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Notti (un tempo) magiche

Notti

Volevo scrivere oggi un articolo su un altro argomento, poi dopo le notti sportive di settimana scorsa ho deciso di cambiare. Su quell’altro argomento, semmai, scriverò prossimamente.

Vi ricordate le Notti Magiche?

Ad essere sincero io no, per essere proprio pignolo.

Perché per Notti Magiche si intendono quelle del Mondiale di calcio 1990, giocato in Italia e dove la nostra Nazionale sembrava lanciatissima verso la conquista del quarto titolo, otto anni dopo il trionfo in Spagna. E quindi caroselli su caroselli dopo ogni vittoria degli Azzurri, che fecero cinque vittorie nelle prime cinque partite, arrivando alla semifinale con l’Argentina contro la quale però persero ai calci di rigore.

Ecco, io quel Mondiale non me lo ricordo proprio. Avevo poco meno di quattro anni, direi che sono abbastanza giustificato.

Ho cominciato a seguire le partite della Nazionale dal 1992. Ho ancora in mente USA 1994, feci anche l’album delle figurine Panini dedicato alla manifestazione. Lì non furono fatti molti caroselli per la nostra Nazionale nonostante arrivammo in finale. Perché?

Perché l’Italia nelle prime tre partite fece quattro punti (una vittoria, un pareggio, una sconfitta) e la partita che vinse, contro la Norvegia, si giocò alle 22 ore italiane; inoltre avevo gli orecchioni, cioè la parotite, col cavolo dunque che mi avrebbero portato a fare pè-pè col clacson.

Poi anche nelle altre partite vinte (Nigeria, Spagna, Bulgaria) o non avevamo proprio la disponibilità ad andare a festeggiare o era troppo tardi. Arriviamo in finale col Brasile: si gioca alle 22, ma se la vinciamo ‘sticazzi dell’orario, anche se finisce all’alba si va a celebrare il trionfo!

Trionfo che non ci fu perché perdemmo ai rigori. Appuntamento allora a Francia ’98. Orari europei, partite o alle 18 o alle 21, insomma perfetto. Però al debutto con Cile pareggiamo, oh non facciamo scherzi eh. Infatti col Camerun vinciamo 3-0. Io ed i miei genitori andiamo per il nostro paese a suonare festanti il clacson, mi ricordo che a farlo eravamo in tanti, ovviamente ognuno con la propria macchina. Ed eravamo solo alla seconda partita del girone, per dire.

Vinciamo anche la terza, contro l’Austria, 2-1. Si giocava di pomeriggio, volevo andare lo stesso, mi accompagnò mia Nonna materna. Bellissimo. Entusiasmo crescente e agli ottavi di finale eliminiamo la Norvegia, un caldo sabato pomeriggio di fine giugno. Nel Comune dove abito strade bloccate dai festeggiamenti. Figuriamoci se continuiamo a vincere! Però arrivò il quarto di finale con la Francia, Baggio che sfiora di pochi millimetri il golden gol, la nostra sconfitta ai rigori. Niente.

Ci sarebbero anche gli Europei 2000, dove l’Italia partì in sordina per poi sconfiggere in una semifinale leggendaria e drammatica l’Olanda ai calci di rigore. È finale! Era orario di cena quindi niente carosello, speriamo di battere la Francia nell’ultimo atto. E quando mancavano 20 (venti) secondi alla fine della partita la stavamo battendo, per uno a zero, dai che è quasi fatta, dai che manca sempre meno, dai che si va a festeggiare, oooh attenzione, attenzioneeee! Gol, pareggio. Tristezza. Tempi supplementari. Vantaggio della Francia. Golden gol. Fine.

I Mondiali del 2002 si svolsero in Corea del Sud e Giappone. Si gioca alle 8.30, alle 10.30 ed alle 13.30: come sarebbe stato vedere l’Italia di mattina?

Semplice: niente caroselli, perché su quattro partite ne vinciamo solo una, la prima alle 13.30 ma il giorno dopo c’era ancora scuola, dovevo assolutamente studiare, niente festeggiamenti. Poi vabbè, come siamo stati eliminati lo sapete e non c’è bisogno di ricordarlo.

Nel Mondiale 2006, in Germania, avevo gli esami di maturità. Fu anche però il primo Campionato del Mondo di calcio in cui vidi sempre l’Italia coi miei amici (a parte una partita, ma il giorno dopo c’era la terza prova d’esame, mica potevo distrarmi). Tentammo di fare subito festa dopo la prima vittoria nel girone, contro il Ghana, ma a differenza di otto anni prima non c’era praticamente nessuno. Tristezza.

Negli ottavi battemmo l’Australia, riprovammo ad andare per le strade e finalmente si erano un po’ affollate e colorate di tricolore. Quarti di finale, vittoria contro l’Ucraina: sempre più festa. Semifinale meravigliosa contro la Germania: 2-0, la mia esultanza più grande, un fiume di persone. Beh, potete immaginare anche l’emozione dopo la conquista della Coppa: mi ricordo tutti fuori e una sete clamorosa, bevvi non so quante bottiglie d’acqua da mezzo litro.

Era il 9 luglio 2006. Ora siamo al 29 marzo 2022.

Mondiale 2010: fuori ai gironi, nessuna vittoria; 2014 fuori ai gironi, l’Italia vinse al debutto contro l’Inghilterra ma eravamo in Brasile, partita finita alle 2 di notte, si va a nanna.
Mondiale 2018 e 2022: non qualificati.

Chi l’avrebbe detto, la sera della finale contro la Francia?

Certo, ci son stati gli Europei: soprattutto quelli del 2012, persi in finale contro la Spagna per 4-0 ma con la bella vittoria contro la Germania in semifinale, anche lì si andò per le strade (ero abbastanza su di giri dalla gioia) e sicuramente quelli del 2020, la vittoria insperata, un trionfo. Però… però i miei amici erano tutti via: chi con la famiglia, chi fuori Rosignano… Andai a festeggiare con mio padre. C’era tanta gente, felice.

Ed ora, di nuovo, niente. Pensavo che la non qualificazione del 2018 rappresentasse un evento più unico che raro, invece no. Forse non ho ancora metabolizzato del tutto l’eliminazione di settimana scorsa, forse i Mondiali sembrano ancora lontani (si giocheranno a novembre-dicembre).

Che sensazioni provoca tutto questo? L’ultima volta che ho gioito per una vittoria al Mondiale avevo praticamente vent’anni. Ora ne ho quasi trentasei: ci sono sedici anni di differenza. Il prossimo sarà nel 2026 e sinceramente spero almeno ci si qualifichi, almeno quello. La generazione nata nel 2000 ha festeggiato “solo” la vittoria dell’Europeo la scorsa estate.

Certo, meglio di niente. Anzi. Però il Mondiale rappresentava almeno per me l’Evento dell’estate, ci si fermava tutti o quasi, pensavamo dove vedere le partite insieme… Non era solo un grande fatto sportivo, ma anche sociale, d’aggregazione.

Se ne riparlerà, forse, nel 2026. Prima ci sono gli Europei 2024, ai quali ovviamente bisogna prima sempre qualificarsi.

Spero che la Nazionale Italiana torni al livello di quella dei miei primi vent’anni. O anche meglio, perché no.

In fondo sognare è bello, ormai però a patto di non illudersi.

 

Per leggere il primo articolo di “Non so che scrivere…” clicca qui.

(Credit foto in evidenza: @Getty)

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