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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

I WILL (Lennon – McCartney)

I WILL (Lennon – McCartney)

Paul McCartney: voce raddoppiata, chitarra acustica raddoppiata, basso vocale
John Lennon: percussioni
Ringo Starr: bongo, maracas, percussioni

Registrazione: 16 settembre 1968
Produttore: George Martin
Fonico: Ken Scott

 

 

 

 

Chissà per quanto tempo ti ho amata
Sai che ti amo ancora
Devo aspettare una vita intera in solitudine?
Se tu lo vuoi, lo farò

 

 

Il brano

I will è una piccola, delicata, breve, dolcissima dedica di Paul McCartney a Linda Eastman.

Anche I will, come tanti brani del resto, è stata concepita nel corso del ritiro dei Beatles in India.

Paul scrisse molte delle opere presenti in White Album, durante le giornate a Maharishi.

E’ una vera e propria canzone d’amore con un testo tutt’altro che banale e, soprattutto, con una delle melodie più belle e dolci del repertorio del gruppo.

Perchè se mai ti ho vista
Non ho capito il tuo nome
Ma non ha mai avuto davvero importanza
Proverò sempre gli stessi sentimenti

 

Ti amerò per sempre e sempre
Ti amerò con tutto il cuore
Ti amerò ogni volta che saremo insieme
Ti amerò quando saremo separati

 

Registrazione

La registrazione di I Will fu effettuata in 60 takes eseguite dalle 19 alle 3 del mattino.

In modo del tutto innovativo, Paul decise di non suonare il basso ma di imitarne il suono con la voce.

Si nota l’assenza di George e la paziente presenza di John Lennon alle sole percussioni.

 

 

 

 

 

E quando alla fine ti troverò
La tua canzone riempirà l’aria
Cantala forte così potrò sentirti
Fa’ che sia facile starti vicino
Perchè le cose che fai mi conquistano
Ah, sai che lo farò
Lo farò

 

 

Live e cover

Fra le interpretazioni più interessanti di I Will citiamo la favolosa e dolcissima Allison Krauss.

A seguire un altrettanto struggente Art Garfunkel.

 

 

Ernesto Macchioni

Ernesto Macchioni

Il mare in tempesta fu improvvisamente colpito ai fianchi da un milione di tonnellate di olio. Fu così che venne alla luce Ernesto Macchioni in un'inaspettata giornata d'estate in pieno novembre 1961. La finestra fu finalmente aperta, Ernesto si affacciò e venne invaso da un fiume di luce e salmastro. L'infanzia la passò a cercare di capire se era meglio saper giocare a pallone o ascoltare la musica. Scelse la seconda ipotesi, senza rendersi conto di quanto si sarebbe complicato la vita. Il mare lo guardava perplesso. Faceva le scuole medie quando imparò a suonare la chitarra. Divenne amico intimo di Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Lucio Battisti, cercando di scacciare l'inopportuna presenza di Claudio Baglioni. Erano amici fidati, a loro non importava se non sapevi giocare a calcio. Il mare scuoteva la testa. Alle superiori si illuse che il mondo era facile e cambiò religione diventando comunista. Bussarono alla porta di casa gli Inti-illimani e li fece entrare. (Battisti lo nascose nell'armadio). Claudio Lolli chiese "permesso" e lo fece accomodare. Pink Floyd e Genesis erano degli abitué ormai da tempo. La casa era piena di gente. Sua madre offriva da bere a tutti (ma non riuscì mai a capire cosa ci faceva quel ragazzo riccioluto rintanato fra i vestiti). Il mare aspettava. Venne l'ora provvisoria del buon senso e del "mettisufamiglia". La chitarra si era nel frattempo trasformata in un pianoforte. La casa era grande adesso e, oltre ai figli, poteva contenere anche vecchi giganti come Chet Baker e Miles Davis, lo zio Keith Jarrett e il nipotino Pat Metheny. La moglie offriva da bere a tutti, compreso Lucio Battisti che si era da tempo tolto la polvere dell'armadio di dosso. Qualcuno aveva infranto i sogni e il muro di Berlino, scoprendo che era fatto di carta come loro. Il mare si fece invadente e, stanco di aspettare, entrava anche in casa nei momenti più inopportuni. Era una folla. Quando Ernesto decise di far entrare anche Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi e Gabriel Fauré la situazione cominciò a farsi insostenibile. Soprattutto quando il nostro protagonista scoprì che tutti, ma proprio tutti, compreso Francesco Guccini, sapevano giocare a pallone. Era un caos indefinibile vederli giocare fra le stanze, scoprire che De Gregori poteva benissimo entrare in sintonia con Giacomo Puccini e servirgli un assist da campionato del mondo preciso sulla testa. E tutto sotto lo sferzante vento di libeccio che infuriava in tutta la casa. Il mare si godeva le partite con un braccio sulla spalla di Ernesto, in totale stato confusionale. Quando in casa entrò Wolfang Amadeus Mozart la casa scoppiò. Ernesto lo trovarono sorridente fra le macerie. Lo videro togliersi i calcinacci dalle spalle, prendere un pallone e cominciare a palleggiare (un po' impacciato a dire il vero). Qualcuno giura di aver visto Lucio Battisti, con indosso una giacca di Ernesto, allontanarsi allegramente a braccetto con Giuseppe Verdi. Il mare, un po' invecchiato, respirava adagio sulla battigia.

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