Purtroppo ho un’intelligenza del tutto particolare, sono molto intuitiva, empatica e non funziono con i canoni più diffusi. Una cosa per la maggior parte di persone “normale” per me non lo è, una cosa per tutti “giusta” per me ha un grande margine di ingiustizia. Una reazione per me esagerata per qualcun altro è acqua fresca.
Detto questo, mi sono sempre sentita diversa e abituata a cercare di convincere le persone a comprendere la mia visione, quando proprio non ne posso fare a meno. La maggior parte delle volte mi crogiolo nella mia diversità domandandomi se sono io sbagliata.
Col tempo però, ho imparato che anche se il lavoro da fare su di me è immane e non terminerà fino a quando non terminerò io, la mia
intelligenza intuitiva non fallisce
mai.
Per questo non mi sembra così strano scrivere certe cose che per me sono chiare come lettere stampate a caratteri cubitali, che a molti di voi suoneranno come frasi senza senso. Inconcepibili, in nessuno dei vostri universi paralleli. Questo articolo è un esercizio. Vi chiedo di sentirvi una volta me, una volta fuori posto, una volta con un pensiero diverso, una volta capaci di indagare se le vostre convinzioni fino ad oggi sono veramente corrette, o c’è spazio di crescita, di sviluppo e di evoluzione ad un pensiero completamente diverso da quello iniziale.
Il fatto è che sembra palese che c’è bisogno di un cambio radicale in come viviamo in questo mondo. E non riesco a capire perché non ci mettiamo in massa a gridarlo.
A me sembra che una volta che una persona ha il lavoro e la casa con o senza figli, tutto il resto della vita sia costretta a lavorare per mantenerla. Senza spazio per altro.
Poco importa se nel mentre io lotto per mantenere il mio status quo – a seconda della mia ricchezza materiale – consumo energia, plastica, terra, ma soprattutto faccio del male al mio corpo e alla mia mente. Avveleno i miei rapporti umani con le 10 ore di lavoro al giorno, che comunque non mi permettono di essere felice. Condanno le generazioni future a lavorare tra 20 anni 15 ore al giorno per ottenere un salario minimo e dignitoso (noi stiamo già lavorando 10 ore al giorno e siamo perennemente insoddisfatti). Chi se ne frega, no? Guardate oggi non scomodo nemmeno i bambini africani che muoiono, perché se uno non riesce a capire che il lavoro inteso come lo intendiamo oggi incatena invece di liberare, nemmeno ci pensa all’Africa.
Eppure sono ancora molte le persone che credono che il lavoro fisso sia salvifico. Che sono devote all’azienda, passando sopra a molti criteri minimi di umanità, che fino a che non tocca a loro (perché ormai con l’indeterminato licenziano senza farsi problemi, è risaputo) andranno avanti come caterpillar, in nome dell’economia capitalista.
E se oggi iniziassimo a pensarla in maniera diversa?
1) Innanzitutto partendo da noi e… dalle banche. Perché se il lavoro fisso come lo intendiamo oggi non esistesse, cambiare lavoro non sarebbe un reato (anzi forse un’opportunità di crescita come succede già in molti altri paesi del mondo) e le banche non sarebbero legittimate a scartarti a priori se non hai un indeterminato.
2) E poi dalle aziende. E le aziende sono fatte di persone. Persone che dal CEO all’ultimo tassello dovrebbero iniziare a sentirsi parte di un tutto. Una realtà che si chiama mondo, dove il profitto di 50 persone non sposta il peso (50 persone possono essere licenziate domani), ma il trattare anche solo una persona con dignità, rispetto e comprensione può salvare l’umanità. Perché non abbiamo voglia di sentirci liberi? Ci fa paura?
Come va l’esercizio? Vi sentite stanchi? Mi dispiace.
Pensata a come sono stanca io, che la penso così da tutta la vita.
Fatemi un favore, se domani sorridendo vi verrà di pensare a questo esercizio continuate: allenatevi alla comprensione dell’altro, fate volare le vostre sinapsi, create collaborazioni, fate del bene.
E… non sempre questo si fa ricevendo denaro.
Grazie per avermi ascoltato.
Letizia