Dai anche tu hai ferito, tutti lo facciamo. Volendo o meno. Ma in quanti si prendono le proprie responsabilità? Per capire bene cosa intendo facciamo un piccolo esercizio, ti va?
Cosa succede quando in un qualsiasi rapporto d’amicizia, familiare o d’amore, qualcuno ferisce l’altro? Solitamente si creano le parti: io ho ragione e tu hai torto. Ognuno dal suo lato, senza incrociarsi mai. Oppure c’è sempre un anello debole che ingoia il rospo, lasciando all’altro le sue convinzioni. E poi c’è anche la mediazione, che cerca un punto d’incontro tra le parti. Ma perché una delle parti dovrebbe cedere un pezzetto di sé per trovare un punto di accordo? E se qualcuno in quel momento non è disposto o non ha nemmeno un pezzettino di sé libero da dare, perché il suo equilibrio è così precario, si troverebbe svantaggiato in partenza in questa situazione.
Oggi sono qui per portare la tua attenzione su un’altra possibilità, più matura, più corretta, una modalità che apporterà qualcosa per lo meno a te. Non toglierà.
Sto parlando del: prendersi le proprie responsabilità.
Come si fa? Dirai tu… beh possiamo (mi ci metto anche io) partire da due azioni:
- Accettiamo che a volte feriamo. E accettare non vuol dire fare spallucce, e passarci sopra. Accettare vuol dire essere consapevoli che nel gioco della vita agiamo guidati dai nostri migliori intenti (a volte sono proprio peggiori perché abbiamo altre cose irrisolte, ma voglio pensare che se siete stronzi di proposito non leggiate questo blog) e però feriamo. E ci sbagliamo. Questo vuol dire che magari arriviamo all’obiettivo per cui tanto abbiamo lottato, e per farlo calpestiamo qualcun altro, che cade durante il percorso. Però se io lottavo per una cosa mia, una cosa bella, il caduto capirà, no? No, non è proprio così. Per raggiungere quell’obiettivo abbiamo preso delle decisioni, e queste decisioni hanno fatto star male qualcuno. Questo non è giusto, ma è successo. Ignorarlo non è la soluzione, colpevolizzarsi neanche. Accettare che nel gioco della vita a volte feriamo e a volte siamo feriti, è l’inizio del processo.
- Ci assumiamo le nostre responsabilità. Accettare di ferire vuol dire anche prendersi le proprie responsabilità. Ammettere di non aver avuto gli strumenti per maneggiare meglio la situazione ci libera dal senso di colpa e aiuta anche il ferito a comprendervi. Però non pretendete di essere perdonati, questa è una decisione della persona ferita. Voi potete solo farvi responsabili, e domandarvi come crescere da questa situazione e non come diventare più superficiali perché non volete noie, mentre calpestate gli altri. E ammettere che a volte potrete rimediare e altre no, è fondamentale. E ancora di più è fondamentale pensare che dopo aver ferito, pensare di poter dire all’altro cosa fare è utopico, quindi meglio che vi concentriate su voi stessi perché no, non siete Dio. Riconoscete, perdonatevi e crescete. Questo è l’unico modo di far nascere da una merda (scusate il francesismo) un fiore.
La mia riflessione:
Ho conosciuto persone che per paura di ferire hanno preferito non amare, e altre che per non sentire dolore o non rimanere sole hanno preferito ferire gli altri. E’ un universo delicato.
Io sono una persona che se ferisce si flagella, e che se viene ferita pretende le scuse. Ti sembra strano se credo che la parte da lavorare di più su di me sia quella di quando ferisco? A me sembra maturo. Perché è inutile flagellarsi quando devo solo prendermi le mie responsabilità per apprendere dai miei errori. La penso così perché se tutti facessero così, se tutti si facessero responsabili, arriverebbero anche le scuse alla mia “me” quando viene ferita. Ti torna?
Nel leggere queste parole mi sono sentita liberata per quando ho ferito, ma soprattutto tutelata per quando sono stata ferita. Queste sono le prese di coscienza che avrei voluto nelle persone che mi hanno fatto tanto male. Io mi sono sentita bene, per questo ho pensato di tradurti il testo dallo spagnolo e di lasciartelo qui. Cresciamo insieme:
Yo también he lastimando – Testo di laboratorio_afectivo
“Anche io ho ferito, e mi sembra importante accettarlo perché solamente così posso assumermi le mie responsabilità per apprendere e intraprendere azioni per non farlo di nuovo.
Sono arrivata a ferire perché non avevo strumenti per fronteggiare quello che mi stava passando. E non è una giustificazione, però comprenderlo mi ha aiutato a domandarmi: quali sono gli strumenti che mi sono mancati? E come posso acquisirli?
Mi sono dovuta anche perdonare per le cose che ho fatto e che in retrospettiva riconosco esser state cose crudeli, ingiustificate e a volte violente. In alcuni casi ho potuto rimediare al danno, in altri no. E’ un dolore complicato capire che ci sono cose che non avrai la possibilità di rimediare e che le persone che a volte hai ferito non ti devono il loro perdono a meno che non sia un qualcosa che ti vogliono dare.
Capire e accettare che anche io ho fatto del male non ha fatto di me una brutta persona, al contrario, mi ha dato l’umiltà e la consapevolezza necessaria per sapere come posso proseguire migliorando e trasformandomi in uno spazio sicuro per le persone che mi circondano.
Mi ha anche aiutato a capire e ad approcciarmi in maniera diversa a chi ha ferito me, mi ha reso più capace di cercare alternative alla punizione e alla colpa e a domandarmi come posso guarire senza ferire l’altra persona per “pagare” per quello che mi ha fatto.
E’ una sfida e può sembrare una minaccia, però comprendere questo mi ha lasciato un sacco di insegnamenti che mi permettono di assumere e rilevare i miei errori dall’empatia e non dal rimproverarmi, perché solo così posso crescere e abbracciare tutto quello che sono, incluse queste parti di me che mi hanno portato a agire in una maniera che so non esser stata corretta”.
Grazie
LeTy – GaGa