Un “Licorice Pizza”, è un negozio affiliato ad una catena di grande diffusione negli anni ’70 in California.
Se al lettore italiano il nome può apparire intrigante e ripugnante al tempo stesso, fate un passo indietro e cercate di visualizzare una rotella di liquirizia, e poi ad ingigantirla fino a riportarla alle dimensioni di una pizza al piatto.
Cosa avete ottenuto?
Se non avete troppo estro artistico, un vinile.
Licorice Pizza fu infatti una catena di negozi di dischi, luogo di culto, pellegrinaggio e approdo per generazioni di appassionati di musica che forse in prima istanza su questo fronte vissero con preoccupazione la crisi petrolifera del 1973.
Si perché, lo scopro io per la prima volta al cinema dalle parole della protagonista, il vinile si fa col petrolio. Sapete cos’altro si fa col vinile, e dunque, indirettamente col petrolio?
Il rivestimento esterno dei materassi ad acqua.
Nel ventennio di folle boom economico e crisi sociali profondissime qualcuno pensò che fosse una buona idea acquistare un materasso ad acqua, per le stesse inspiegabili ragioni per cui ci è sembrata una scelta di gusto andare in giro con le Birkenstock.
Se leggendo queste parole anche a voi sembra una buona idea acquistare un materasso ad acqua, sappiate che la vostra ricerca sarà meno agevole di come la pensate, anche nell’era di Internet: a domanda specifica nel motore di ricerca Amazon risponde invece cercando di indirizzarti timidamente a forme più civili e meno stupide di riposare, solo scorrendo con un certo accanimento se ne può trovare un esemplare.
Ma non vedo perché dovreste farlo, è proprio un’idea pessima.
Licorice Pizza
Non sembra tuttavia una pessima idea rivendere un prodotto del genere nella California infestata di vip degli anni ’70 al protagonista di Licorice Pizza (P.T Anderson, 2022), il diciassettenne Gary, il quale dopo aver tentato una serie di colpi fallimentari nello showbuisness decide di aprire la propria attività di rivendita del prodotto, la Soggy Bottom, peraltro titolo originale del film fino a pochi mesi dall’uscita nelle sale.
Sembra solo apparentemente un’idea pessima ad Alana, coprotagonista di quest’avventura che è la vita di una venticinquenne americana che non frequenta il college e si arrangia come può, e in generale quella rappresentata dal mettersi in affari, e anche dell’innamorarsi di personaggi che a prima vista possono sembrare folli visionari o camaleontici imbecilli.
A prima vista, è una trama semplice, quasi il pretesto narrativo per un’ “Operazione Amarcord” tout court, per gli ex avventori dei Licorice Pizza ormai canuti che forse hanno anche pensato, ad un certo punto della loro vita, che fosse una buona idea comprare un materasso ad acqua.
Anderson, Paul Thomas
Tra questi c’è forse anche Paul Thomas Anderson stesso, classe ’70, nato e cresciuto a Los Angeles.
Ritengo che ad Anderson dovrei forse dedicare uno spazio a sè, perché questo spazio è quello che gli compete anche nella mia vita, e quello che merita, e dunque non mi dilungherò.
Bisogna far comunque presente al lettore che come me nel ‘99 preferiva i Teletubbies ad una pellicola “epica e grottesca” come Magnolia che fra le molteplici qualità di Anderson figura certamente l’essere camaleontico.
Licorice Pizza porta forse alla luce un processo di narrazione delle dinamiche di coppia già avviato in maniera sottocutanea in ne Il Filo Nascosto (2017) e la alleggerisce, arricchendola di tenerezza.
Utilizzando quella che la sottoscritta ritiene la citazione più abusata (e falsamente attribuita) di Calvino, occorre ricordare che “leggerezza non è superficialità”: narrazioni incongruenti e buchi di trama all’ordine del minuto ci ricordano ironicamente che in fin dei conti un film non solo non ha davvero bisogno di una trama coerente a costituirlo, ma che a volte può anche non averne affatto.
Vista in quest’ottica, niente di meno pop, niente di meno Hollywoodiano.
Ride or die
La strana storia fra il diciassettenne poliedrico Gary e la prismatica venticinquenne Alana è quanto di più tenero e leggero potrete mai trovare nella cinematografia di larga diffusione degli ultimi anni.
Coppia a primo acchito improbabile, sembra che possa crollare e infatti crolla, non un bacio, non un contatto se non il furtivo sfiorare di un seno con un dito.
Questa sequela di contatti e successivi allontanamenti, di istinti mai reciproci o temporalmente congruenti, dunque il sospetto che possa non trattarsi affatto di una storia d’amore quanto della semplice narrazione di un legame sui generis.
Se quello che lega in un valzer avvelenato i due protagonisti del già citato Il Filo Nascosto era il bisogno malato di avere l’altro a colmare i momenti di forte crisi, tanto dall’arrivare ad indurli pur di tenersi stretta la controparte, ancor più enigmatico sebbene molto più divertente è capire cosa tenga insieme due come Alana e Gary.
Non è un filo nascosto a legare due come loro, ma più probabilmente la stringa di una Converse su cui capita di inciampare correndo.
Li tiene insieme un comune istinto di vitale ribellione alle imposizioni sociali e allo scorrere del tempo uniti ad un’ innata maestria nell’arte del sopravvivere, a tutto.
“Ride or die” è un’espressione inglese che si usa per indicare situazioni che possono essere vissute solo al massimo del potenziale, correre o morire.
Correre, per l’appunto, è un’operazione che si può fare in due sensi: si può correre per scappare, o correre incontro.
Quella di Alana e Gary è una “ride or die situation” e per lontano uno dei due possa correre, ci sarà sempre la possibilità di incrociarsi, o per meglio dire di scontrarsi, dietro ad ogni angolo.
L’importante, è non fermarsi.
Baci di corsa,
Francesca