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Terzo escluso e Non-contraddizione – La logica di Aristotele

logica

La nascita della logica classica viene storiograficamente fatta coincidere con gli scritti aristotelici raccolti, anacronisticamente rispetto all’autore, nell’Organon. È necessario precisare subito che Aristotele mai ha utilizzato il termine «logica», parlando invece di «analitica», né si esclude che prima di lui ci fossero state trattazioni, o anche semplici discussioni, in merito.

Tuttavia, per come ha eretto il proprio sistema filosofico, assegnando alla logica l’onere di costituirne le fondamenta, è indubbio che soltanto dopo Aristotele si possa parlare di una disciplina ben strutturata. La logica non è, nella prospettiva aristotelica, una scienza, ma piuttosto lo strumento con cui le altre scienze possono costruire ragionamenti validi – dunque conoscenza. Non è scorretto, dunque, sostenere che la logica, in quanto studio del ragionamento, delle inferenze e dei predicati di verità, sia propedeutica a qualsiasi disciplina che pretenda di affermare qualcosa di veridico.

Organon, Aristotele

Se in precedenti articoli sono stati trattati il tema della verità (clicca qui) e il modo in cui si differenziano asserzioni contrarie e asserzioni contraddittorie (clicca qui), è giunto il momento di prendere in considerazioni due dei fondamenti della logica classica: il principio del terzo escluso e il principio di non-contraddizione.

Il principio del terzo incluso impone che per ogni coppia di proposizioni reciprocamente contraddittorie, l’una è necessariamente vera e l’altra necessariamente falsa. Se ad esempio si afferma «la mela è rossa», si dà il caso o che sia una proposizione vera oppure che sia vera la sua contraddittoria, vale a dire la proposizione «la mela non è rossa». Poiché i valori di verità sono due (vero e falso) e poiché due proposizioni fra loro contraddittorie hanno opposto valore di verità, non c’è altra possibilità se non quella che una proposizione sia vera e l’altra falsa.

Questa è la formalizzazione del principio nella logica proposizionale: P ˅ non-P

Il principio di non-contraddizione vieta che una proposizione possa essere vera e falsa contemporaneamente. Prendendo lo stesso esempio fatto poc’anzi, se si afferma «la mela è rossa», è impossibile che tale proposizione abbia come valore di verità sia vero che falso. O si dà il caso che la mela sia effettivamente rossa, in qual caso la proposizione risulterebbe vera, oppure si dà il caso che la mela abbia un altro colore, ragion per la quale la proposizione risulterebbe falsa. Ma, ancora una volta, è impossibile che una proposizione che tratti del medesimo soggetto nel medesimo tempo risulti essere sia vera che falsa.

Questa è la formalizzazione del principio nella logica proposizionale: non(P ˄ non-P)

Nonostante a prima vista possa sembrare che i due principi coincidano, in realtà quello del terzo escluso implica quella di non-contraddizione. Se infatti si accetta che non ci siano altri valori di verità oltre al vero e al falso, e che fra una proposizione e la sua contraddittoria l’una debba essere necessariamente vera e l’altra necessariamente falsa, allora ne consegue che ogni proposizione presa singolarmente non possa in alcun modo essere sia vera che falsa.

Per completezza, si precisa che, in particolare nel ‘900, si sono sviluppate logiche che escludono il principio del terzo escluso (es. logica intuizionista e logica fuzzy) oppure quello di non-contraddizione (es. logica quantistica).

A ogni modo, questi due principi-madre della logica classica sono ottimi strumenti con i quali costruire dei ragionamenti validi e, perché no, accertare la validità di quelli altrui.

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