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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

JULIA (Lennon – McCartney)

JULIA (Lennon – McCartney)

JULIA (Lennon – McCartney)

John Lennon – voce, chitarra

Registrazione: 13 ottobre 1968
Produttore: George Martin
Fonico: Ken Scott

 

 

 

 

 

Julia Stanley

Metà di quello che dico non ha senso
Ma lo dico solo per giungere a te

Figlia dell’oceano, mi chiama
Così canto una canzone d’amore

Julia, occhi di conchiglia
sorriso di vento, mi chiama
Così canto una canzone d’amore

Il brano

 Julia dedicato alla madre da John Lennon.

Julia Stanley: morta quando John aveva soltanto 17 anni. Ma allo stesso tempo segna il passaggio per John dalla figura della madre a quella di Yoko Ono. Non a caso la “Ocean child” citata nel testo è la traduzione letterale del suo nome.

John dedicherà nella sua carriera altre canzoni alla madre, soprattutto nei suoi album da solista.

 

I suoi capelli di cielo fluttuante luccicano
Scintillano nel sole

Luna nel mattino, toccami
Così canto una canzone d’amore
Quando non posso cantare il mio cuore
Posso solo far parlare i miei pensieri

Yoko Ono

 

Julia, sabbia assopita
Nuvola silenziosa, toccami
Così canto una canzone d’amore
Julia

Registrazione

Questa fu l’ultima canzone del White Album ad essere registrata. Si dice che Lennon non fosse sicuro della sua pubblicazione.

Come dicevamo, il brano è dedicato alla madre e la composizione è caratterizzata da un’atmosfera di intimità “frammentata”, quasi indecisa.

L’arpeggio è in stile finger-picking, come del resto molti dei brani concepiti durante il ritiro in India.

 

John Lennon in India

 

 

 

Mi chiama
Così canto una canzone d’amore per
Julia

 

Live e cover

Molto interessante l’interpretazione che Al di Meola fa del brano in stile gitano per chitarra e bandoneon.

Inoltre Michael John Hall ne fa un’interpretazione per piano.

Entrambi brani strumentali, come il brano non riuscisse a uscire dal proprio carattere inconcluso e rarefatto.

 

Ernesto Macchioni

Ernesto Macchioni

Il mare in tempesta fu improvvisamente colpito ai fianchi da un milione di tonnellate di olio. Fu così che venne alla luce Ernesto Macchioni in un'inaspettata giornata d'estate in pieno novembre 1961. La finestra fu finalmente aperta, Ernesto si affacciò e venne invaso da un fiume di luce e salmastro. L'infanzia la passò a cercare di capire se era meglio saper giocare a pallone o ascoltare la musica. Scelse la seconda ipotesi, senza rendersi conto di quanto si sarebbe complicato la vita. Il mare lo guardava perplesso. Faceva le scuole medie quando imparò a suonare la chitarra. Divenne amico intimo di Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Lucio Battisti, cercando di scacciare l'inopportuna presenza di Claudio Baglioni. Erano amici fidati, a loro non importava se non sapevi giocare a calcio. Il mare scuoteva la testa. Alle superiori si illuse che il mondo era facile e cambiò religione diventando comunista. Bussarono alla porta di casa gli Inti-illimani e li fece entrare. (Battisti lo nascose nell'armadio). Claudio Lolli chiese "permesso" e lo fece accomodare. Pink Floyd e Genesis erano degli abitué ormai da tempo. La casa era piena di gente. Sua madre offriva da bere a tutti (ma non riuscì mai a capire cosa ci faceva quel ragazzo riccioluto rintanato fra i vestiti). Il mare aspettava. Venne l'ora provvisoria del buon senso e del "mettisufamiglia". La chitarra si era nel frattempo trasformata in un pianoforte. La casa era grande adesso e, oltre ai figli, poteva contenere anche vecchi giganti come Chet Baker e Miles Davis, lo zio Keith Jarrett e il nipotino Pat Metheny. La moglie offriva da bere a tutti, compreso Lucio Battisti che si era da tempo tolto la polvere dell'armadio di dosso. Qualcuno aveva infranto i sogni e il muro di Berlino, scoprendo che era fatto di carta come loro. Il mare si fece invadente e, stanco di aspettare, entrava anche in casa nei momenti più inopportuni. Era una folla. Quando Ernesto decise di far entrare anche Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi e Gabriel Fauré la situazione cominciò a farsi insostenibile. Soprattutto quando il nostro protagonista scoprì che tutti, ma proprio tutti, compreso Francesco Guccini, sapevano giocare a pallone. Era un caos indefinibile vederli giocare fra le stanze, scoprire che De Gregori poteva benissimo entrare in sintonia con Giacomo Puccini e servirgli un assist da campionato del mondo preciso sulla testa. E tutto sotto lo sferzante vento di libeccio che infuriava in tutta la casa. Il mare si godeva le partite con un braccio sulla spalla di Ernesto, in totale stato confusionale. Quando in casa entrò Wolfang Amadeus Mozart la casa scoppiò. Ernesto lo trovarono sorridente fra le macerie. Lo videro togliersi i calcinacci dalle spalle, prendere un pallone e cominciare a palleggiare (un po' impacciato a dire il vero). Qualcuno giura di aver visto Lucio Battisti, con indosso una giacca di Ernesto, allontanarsi allegramente a braccetto con Giuseppe Verdi. Il mare, un po' invecchiato, respirava adagio sulla battigia.

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