Sono un ritardatario. Forse cronico.
Anche l’articolo di questa settimana lo dimostra. Pubblico di mercoledì quando invece da palinsesto il nuovo pezzo del blog dev’essere online il martedì.
Pensavo di farcela, forse confidando troppo nel potere benefico della fretta. Che è successo però?
Niente, semplicemente ho avuto un contrattempo (però piacevole) e non ho poi più fatto in tempo a scrivere, gli impegni che avevo dopo erano inderogabili e quindi eccoci qui.
Il tema del ritardo, dunque, casca proprio a fagiolo.
Non me lo ricordo se sono sempre stato ritardatario. C’è chi in famiglia lo è, però con moderazione.
Alle Elementari e Medie non sono mai entrato in ritardo, ero sempre in classe prima del suono della campanella.
Alle Superiori il discorso è iniziato a cambiare, soprattutto quando ho iniziato ad andarci in motorino. In quinta (superiore) avevo lo spazio dei ritardi sul libretto praticamente pieno, addirittura una volta mi fu prospettato una sanzione pesante, visto che evidentemente avevo battuto qualche record di giustificazioni. Un paio di volte entrai direttamente alla seconda ora.
Purtroppo da allora è sempre peggio. Ormai i miei amici lo sanno, quando usciamo mi anticipano l’orario, cosicché – nelle loro intenzioni – arriverei puntuale. Ma ormai ho capito il trucco e quindi arrivo comunque tardi.
Immagino che potrebbe sovvenire una domanda: ma perché arrivi in ritardo? È una tua scelta? Non è maleducazione, mancanza di rispetto?
Intanto le domande sono tre e non una, avevate spazio solo per una, però ok, rispondo lo stesso a tutte.
Non è una mia scelta arrivare in ritardo. È una questione di mala organizzazione, anzi, direi proprio pessima. Penso sempre di farcela, o quantomeno di arrivare con cinque minuti massimo in più, rientrando ampiamente nel quarto d’ora accademico.
Però accade che quando sono in bagno c’è evidentemente un ponte di Einstein-Rosen (cioè un buco temporale) dove l’orologio moltiplica la velocità per dieci. Dunque quando esco dal bagno, pensando finalmente di arrivare puntuale, scopro invece di essere in un ritardo clamoroso.
“Io non sono ritardatario, è che mi disegnano così”, semicitando Jessica Rabbit. Però è vero, non è mancanza di rispetto, non è maleducazione, è proprio che ho un’orrenda organizzazione personale quando devo uscire.
Magari allora potreste pensare “eh, ma inizia a prepararti prima”.
È che prima ho quasi sempre da fare, anche cose futili, però insomma, oh, è così, non lo faccio volontariamente con cattiveria, cioè poi forse può sembrarlo ed inconsciamente sono un grande stronzo. Non so cosa dire.
Due settimane fa avevo un appuntamento. L’altra persona, appena arrivato, mi ha detto soddisfatta (incredula?) “Bravo, oggi sei arrivato puntuale!”. Ho guardato l’orologio ed erano passati circa cinque minuti dall’orario prefissato.
Ci sono rimasto un po’ male perché non ero arrivato in tempo, avevo comunque fatto tardi, quindi quei complimenti – sinceri – non mi lasciavano contento, dovevo ancora migliorare.
È vero, presentarmi puntuale mi dà ansia, non so perché, effettivamente può sembrare senza senso. Ma devo provarci, devo perfezionarmi.
Ci riuscirò? Comunque sia, meglio tardi che mai.
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