Leonardo da Vinci è stato il protagonista del mio precedente articolo e lo sarà anche per il pezzo di oggi.
Continua, infatti, il nostro viaggio alla scoperta di questo straordinario genio.
Dunque, eravamo rimasti al momento in cui Leonardo si trovava a Milano e aveva appena realizzato una delle sue opere più famose, il “Salvator mundi”.
Ma di opere celebri ne devono ancora arrivare un bel po’.
L’ultima cena
Nel 1494, Leonardo ricevette una nuova commissione, legata al convento di Santa Maria delle Grazie.
Ad essere decorato doveva essere il refettorio, la sala in cui venivano consumati i pasti. A tal proposito, vennero scelti temi tradizionali: una Crocifissione, affidata a Donato Montorfano, e un’Ultima Cena, affidata a Leonardo.
Leonardo da Vinci ricorse a tutti gli studi effettuati negli ultimi anni e realizzò uno dei suoi più celebri capolavori:
L’artista attinse alla tradizione fiorentina dei cenacoli, ma la reinterpretò in modo molto originale. Gli apostoli, turbati, sono ritratti a gruppi di tre, con al centro la figura dominante del Cristo.
La novità riguarda anche Giuda. Egli non venne dipinto da solo su un lato come previsto dall’iconografia tradizionale bensì accanto agli altri apostoli.
Leonardo non amava particolarmente la tecnica dell’affresco. I tempi di asciugatura dell’intonaco richiedevano, infatti, un lavoro rapido che non gli consentiva di effettuare lunghi studi. A tal proposito, ideò una tecnica con tempera mista a olio su due strati di intonaco. Questo rallentò molto i tempi di realizzazione ma gli permise di ottenere un risultato impeccabile, sia per il colore che per gli effetti di luce.
Nonostante il grande impegno, tale esperimento si rivelò inadatto ad un ambiente umido come il refettorio. Per questi motivi, l’Ultima Cena è andata incontro ad una lunga serie di restauri, l’ultimo avvenuto nel 1999.
Leonardo alla corta di Isabella d’Este
In seguito all’occupazione di Milano, occupata dai francesi, Leonardo lasciò la città ed iniziò una serie di viaggi.
Nel dicembre 1499, venne ospitato a Mantova da Isabella d’Este. Ella aveva visto la “Dama con l’ermellino” e ne era rimasta talmente colpita da commissionare a Leonardo un ritratto. Questo, però, non venne mai completato ma se ne conserva al Louvre il cartone preparatorio.
Isabella d’Este cercò di trattenere Leonardo a Mantova. La sua intenzione era quella di farne il pittore di corte al posto di Andrea Mantegna, del quale non apprezzava il modo di ritrarre.
Tuttavia, Leonardo non accettò, trovando probabilmente l’ambiente mantovano troppo soffocante e con poche prospettive di guadagno.
Leonardo da Vinci fra Venezia e Firenze
Nel 1500 Leonardo, lasciata la corte di Isabella d’Este, si recò a Venezia.
Qui fu incaricato di ideare alcuni sistemi difensivi contro la minaccia turca. Leonardo iniziò il progetto di una diga mobile, ma fu abbandonato a causa del costo elevato. Al suo posto, l’artista iniziò a progettare il rafforzamento delle mura di cinta di Gradisca d’Isonzo.
Il soggiorno a Venezia non durò molto. Già nel 1501, dopo aver visitato Roma e Tivoli, Leonardo tornò a Firenze.
Qui trovò accoglienza presso il canonico Amadori a Fiesole, fratello della matrigna Albiera. Da Vinci decise di non soggiornare dal padre, probabilmente a causa del disagio che avrebbe provato in compagnia dei fratellastri che a malapena conosceva.
Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti
Durante la sua assenza, Firenze era molto cambiata dal punto di vista artistico. Molti giovani erano saliti alla ribalta, tra questi il celebre Michelangelo Buonarroti. Quest’ultimo aveva oltre venti anni meno di Leonardo e pare che tra di loro non corresse nemmeno buon sangue.
Il rapporto tra Leonardo e Michelangelo fu difficile, non solo per la differenza di età. I due si differenziavano soprattutto per via dei caratteri completamente diversi e per ideali artistici inconciliabili. Ad ogni modo, non vi sono prove dirette della loro reciproca ostilità, ma svariati indizi e testimonianze.
Alla ricerca di nuove commissioni
Leonardo, nonostante la sua fama, era afflitto da problemi economici. Dal momento che in passato aveva ceduto alcune commissioni all’amico Filippino Lippi, quest’ultimo decise di rinunciare all’incarico di dipingere, per i frati Serviti, una pala per l’altare maggiore della Santissima Annunziata a favore di Leonardo.
Leonardo si trasferì così nel convento ma, per l’ennesima volta, non riuscì a completare l’opera. I frati si dovettero così accontentare di un cartone con Sant’Anna, andato poi perduto.
Leonardo fra Isabella d’Este e Cesare Borgia
Isabella d’Este, nel frattempo, cercò nuovamente di ottenere i servigi di Leonardo. Stavolta era interessata ad un progetto che doveva coinvolgere i maggiori pittori dell’epoca. Tra questi vi erano anche Giovanni Bellini e Giorgione.
Nel 1502, da Vinci fu assoldato da Cesare Borgia come architetto e ingegnere militare.
Leonardo accettò l’incarico e, alla fine del giugno 1502, era già a Urbino al seguito dell’esercito di Cesare Borgia. Proprio a Urbino, l’artista strinse rapporti d’amicizia con Niccolò Machiavelli, probabilmente già conosciuto a Firenze.
La Battaglia di Anghiari
Tornato a Firenze, da Vinci si dedicò ad un progetto per Palazzo Vecchio. Nel Salone dovevano essere raffigurate alcune vittorie militari dei fiorentini. A Leonardo fu affidato un episodio degli scontri tra esercito fiorentino e milanese, la Battaglia di Anghiari. Sulla parete opposta, invece, avrebbe dovuto lavorare Michelangelo Buonarroti con la Battaglia di Cascina.
Per ragioni diverse, nessuna delle due pitture murali fu portata a termine. Non si sono conservati nemmeno i cartoni originali, anche se ne restano alcune copie di altri autori.
La Gioconda
Dopo una svariata serie di insuccessi, arrivò finalmente il momento del riscatto per Leonardo da Vinci. È infatti in questo periodo che l’artista iniziò a lavorare al suo più grande capolavoro: la Gioconda.
La Gioconda viene identificata come Lisa Gherardini, nata nel 1479 e moglie di Francesco Bartolomeo del Giocondo (da qui il nome “Gioconda”).
Tuttavia, sono state proposte altre identificazioni. Alcuni sostengono, infatti, che la donna ritratta sia Caterina, la madre di Leonardo.
Ad ogni modo, la prima cosa che colpisce della Gioconda è il suo sguardo acuto e penetrante. I suoi occhi sembrano seguire lo spettatore, generando un senso di ambiguità. Il volto della donna è incorniciato da lunghi capelli scuri sui quali è adagiato un sottile velo mentre le forme del suo corpo sono modellate dal tessuto dell’abito.
La morte del padre e lo studio del volo
Il 9 luglio 1504 morì il padre di Leonardo. L’uomo non lo fece erede e l’artista dovette lottare contro i fratellastri che gli contestavano l’illegittimità della sua nascita. Da Vinci chiese, invano, il riconoscimento delle sue ragioni e, dopo la causa giudiziale, avvenne la liquidazione dell’eredità, dalla quale Leonardo fu escluso.
Nei primi anni del Cinquecento, Leonardo si dedicò allo studio del volo e al progetto di una nuova macchina volante. Riuscire a realizzare l’impresa del volo umano rappresentava per lui una grandissima sfida, tanto da fargli desiderare di scriverci un trattato.
Leonardo non concluse mai la stesura del trattato sul volo, ma nel 1505 compilò il Codice sul volo degli uccelli, oggi custodito presso la Biblioteca Reale di Torino. In queste pagine, da Vinci progetta la sua macchina volante più evoluta: il Grande Nibbio.
Nei tre anni successivi, Leonardo sviluppò ulteriormente i suoi studi sull’anatomia dei volatili e sulla caduta dei pesi e sui moti dell’aria. Da questi cercò poi di costruire originali macchine volanti, in alcuni casi messe in opera.
Addirittura, si pensa che Leonardo abbia fatto sperimentare il volo a Tommaso Masini detto “Zoroastro”, dalla collina di Fiesole. L’artista non ottenne però il successo sperato e pare che il povero Tommaso cadde rovinosamente rompendosi anche una gamba.
Il ritorno a Milano
A Firenze, Leonardo cominciò ad essere richiesto dal governatore francese di Milano, Charles d’Amboise. Quest’ultimo cercò in tutti i modi di farlo entrare al servizio di Luigi XII di Francia. L’anno seguente, fu lo stesso re a richiedere espressamente di Leonardo, che infine accettò di tornare a Milano dal luglio 1508.
Questo secondo soggiorno milanese fu un periodo molto intenso, l’artista si occupò infatti della realizzazione di moltissime opere.
In questo periodo, Leonardo fece dei brevi viaggi. Egli visitò Como, il Monte Rosa e Vaprio d’Adda. È proprio qui che gli fu affidato il giovane Francesco Melzi, l’ultimo e il più caro dei suoi allievi che lo seguì fino alla morte.
Nel 1511 morì il suo mecenate Charles d’Amboise.
Leonardo da Vinci a Roma
Nel settembre 1514, Leonardo partì per Roma portandosi gli allievi più cari, tra cui il Melzi. Qui Giuliano de’ Medici, fratello del papa Leone X, gli fece ottenere un alloggio negli appartamenti del Belvedere al Vaticano.
L’artista si dedicò così ai suoi studi scientifici, meccanici, di ottica e di geometria. Non ottenne commissioni pubbliche, ma ebbe modo di rivedere Raffaello Sanzio e forse anche Michelangelo.
Dal settembre 1513 al 1516, Leonardo trascorse la maggior parte del tempo vivendo nel cortile del Belvedere nel Palazzo Apostolico. L’artista riceveva un’indennità di 33 ducati al mese. È qui che, probabilmente, ebbe il primo dei molteplici ictus che lo portarono poi alla morte.
Contemporaneamente, Leonardo riprese i suoi studi di anatomia. Venne però accusato di stregoneria, probabilmente per vendetta. Di fronte a questa situazione così pesante, Leonardo si trovò nuovamente costretto ad andarsene. Stavolta decise però di lasciare l’Italia: era anziano e, soprattutto, necessitava di tranquillità e di apprezzamenti.
La partenza per la Francia
Nel 1517, Leonardo partì per la Francia, insieme a Francesco Melzi e al servitore Battista de Vilanis. Qui si mise al servizio di Francesco I, sovrano colto e raffinato, amante dell’arte italiana. Egli, infatti, accolse in seguito altri artisti italiani come Francesco Primaticcio, Rosso Fiorentino, e Benvenuto Cellini.
Gli anni passati in Francia furono sicuramente il periodo più sereno della vita di Leonardo. Sebbene fosse indebolito dalla vecchiaia e da una probabile trombosi cerebrale che gli paralizzò la mano destra, poté continuare con dedizione i propri studi.
La morte
Il 23 aprile 1519, redasse il testamento davanti al notaio, alla presenza di cinque testimoni e di Francesco Melzi. Leonardo dispose di voler essere sepolto nella chiesa di San Fiorentino, con una cerimonia funebre accompagnata dai cappellani e dai frati minori. Dovevano essere presenti anche sessanta poveri, ognuno reggente una torcia. Richiese, infine, la celebrazione di tre messe solenni.
Leonardo morì pochi giorni dopo, il 2 maggio, presso il maniero di Clos-Lucé ad Amboise. Aveva 67 anni.