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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

LONG, LONG, LONG (George Harrison)

LONG, LONG, LONG (George Harrison)

LONG, LONG, LONG (George Harrison)

George Harrison – voce raddoppiata, chitarre acustiche
Paul McCartney – cori, organo, basso
Ringo Starr – batteria
Altri musicisti
Chris Thomas – pianoforte

Registrazione: 12 ottobre 1968
Produttore: George Martin
Fonico: Ken Scott

 

È stato un lungo lungo lungo tempo
Come ho mai potuto perderti
Quando ti amavo?

 

Il brano

Long, long, long è un brano di George Harrison.

Harrison aveva avuto fino a questo momento un ruolo secondario. E’ con White album che la sua personalità inizia un persorso che si consolida in Something su Abbey Road.

Impegnativa all’ascolto, Long, long, long è un’elogio all’intimità spirituale. La critica non parla benissimo di questo brano: eccessiva lunghezza ed eccessiva frammentazione della struttura.

Non siamo dello stesso parere: larmonizzazione e la melodia ipnotica sono perfettamente in sinotnia con il testo.

C’è voluto un lungo lungo lungo tempo
Ora sono così felice di averti ritrovato
Come ti amo

Registrazione

Long, long, long è composto da una melodia cantilenante che sottolinea la dolcezza intima di avvicinarsi “al divino” come cerca di spiegarci lo stesso Harrison.

Curioso l’episodio in sala d’incisione: alla fine del brano una bottiglia inizia a vibrare entrando in risonanza, ad essa si accompagnerà Ringo Starra con il rullante e un grido distorto di George.

 

In quante lacrime cercavo
Quante lacrime sprecavo, oh, oh

Ora posso vederti, sii te stesso/a
Come posso mai metterti nel posto sbagliato
Come ti voglio
Oh ti amo
Sai che ho bisogno di te

 

Live e cover

Non c’è molto materiale su Long, long, long. Si segnala un’interpretazione di Blubell and Black Tie Trio.

 

Ernesto Macchioni

Ernesto Macchioni

Il mare in tempesta fu improvvisamente colpito ai fianchi da un milione di tonnellate di olio. Fu così che venne alla luce Ernesto Macchioni in un'inaspettata giornata d'estate in pieno novembre 1961. La finestra fu finalmente aperta, Ernesto si affacciò e venne invaso da un fiume di luce e salmastro. L'infanzia la passò a cercare di capire se era meglio saper giocare a pallone o ascoltare la musica. Scelse la seconda ipotesi, senza rendersi conto di quanto si sarebbe complicato la vita. Il mare lo guardava perplesso. Faceva le scuole medie quando imparò a suonare la chitarra. Divenne amico intimo di Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Lucio Battisti, cercando di scacciare l'inopportuna presenza di Claudio Baglioni. Erano amici fidati, a loro non importava se non sapevi giocare a calcio. Il mare scuoteva la testa. Alle superiori si illuse che il mondo era facile e cambiò religione diventando comunista. Bussarono alla porta di casa gli Inti-illimani e li fece entrare. (Battisti lo nascose nell'armadio). Claudio Lolli chiese "permesso" e lo fece accomodare. Pink Floyd e Genesis erano degli abitué ormai da tempo. La casa era piena di gente. Sua madre offriva da bere a tutti (ma non riuscì mai a capire cosa ci faceva quel ragazzo riccioluto rintanato fra i vestiti). Il mare aspettava. Venne l'ora provvisoria del buon senso e del "mettisufamiglia". La chitarra si era nel frattempo trasformata in un pianoforte. La casa era grande adesso e, oltre ai figli, poteva contenere anche vecchi giganti come Chet Baker e Miles Davis, lo zio Keith Jarrett e il nipotino Pat Metheny. La moglie offriva da bere a tutti, compreso Lucio Battisti che si era da tempo tolto la polvere dell'armadio di dosso. Qualcuno aveva infranto i sogni e il muro di Berlino, scoprendo che era fatto di carta come loro. Il mare si fece invadente e, stanco di aspettare, entrava anche in casa nei momenti più inopportuni. Era una folla. Quando Ernesto decise di far entrare anche Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi e Gabriel Fauré la situazione cominciò a farsi insostenibile. Soprattutto quando il nostro protagonista scoprì che tutti, ma proprio tutti, compreso Francesco Guccini, sapevano giocare a pallone. Era un caos indefinibile vederli giocare fra le stanze, scoprire che De Gregori poteva benissimo entrare in sintonia con Giacomo Puccini e servirgli un assist da campionato del mondo preciso sulla testa. E tutto sotto lo sferzante vento di libeccio che infuriava in tutta la casa. Il mare si godeva le partite con un braccio sulla spalla di Ernesto, in totale stato confusionale. Quando in casa entrò Wolfang Amadeus Mozart la casa scoppiò. Ernesto lo trovarono sorridente fra le macerie. Lo videro togliersi i calcinacci dalle spalle, prendere un pallone e cominciare a palleggiare (un po' impacciato a dire il vero). Qualcuno giura di aver visto Lucio Battisti, con indosso una giacca di Ernesto, allontanarsi allegramente a braccetto con Giuseppe Verdi. Il mare, un po' invecchiato, respirava adagio sulla battigia.

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