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Disinformazione e social media

Disinformazione e social media

La nuova «Era digitale» ha senza alcun dubbio favorito la velocità delle informazioni, tant’è che molti sostengono che ci troviamo nell’età d’oro della comunicazione. In effetti, lo scarto tra i fatti e le notizie che ne fanno oggetto è ormai minimo – e continua sempre più a diminuire. Una condizione ideale, che connette istantaneamente le persone con il mondo circostante, o meglio, con ciò che accade nel mondo circostante. E che dire, allora, della disinformazione?

Beh, il problema è che si parla anche di età d’oro della disinformazione, infatti molte volte sui social network e, in generale, su internet circolano notizie false e fuorvianti, che hanno come unico scopo quello di invogliare le persone, con titoli creati ad hoc, ad aprire il link (clickbaiting), portando così guadagno ai gestori del sito in questione, che aumenta la propria visibilità. Si crea così un circolo vizioso attraverso il quale false notizie si diffondono a velocità esponenziali, notizie che molte volte fomentano odio immotivato.

Anni fa nacque una vera e propria coalizione – capitanata ovviamente da Google – che si poneva l’obiettivo di contrastare questa tendenza negativa nel mondo della comunicazione. Nel tempo si sono infatti uniti a First Draft, un progetto partorito proprio da Google nel giugno 2015, partner di un certo livello: da rinomate testate giornalistiche, come il New York Times e il Washington Post, a social network per antonomasia, come Facebook e Twitter, nonché importanti emittenti televisive, come al Jazeera e la CNN.

L’idea era quella di mettere a disposizione degli utenti dei mezzi con i quali verificare la veridicità delle informazioni. Strumenti di verifica, analisi e comprensione sono dunque la chiave per far luce sulla cattiva informazione. Mai come oggi è importante riuscire a comprendere, attraverso simili strumenti, cosa è vero e cosa è falso, quale è una fonte attendibile e quale non lo è.

Nel 2018 fu compiuto il primo passo in questa direzione: nell’edizione americana di Google, in quella inglese e nell’app Google news & weather per dispositivi iOS e Android venne introdotta l’etichetta “fact check”, con lo scopo di contrassegnare le notizie verificate. Inoltre Google iniziò a fornire anche il link a siti specializzati in grado di offrire una verifica puntale sull’argomento della notizia, ad esempio www.factcheck.org, di modo che gli utenti potessero controllare direttamente.

In un mondo che va alla velocità della luce, è essenziale fermarsi e riuscire a discernere ciò che è vero da ciò che non lo è, altrimenti le informazioni diventeranno obsolete, nella misura in cui tutto sarà in egual misura inattendibile, non avendo parametri per stabilire ciò che è vero e ciò che non lo è. C’è ancora moltissimo lavoro da fare per limitare la disinformazione, ma la direzione è quella giusta, o almeno è l’unica percorribile, seppur il percorso sia ancora piuttosto lungo e tortuoso.

La credibilità delle informazioni è come la fiducia: si costruisce con il tempo, ma può venir distrutta in un attimo!

Edoardo Wasescha

Edoardo Wasescha

Amava definirsi un nerd prima che diventasse una moda. È appassionato di filosofia e di fisica, di cinema e di serie tv, ama scrivere perché, più che un posto nel mondo per sé, lo cerca per i propri pensieri. Il blog è la sintesi di tutto questo.

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