, che si alzano già con la piega fatta e che non si spettinano nemmeno se si affacciano a Calafuria in un giorno di Libeccio, con la casa sempre intonsa, candida, arredata solo con colori tenui, il parquet rovere, le tende stirate, e piante più rigogliose delle mie appena comprate, una di quelle sposine da manuale che sarebbero capaci di far fiorire un’orchidea anche nel fornetto di un cimitero.
Io che, vorrei sempre esser in ordine, ma basta una folata di vento per farmi sentire fuori posto e disordinata, rimiro ed ammiro la perfezione che trasmettono queste persone e le seguo con gli occhi a cuoricino (malinconie moderne legate al problema di esser nata sotto il segno della vergine).
Il libro è molto carino e si legge con piacere. Il metodo che Erika cerca di trasmetterci si basa su due macro concetti:
- lo SPACE CLEANING, ovvero la pratica di liberazione dello spazio;
- il DECLUTTERING, che mira all’eliminazione degli oggetti superflui.
I due concetti, vanno chiaramente di pari passo perché per fare spazio, si ha la necessità di eliminare tutti quelli oggetti che non ci servon più: tutte quelle cose obsolete o doppie, o consumate, quelle cose che teniamo solo per un ricordo, o perché son oggetti di valore ma che in realtà non si adattano più al nostro stile di vita ed alle nostre abitudini, abbigliamento acquistato e mai indossato, ecc…
Eliminando il superfluo faremo spazio e oltre a guadagnare tempo (ne impiegheremo meno per la ricerca di ciò di cui abbiamo bisogno), aumenteremo la consapevolezza e concentrazione, che ci aiuteranno a capire cosa davvero ci manca e quali sono invece quelle cose di cui crediamo di aver bisogno, ma che in realtà oggi non ci servono più.
Leggendo quelle pagine, in automatico ho pensato a quanto tutto questo fosse vero e soprattutto fosse tremendamente applicabile anche alla vita reale. Quello che dovremmo imparare a fare, anche al di fuori dell’ambiente domestico, è Togliere spazio, non soltanto agli oggetti, ma anche alle persone, che lo occupano senza un motivo valido.
E allora togliamolo tempo alle conoscenze che ci risucchiano energie senza dare niente in cambio, alle persone che non ci portano e non ci hanno mai apportato alcun valore aggiunto, a tutti quelli che ci trasferiscono soltanto della gran negatività e non sono mai stati capaci di alleggerirci, al collega fetente che ricerca ogni occasione per farti le scarpe, a quel capo ingrato che non riconosce il nostro reale valore, alle persone onniscienti che devono a tutti i costi sommergerci delle loro opinioni e divulgare la loro assoluta verità non richiesta, agli amori che ci hanno deluso, a quelli che non son stati all’altezza delle promesse, alle amicizie che non trovano il tempo per noi, a quelle persone che rimandano l’affetto da dedicarci ad un domani che non arriverà mai.
Vi invito a farlo: fate Decluttering, non solo in dispensa!