L’insostenibile inconcludenza del “non mi riesce”
Un concetto che sembra distante anni luce dal fil rouge di questo blog, ovvero i viaggi. Ma è una riflessione (in periodo pasquale ognuno fa le riflessioni che si merita!) che nasce da un pensiero di cui avevo parlato nell’articolo “Viaggiare in solitaria: il coraggio di affrontare le paure (degli altri)”
Proviamo a spiegare.
Superati i 30 anni entriamo a far parte di quella fascia di popolazione autorizzata a dire ad un adolescente la celeberrima frase “goditi questi anni perché sono i migliori, dai 20 in su iniziano a volare che manco te ne accorgi”. Terribile. Chi di noi non se l’è sentito dire? Chi di noi, all’epoca, non ha provato quel mix fra scocciatura e compassione paragonabili solo a “quanto sei cresciuuuuuta!!” mentre ti strappano amorevolmente una guancia?
La frase si basa sul presupposto che, superata una certa età, il naturale sviluppo psicofisico, la società e tutto quello che ci circonda ci porti ad essere “degli adulti”, persone serie e consapevoli di se e del mondo che non hanno più tempo per le fresconate dell’adolescenza. E si basa sulla teoria che l’infanzia e i primi anni che la seguono siano una specie di parco giochi dove si impara a guardarsi intorno senza troppe responsabilità. Una ricreazione prima delle cose serie.
Quante volte ho nascosto la paura chiamandola saggezza? Quante volte ho giustificato a me stessa l’inquitudine di un passo verso un cambiamento, verso un’opportunità dall’esito ignoto, confondendola arbitrariamente con il senso di responsabilità?
Eppure quando sei un bambino tutto è ignoto. Ed è proprio quella la forza. La voglia di scoprire, di vedere, di toccare quello che non conosci e che chiamiamo, forse erroneamente, spericolatezza, è il motore che ci spinge verso tutto quello che non conosciamo ancora. C’è il coraggio di rischiare e, se è vero che non ci può essere coraggio senza la paura, allora c’è una giornaliera sfida alla paura che l’entusiasmo per la vita rende giornalmente affrontabile e che ci fa sentire vincenti. La sensazione tipicamente adolescenziale che il mondo è tuo e che niente può fermarti, che potrai fare quello che vorrai.
Scegliere a soli 14 anni che indirizzo di studi intraprendere è forse meno coraggioso che scegliere di cambiare lavoro a 30? Erano cose serie vissute come una ricrezione.
Adesso “no
Si, “non posso” è troppo spesso una inconcludente bugia. Chiediamoci piuttosto se abbiamo il coraggio di sfidare la vita, con un po’ più di pancia e un po’ meno pesantezza travestita da saggezza, perché la vita possa essere un’adolescenza con qualcosa in più, che poi è quello che da ragazzina immaginavo che fosse. Una cosa seria vissuta come una ricreazione. Con la curiosità della scoperta.
Si, è insostenibile l’inconcludenza del “non mi riesce”.