Ciao a tutti cari lettori! Come dice un vecchio detto, “maggio è il mese dei fiori” e, sebbene non sia una grande intenditrice, in questi giorni alcune piccole infiorescenze sgargianti che vivono sul mio davanzale hanno catturato il mio interesse e persino stimolato un sentimento simile all’affetto. L’attimo di felicità di oggi riguarda i colori, i profumi e le forme dei petali di queste variegate decorazioni naturali.
C’E’ CHI HA IL POLLICE VERDE… E CHI NO!
Alcune pillole di gioia che vi propongo riguardano argomenti inaspettati persino per me che le descrivo: non avrei mai pensato di dar loro attenzione, ma in qualche modo si impongono nella mia visuale aprendomi nuove prospettive. I fiori sono uno di questi argomenti: stimolano il mio senso estetico, li osservo con piacere, li conosco poco (nomi, specie, ecc…), e ancor meno so prendermene cura. Ogni pianta o fiore che ha varcato la soglia di questa casa, ha fatto una fine prematura e sicuramente indegna, pace all’anima loro. La floricoltura è una dote, che non tutti possiedono… ecco, io sicuramente no. Ma ammiro tanto chi la padroneggia: far sbocciare delle bellissime corolle partendo da elementi base come semi e terra, riuscire non solo a mantenerli in vita, ma anche a valorizzare il loro splendore è segno di grande sensibilità, pazienza, e anche un po’ di culo, diciamolo.
MA SONO MILLE PAPAVERI ROSSI
I miei fiori preferiti sono da sempre i papaveri: spontanei, anarchici, crescono dove li porta il vento, e si mischiano al verde dei prati con un’ondata rosso sangue. Non si possono “possedere”, se colti appassiscono dopo poco, mantenendo intatta la loro bellezza solo nell’ambiente prescelto. Vedere la loro massa sgargiante nei campi dà l’idea di primavera, del profumo di libertà. Mi affascinano anche le rose, con un cuore voluttuoso ma cazzute nel difendersi, e i girasoli, simpatici spilungoni innamorati del sole e della luce. Camminare per le strade in primavera è una festa per i sensi, ancor di più se i fiori incorniciano il nostro cammino. I profumi che emanano i pitosfori dalle siepi, le belle tinte tenui della lavanda selvatica, i gerani che abbelliscono qualsiasi finestra… sono il segno più visibile del risveglio della natura, dopo il grande sonno invernale. Decorano il mondo di colori, fragranze, petali che danzano nel vento. Non ce ne rendiamo conto, ma sono piccole gioie quotidiane, visibili nei tragitti che percorriamo tutti i giorni. Non serve abitare in campagna: basta imparare a osservare, anche in mezzo alle isole di cemento cittadine la natura lascia il suo segno quasi impercettibile.
I FIORI SUL DAVANZALE
Come vi ho già accennato, non sono pratica di fiori e piante: le poche che hanno avuto la sfiga di finite tra le mie mani sono perite miseramente, nonostante il mio impegno nel ricordarmi dei loro limitati bisogni. Sono riuscita a far seccare un rosmarino, tanto per dire. Da qualche anno però, sul mio davanzale tengo un vaso con tante piccole piante grasse tutte uguali, gentile omaggio di una mia cara zia, ottimista che almeno quelle potessero resistere stoicamente. Non so neanche quale sia il loro nome scientifico, ma mi sono molto simpatiche perché se la cavano benissimo da sole, senza nulla pretendere dalla sottoscritta. Ebbene, ogni primavera spuntano da questi piccoli cactus delle bellissime corolle sature di arancione, che vivono qualche giorno e poi appassiscono per lasciare spazio ad altri boccioli neonati.
MOMENTI DI CONTEMPLAZIONE
Ciò che mi ha spinto a degnarli di più attenzione, è che di giorno i petali si aprono e sbocciano, ma quando il sole si abbassa sull’orizzonte si ritirano in se stessi come in un piccolo bozzolo, per poi mostrare di nuovo la loro bellezza il mattino dopo. Non è un comportamento particolarmente bizzarro per dei fiori, ma non essendo abituata ad averli sott’occhio mi sono accorta di questo piccolo miracolo della vita a scoppio molto ritardato. E ci ho preso gusto: quando sono in casa, mi avvicino alla finestra a orari diversi per spiare il loro status del momento, per vedere quanti nuovi boccioli sono spuntati, e per togliere quelli ormai secchi e afflosciati come palloncini senz’aria. Quando mi alzo controllo con curiosità se si sono risvegliati e aperti, se è già l’ora di dar loro il buongiorno. Mi stupisco ogni volta di questo meccanismo, e di quanto sia meravigliosa la natura in tutti i più piccoli dettagli. Anche dei robini così piccini e fragili, rappresentano la perfezione del ciclo vitale. Forse per la prima volta da quando queste piantine abitano da me, mi dispiacerà osservarle appassire con sempre meno ricambio di boccioli, fino a tornare un vaso di cactus verdi fissi nella loro immobilità. Ma solo in apparenza sarà così: alla prossima primavera, prima timidamente, poi con vigore crescente, spunteranno altri bei fiori color amaranto… e torneranno ad abbellire la finestra, il panorama, e la vita di chi si ferma a contemplare le piccole cose che rendono il mondo un posto bellissimo.
Come sempre, grazie della lettura amici. Non sono ferrata sull’argomento ma mi pareva carino condividere con voi questa piccola “nuova scoperta”. Se avete consigli su piante e fiori autonomi che non soffrono troppo la sbadataggine umana fatemelo sapere, potrei cercare di ampliare la mia esperienza botanica. Vi abbraccio tutti/e, buona domenica!