Filippino Lippi è uno dei tanti artisti che ho citato nel mio precedente articolo, quello dedicato a Leonardo da Vinci.
Ho deciso quindi di parlare di lui nel mio pezzo di oggi. Le sue opere mi piacciono molto, spero sarà lo stesso per voi!
Iniziamo subito.
Le singolari origini di Filippino Lippi
Filippo Lippi, detto Filippino per distinguerlo dal padre, anch’egli pittore, nacque a Prato nel 1457.
Il padre Filippo era un frate carmelitano mentre la madre, Lucrezia Buti, era una monaca. Filippo, in quel periodo occupato negli affreschi del Duomo di Prato, era diventato cappellano nel monastero di Lucrezia.
Un giorno Filippo chiese alla madre badessa di poter ritrarre la Lucrezia in una pala della Madonna col Bambino. Dopo le iniziali esitazioni, la badessa accettò.
Tra i due nacque probabilmente un sentimento e, in occasione della processione della Sacra Cintola, Filippo rapì Lucrezia, scatenando un grande scandalo.
Fu così che, nel 1457, nacque Filippino. Filippo e Lucrezia non si sposarono, ma i due convissero in una casa in piazza del Duomo. All’uomo venne tolto l’incarico di cappellano, ma gli fu concesso di continuare a dipingere gli affreschi del Duomo. Ad essi, Filippo si dedicò fino al 1464.
È proprio in quel cantiere che il giovane Filippino entrò in contatto con i pittori aiutanti del padre e conobbe il grande Sandro Botticelli. Filippo ricevette altri incarichi a Prato fino al 1467.
Quell’anno, Filippo fu chiamato a Spoleto dove si recò col figlio Filippino che, in quell’occasione, iniziò a lavorare come garzone di bottega nel cantiere del Duomo. Filippo morì pochi anni dopo, lasciando il figlio dodicenne nelle mani di Fra’ Diamante. Quest’ultimo capeggiò il gruppo di allievi ed aiutanti fino alla conclusione degli affreschi con le Storie della Vergine.
Filippino restò a bottega di Fra’ Diamante per un certo periodo, ma la sua scarsa personalità artistica incise ben poco sulla sua formazione.
Filippino Lippi nella bottega di Botticelli
Nel 1472, Filippino entrò nella bottega fiorentina di Sandro Botticelli, colui che aveva primeggiato tra gli allievi di suo padre Filippo. In quello stesso anno, Botticelli iscrisse Filippino alla Compagnia di San Luca, della quale egli stesso faceva parte.
I primi lavori di Lippi ricordavano talmente tanto le opere di Botticelli che, lo storico Bernard Berenson, si riferiva a lui come all’ “Amico di Sandro”.
Nel 1481, Filippino andò a Roma con Botticelli per aiutarlo negli affreschi della cappella Sistina ma, l’anno seguente, fecero entrambi ritorno a Firenze.
La Villa di Spedaletto
Nel 1483, Lippi partecipò ad un ambizioso progetto voluto da Lorenzo il Magnifico: la decorazione della villa di Spedaletto, a Volterra. Per tale opera, oltre a Filippino, vennero radunati i migliori artisti sulla scena fiorentina dell’epoca: Pietro Perugino, Sandro Botticelli e Domenico Ghirlandaio.
Purtroppo, le varie scene andarono completamente perdute.
L’arrivo del successo
Agli inizi degli anni Ottanta, Filippino iniziò a ricevere commissioni sempre più importanti. Cosa fondamentale fu la maturazione del suo modo di dipingere che lo portarono al raggiungimento di uno stile più personale.
In quel periodo, Lippi ricevette una commissione prestigiosa. Gli venne, infatti, chiesto di concludere il ciclo di episodi con le Storie di San Pietro nella Cappella Brancacci, lasciato incompiuto da Masaccio.
Per tale impresa, Filippino cercò di adattare il suo stile a quello di Masaccio, il quale vi aveva lavorato fino al 1427 circa.
La datazione degli affreschi della Cappella Brancacci non è precisa. Tuttavia, si presume che l’opera venne completata non più tardi del 1487.
Nel 1486, Filippino si dedicò alla Pala degli Otto, una grande tavola devozionale per la sala degli Otto di Pratica di Palazzo Vecchio. In tale opera, si possono notare alcuni particolari che richiamano Leonardo da Vinci, in particolare nella fisionomia della Madonna.
Filippino Lippi e le spoglie del padre
Filippino Lippi era in viaggio verso Roma, ma fece una tappa a Spoleto per richiedere le spoglie del padre. L’artista ricevette tale compito da Lorenzo il Magnifico, il quale aveva in programma un ciclo di monumenti funebri dei più grandi artisti toscani da collocare nel Duomo di Firenze.
I canonici di Spoleto, però, si opposero. Questo perché, a loro avviso, la loro cattedrale non conteneva ancora tombe illustri, mentre a Firenze vi erano già sepolti molti grandi maestri.
Alla fine, il Magnifico si vide costretto a rinunciare alla sua idea inziale. Egli, in compenso, affidò a Filippino il disegno di un monumento per il padre Filippo, che venne poi eseguito in seguito da altri artisti.
Filippino Lippi tra Firenze, Roma e Venezia
A Roma, Filippino realizzò degli affreschi per la Cappella di famiglia del cardinale Oliviero Carafa mentre, nel 1489, l’artista visitò probabilmente Venezia.
Tornato da Roma, Filippino partecipò a un concorso per la facciata del Duomo di Firenze. Riprese il ciclo in Santa Maria Novella per la cappella di Filippo Strozzi, completandolo nel 1502. Dopo la morte del committente, vennero installate le vetrate della cappella, su disegno di Filippino stesso, con la Madonna col Bambino, due angeli e i Santi Filippo e Giovanni.
Altre importanti commissioni
Nel 1496, Lippi realizzò l’Adorazione dei Magi, per la chiesa di San Donato a Scopeto. La scelta dei frati cadde su Filippino dopo che Leonardo da Vinci aveva lasciato incompleta la sua Adorazione.
Tale opera è ispirata all’Adorazione di Botticelli ma richiama sicuramente anche quella di Leonardo da Vinci. Inoltre, i dettagli sono talmente tanti da richiamare i modelli fiamminghi.
La morte
Lippi partecipò ad una commissione che doveva decidere la collocazione del David di Michelangelo. Venne accolta proprio la proposta di Filippino che pensò all’Arengario davanti a Palazzo Vecchio in Piazza della Signoria.
L’ultima opera di Lippi fu la Deposizione per la chiesa della Santissima Annunziata di Firenze. Questa rimase incompiuta a causa della sua morte, avvenuta nell’aprile del 1504. Il lavoro venne, quindi, completato dal Perugino.
Filippino Lippi fu sepolto a ridosso della chiesa di San Michele Visdomini, come ricorda una targa apposta in tempi recenti. La notizia della sua morte venne accolta con molta tristezza dai suoi concittadini, i quali lo stimavano molto non solo per le sue qualità artistiche ma anche per quelle umane.
Come si usava per i funerali principeschi, per il corteo funebre di Filippino vennero chiuse tutte le botteghe su via de’ Servi.